I miei fedeli (?) lettori avranno notato che non ho mai commentato serie tv/telefilm/cartoni animati/qualunque cosa che sia seriale, semplicemente perché non ne vedo (ma dai?). Però, leggendo l’ultimo Almanacco della paura, annuale di Dylan Dog in cui vengono citati i migliori libri, film, videogames e chi più ne ha più ne metta, in chiave horror dell’anno, qualcosa ha attirato la mia attenzione. E proprio nella rubrica dei telefilm mi ha colpito molto il box dedicato a questa mini serie di 5 puntate della durata di 25 minuti ciascuna (esclusa la puntata pilota di 45 minuti), trasmessa dalle emittenti inglesi Channel 4 ed E4 nelle 5 serate precedenti la notte di Halloween del 2008. Prodotta dalla Zepperton, una società di proprietà della Endemol, la serie è stata creata da Charlie Brooker che ha ottenuto la totale libertà da parte della casa madre.
Ma cosa accade in Dead Set?
È presto detto: mentre va in scena una puntata n del Big Brother inglese, una misteriosa epidemia, che per tradizione zombesca ha origini sconosciute, trasforma i morti…in morti viventi. Gli inquilini della casa, più il cinico produttore e una ragazza della troupe, dovranno fronteggiare orde di zombie affamati che non vedono l’ora di ciucciare le loro budella.
L’originalità latita. D’altronde un film con gli zombi ha sempre una spada di Damocle con l’effige del buon Gorge Andrew che gli penzola sulla capoccia. L’assedio dei redivivi agli studi televisivi è un dolce amarcord dei fasti 80’s: se a quel tempo gli zombi “bussavano” alla porta di un supermercato come se il loro istinto fosse contaminato dalla società consumistica anche dopo essere passati a miglior vita, in Dead Set le bestiacce si assiepano ai cancelli degli studi grondanti di saliva. Sì, vogliono papparsi i bocconcini sopravvissuti, ma gli autori sembrano suggerire che questa volta l’istinto li spinge lì dentro perché la TV rappresenta un El Dorado mica da ridere, se non ci sono arrivati da vivi, ci provano almeno da morti. E infatti uno dei concorrenti dirà: “questo posto per loro era come un tempio.”
Se inevitabilmente viene citato Romero, Dead Set attinge molto anche da un alto regista: Danny Boyle. Gli zombi di Dead set sono come quelli di 28 giorni dopo (e pure di Incubo sulla città contaminata e del buon remake de L’alba dei morti viventi di Zack Snyder), corrono più di Carl Lewis. Qui si apre una diatriba: meglio i morti ciondolanti di Romero o quelli iper scattanti di Boyle? Io su questo argomento sono peggio di un talebano integralista che vive in una grotta: zombi di Romero tutta la vita! Non foss’altro perché la scelta di utilizzare gli zombi corridori porta ad un’accelerazione delle riprese, e spesso la camera a spalla sembra affetta dal morbo di Parkinson a causa delle inquadrature frenetiche e sbilenche.
L’originalità è poca, ma la perizia tecnica è molta, tanto che accorpando tutte e 5 le puntate ne potrebbe uscire un film di quasi tre ore. I vari personaggi sono stereotipi viventi, ma anche gli inquilini del GF lo sono, e dunque non manca un travestito, un’obesa di colore, un’ oca bionda di nome Pippa (un nome una garanzia), l’odiato del gruppo soprannominato Gollum, e altri due o tre non degni di nota. Ma la figura che ne esce meglio è il cinico produttore che è tanto antipatico da risultare il più umano. Tra l’altro c’è anche un cameo della storica presentatrice del Big Brother, Davina McCall. Come se una zombizzata Marcuzzi si sbrodolasse di bava vedendo i suoi “ragazzi”.
Non poteva mancare il botto finale dell’ultima puntata con l’invasione dei morti viventi all’interno della casa. Gli amanti dello splatter gioiranno perché è un’orgia di carne maciullata e sangue come se diluviasse, con la scena cult del produttore che viene letteralmente smembrato dai simpatici esserini. Resta comunque roba che può impressionare i novellini, ma chi è avvezzo a codeste scene non farà altro che scaccolarsi davanti allo schermo.
