Il film è ambientato nel 1560 e racconta, attraverso il diario di un frate, le gesta di un gruppo di conquistadores guidati da Gonzalo Pizarro, fratello del più noto Francisco, che dispersi nella foresta amazzonica cercano la mitica El Dorado. Dopo essersi bloccati nella giungla e senza viveri, Pizarro decide di mandare 40 uomini a discendere il fiume per racimolare viveri e tentare di trovare El Dorado. Di questa spedizione fanno parte Don Pedro de Ursúa, Lope de Aguirre, il frate Gaspar de Carvajal, Don Fernando de Guzman e due donne. Più un gruppo di indios.
Ursuà, capo della spedizione, decide di tornare da Pizarro via terra ma viene imprigionato dagli altri uomini, con Aguirre in testa, che si ribellano e continuano ostinati la loro ricerca istituendo come capo il lardoso Don Fernando de Guzman. Il viaggio prosegue ma più passa il tempo e più le speranze si assottigliano. Alla fine resterà il solo Aguirre.
Non lo so, ma c’è qualcosa di magnetico in questa pellicola di Herzog, il problema è che non ho capito cosa. Seppur ambientato in un luogo esotico, il film è quanto di più lontano si possa immaginare da un film d’avventura. L’atmosfera è sottilmente surreale, grottesca, insolita. La cerimonia d’incoronamento di Don Fernando de Guzman e il processo ai danni di Don Pedro de Ursúa sono “strani”, l’aggettivo è banale, lo so, ma trasmettono un’inquietudine particolare, estranea al contesto in cui si svolgono. Come ne L’enigma di Kaspar Hauser (1974), la narrazione non è fluida, ma composta da tante piccole scene a sé stanti incollate tra loro dalla voce fuori campo del frate che scrive il suo diario, questa volta, però, non si ha la sensazione di assistere a sequenze slegate tra loro e al film, ma ad una struttura organica nella sua frammentarietà.
Particolare la figura di Aguirre. Il protagonista, che dà anche il titolo al film, è un personaggio principale atipico perché non fa niente, è passivo agli eventi che accadono, statico, immobile. L’unica sua aspirazione è quella di scoprire El Dorado, anche se fosse soltanto un luogo di alberi ed acqua. A lui non interessa l’oro ma il potere.
Allora, come spesso accade nei film di Herzog, è inevitabile sottolineare il ruolo della natura, deus ex machina della storia, che possiede una cifra eterna, immutabile, ma anche ciclica, in divenire.
Divina?
Non credo sia un caso che nella sequenza finale la mdp ruoti intorno alla zattera su cui Aguirre è rimasto solo insieme ad un branco di scimmiette. Sembra lo sguardo vorticoso di “qualcun altro”.
Poco prima Aguirre dice: “Sono il furore di Dio, e Dio è con me.” Ecco, in quel momento la natura pare inglobarlo.
So quanto un film possa nascondere tra i propri fotogrammi, ma ogni volta mi stupisco sempre.
Qui c’è la tesi di uno studente che interpreta, dal suo punto di vista, Aguirre.
Se avete visto il film leggetela per favore, ne vale la pena.
Il dvd della RHV contiene anche il documentario per la TV La piccola ballata del soldato (1984).
Ursuà, capo della spedizione, decide di tornare da Pizarro via terra ma viene imprigionato dagli altri uomini, con Aguirre in testa, che si ribellano e continuano ostinati la loro ricerca istituendo come capo il lardoso Don Fernando de Guzman. Il viaggio prosegue ma più passa il tempo e più le speranze si assottigliano. Alla fine resterà il solo Aguirre.
Non lo so, ma c’è qualcosa di magnetico in questa pellicola di Herzog, il problema è che non ho capito cosa. Seppur ambientato in un luogo esotico, il film è quanto di più lontano si possa immaginare da un film d’avventura. L’atmosfera è sottilmente surreale, grottesca, insolita. La cerimonia d’incoronamento di Don Fernando de Guzman e il processo ai danni di Don Pedro de Ursúa sono “strani”, l’aggettivo è banale, lo so, ma trasmettono un’inquietudine particolare, estranea al contesto in cui si svolgono. Come ne L’enigma di Kaspar Hauser (1974), la narrazione non è fluida, ma composta da tante piccole scene a sé stanti incollate tra loro dalla voce fuori campo del frate che scrive il suo diario, questa volta, però, non si ha la sensazione di assistere a sequenze slegate tra loro e al film, ma ad una struttura organica nella sua frammentarietà.
Particolare la figura di Aguirre. Il protagonista, che dà anche il titolo al film, è un personaggio principale atipico perché non fa niente, è passivo agli eventi che accadono, statico, immobile. L’unica sua aspirazione è quella di scoprire El Dorado, anche se fosse soltanto un luogo di alberi ed acqua. A lui non interessa l’oro ma il potere.
Allora, come spesso accade nei film di Herzog, è inevitabile sottolineare il ruolo della natura, deus ex machina della storia, che possiede una cifra eterna, immutabile, ma anche ciclica, in divenire.
Divina?
Non credo sia un caso che nella sequenza finale la mdp ruoti intorno alla zattera su cui Aguirre è rimasto solo insieme ad un branco di scimmiette. Sembra lo sguardo vorticoso di “qualcun altro”.
Poco prima Aguirre dice: “Sono il furore di Dio, e Dio è con me.” Ecco, in quel momento la natura pare inglobarlo.
So quanto un film possa nascondere tra i propri fotogrammi, ma ogni volta mi stupisco sempre.
Qui c’è la tesi di uno studente che interpreta, dal suo punto di vista, Aguirre.
Se avete visto il film leggetela per favore, ne vale la pena.
Il dvd della RHV contiene anche il documentario per la TV La piccola ballata del soldato (1984).
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