Il secondo film di Kim Ki-duk datato 1997.
Trattasi di un dramma (semi)corale, ambientato in una Parigi anonima, che vede protagonisti un ex-soldato nordcoreano, un pittore sudcoreano senza arte né parte che vuol fare il delinquentello, una statua vivente malmenata dal suo uomo con un pesce surgelato (!), ed una spogliarellista di peep-show.
Pur avendo una sfumatura autobiografica (Kim Ki-duk è un pittore e nel 1990 si recò nella capitale francese proprio per coltivare la sua passione), il film è quanto di più impersonale ci possa essere. Pochissima l’ atmosfera che rende inutile la scelta di ambientare la storia a Parigi se non per mostrare le difficoltà di un immigrato, ma quello poteva essere fatto in qualunque altra città; scenografie povere (vedere l’antro dei criminali da fumetto che sarà stato un garage o un magazzino); scazzottate degne di un film con Bud Spencer (per inciso, massimo rispetto di Pedersoli & co., ma udire continuamente quei “TUMP”, “SBONG” e “SDENG” non fa altro che alimentare situazioni inverosimili); uso scellerato delle musiche a volte invadenti altre volte fuori luogo (ad un certo punto parte una musichetta spagnoleggiante…) che mi hanno ricordato un po’ quelle dei b-movie italiani anni ’70, le quali però qualitativamente superiori; primo piano di una mano di gomma trafitta da un coltello degna del (peggior) Ricky-Oh (1991), ma lì ci stava, qua no. Manca quella filigrana sottile, ma preziosissima, di un dialogo fra le immagini ed i simboli che crea sempre dei sottotesti illuminanti nei film di Kim Ki-duk. Restano solo delle persone che si prendono a botte per quasi due ore, e il risultato finale, come viene sottolineato su Gli Spietati è esteriormente frigido (poi vabbè, lì si dice anche intimamente stimolante, ma non sono d’accordo).
Frigido capite? È l’aggettivo migliore, rende l’idea di una mancanza di calore.
Salvo il messaggio di fratellanza, difficile da carpire e un po’ ridondante in un contesto non dissimile da un picchiaduro a scorrimento, fra le due Coree che firmeranno un trattato di pace solo 10 anni dopo, con l’amicizia fra l’ex-soldato ed il pittore scavezzacollo.
Un’opera minore, troppo acerba per piacere ai fan del regista, ma interessante, se presa in esame, nell’ottica di una successiva evoluzione stilistica e tecnica e dell'autore.
Ah, in commercio il film è praticamente irreperibile. Esiste soltanto una versione sottotitolata in cinese (!!). Quindi, o vi attaccate al tram, o vi attaccate al muletto.
Trattasi di un dramma (semi)corale, ambientato in una Parigi anonima, che vede protagonisti un ex-soldato nordcoreano, un pittore sudcoreano senza arte né parte che vuol fare il delinquentello, una statua vivente malmenata dal suo uomo con un pesce surgelato (!), ed una spogliarellista di peep-show.
Pur avendo una sfumatura autobiografica (Kim Ki-duk è un pittore e nel 1990 si recò nella capitale francese proprio per coltivare la sua passione), il film è quanto di più impersonale ci possa essere. Pochissima l’ atmosfera che rende inutile la scelta di ambientare la storia a Parigi se non per mostrare le difficoltà di un immigrato, ma quello poteva essere fatto in qualunque altra città; scenografie povere (vedere l’antro dei criminali da fumetto che sarà stato un garage o un magazzino); scazzottate degne di un film con Bud Spencer (per inciso, massimo rispetto di Pedersoli & co., ma udire continuamente quei “TUMP”, “SBONG” e “SDENG” non fa altro che alimentare situazioni inverosimili); uso scellerato delle musiche a volte invadenti altre volte fuori luogo (ad un certo punto parte una musichetta spagnoleggiante…) che mi hanno ricordato un po’ quelle dei b-movie italiani anni ’70, le quali però qualitativamente superiori; primo piano di una mano di gomma trafitta da un coltello degna del (peggior) Ricky-Oh (1991), ma lì ci stava, qua no. Manca quella filigrana sottile, ma preziosissima, di un dialogo fra le immagini ed i simboli che crea sempre dei sottotesti illuminanti nei film di Kim Ki-duk. Restano solo delle persone che si prendono a botte per quasi due ore, e il risultato finale, come viene sottolineato su Gli Spietati è esteriormente frigido (poi vabbè, lì si dice anche intimamente stimolante, ma non sono d’accordo).
Frigido capite? È l’aggettivo migliore, rende l’idea di una mancanza di calore.
Salvo il messaggio di fratellanza, difficile da carpire e un po’ ridondante in un contesto non dissimile da un picchiaduro a scorrimento, fra le due Coree che firmeranno un trattato di pace solo 10 anni dopo, con l’amicizia fra l’ex-soldato ed il pittore scavezzacollo.
Un’opera minore, troppo acerba per piacere ai fan del regista, ma interessante, se presa in esame, nell’ottica di una successiva evoluzione stilistica e tecnica e dell'autore.
Ah, in commercio il film è praticamente irreperibile. Esiste soltanto una versione sottotitolata in cinese (!!). Quindi, o vi attaccate al tram, o vi attaccate al muletto.
Nessun commento:
Posta un commento