Mi preme sottolineare di come alla fine il manipolo di zombi dentro alla casa non sia molto diverso dal manipolo di essere umani che popolano le decine di case sparse per il globo del Grande Fratello: il tasso di imbecillità è lo stesso.
Niente di nuovo sotto il sole, in definitiva. Per gli afecionados del gore può essere un buon diversivo in attesa del nuovo Romero (…of the Dead), per tutti gli altri la location originale potrebbe stuzzicare la loro curiosità, ma in sostanza sempre di sbudellamenti si tratta.
Ma cosa accade in Dead Set?
È presto detto: mentre va in scena una puntata n del Big Brother inglese, una misteriosa epidemia, che per tradizione zombesca ha origini sconosciute, trasforma i morti…in morti viventi. Gli inquilini della casa, più il cinico produttore e una ragazza della troupe, dovranno fronteggiare orde di zombie affamati che non vedono l’ora di ciucciare le loro budella.
L’originalità latita. D’altronde un film con gli zombi ha sempre una spada di Damocle con l’effige del buon Gorge Andrew che gli penzola sulla capoccia. L’assedio dei redivivi agli studi televisivi è un dolce amarcord dei fasti 80’s: se a quel tempo gli zombi “bussavano” alla porta di un supermercato come se il loro istinto fosse contaminato dalla società consumistica anche dopo essere passati a miglior vita, in Dead Set le bestiacce si assiepano ai cancelli degli studi grondanti di saliva. Sì, vogliono papparsi i bocconcini sopravvissuti, ma gli autori sembrano suggerire che questa volta l’istinto li spinge lì dentro perché la TV rappresenta un El Dorado mica da ridere, se non ci sono arrivati da vivi, ci provano almeno da morti. E infatti uno dei concorrenti dirà: “questo posto per loro era come un tempio.”
Se inevitabilmente viene citato Romero, Dead Set attinge molto anche da un alto regista: Danny Boyle. Gli zombi di Dead set sono come quelli di 28 giorni dopo (e pure di Incubo sulla città contaminata e del buon remake de L’alba dei morti viventi di Zack Snyder), corrono più di Carl Lewis. Qui si apre una diatriba: meglio i morti ciondolanti di Romero o quelli iper scattanti di Boyle? Io su questo argomento sono peggio di un talebano integralista che vive in una grotta: zombi di Romero tutta la vita! Non foss’altro perché la scelta di utilizzare gli zombi corridori porta ad un’accelerazione delle riprese, e spesso la camera a spalla sembra affetta dal morbo di Parkinson a causa delle inquadrature frenetiche e sbilenche.
L’originalità è poca, ma la perizia tecnica è molta, tanto che accorpando tutte e 5 le puntate ne potrebbe uscire un film di quasi tre ore. I vari personaggi sono stereotipi viventi, ma anche gli inquilini del GF lo sono, e dunque non manca un travestito, un’obesa di colore, un’ oca bionda di nome Pippa (un nome una garanzia), l’odiato del gruppo soprannominato Gollum, e altri due o tre non degni di nota. Ma la figura che ne esce meglio è il cinico produttore che è tanto antipatico da risultare il più umano. Tra l’altro c’è anche un cameo della storica presentatrice del Big Brother, Davina McCall. Come se una zombizzata Marcuzzi si sbrodolasse di bava vedendo i suoi “ragazzi”.
Non poteva mancare il botto finale dell’ultima puntata con l’invasione dei morti viventi all’interno della casa. Gli amanti dello splatter gioiranno perché è un’orgia di carne maciullata e sangue come se diluviasse, con la scena cult del produttore che viene letteralmente smembrato dai simpatici esserini. Resta comunque roba che può impressionare i novellini, ma chi è avvezzo a codeste scene non farà altro che scaccolarsi davanti allo schermo.
Mi preme sottolineare di come alla fine il manipolo di zombi dentro alla casa non sia molto diverso dal manipolo di essere umani che popolano le decine di case sparse per il globo del Grande Fratello: il tasso di imbecillità è lo stesso.
Niente di nuovo sotto il sole, in definitiva. Per gli afecionados del gore può essere un buon diversivo in attesa del nuovo Romero (…of the Dead), per tutti gli altri la location originale potrebbe stuzzicare la loro curiosità, ma in sostanza sempre di sbudellamenti si tratta.
Nessun commento:
Posta un commento