giovedì 5 marzo 2009

Lo scoglio e la pietra

Framura, un lembo di sabbia schiacciato tra il mare e i monti.
Io e mio fratello siamo seduti sopra quelle pietroline rossastre che guardiamo il mare andare e venire, e anche se la tramontana soffia forte, gli alberi alle nostre spalle sono immobili, sembra che aspettino anche loro una parola.
“Cosa dirò alla mamma?” La mia voce si confonde nel suono delle onde.
“Niente, mi farò sentire io a tempo debito.” Tira fuori un pacchetto di Lucky Strike stropicciato e lo mette sotto il mio mento.
“Lo sai che sto cercando di smettere.”
“Sarà la nostra ultima siga insieme per molto tempo da qui in avanti.”
In fondo ha ragione.
“E a lei cosa dirai?” Sento la gola raschiare, ma il fumo non c’entra.
“La verità.”
“Le farà male.”
“Lo so.”
“Lei ti vuole bene, le mancherai molto.”
Indica con la sigaretta accesa un punto in mezzo al mare: “Vedi quello scoglio? Da quanto è che sarà lì?”
“Non ne ho idea, immagino molti anni.”
“Ecco, pensa da quanti venti diversi è stato accarezzato, immagina quante volte il mare gli si è sbattuto contro, eppure è sempre stato fermo, ancorato al fondo. E adesso guarda questa pietra, è piccola, deforme, tutta graffiata e corrosa dal mare, probabilmente tra un paio di anni, trascinata dalle correnti, sarà scomparsa del tutto, ma questa piccola pietra ha vissuto più di quello scoglio laggiù.”
Resto in silenzio.
Adesso riesco a percepire il fruscio degli alberi. Quando mi volto mio fratello è già scomparso, sopra la piccola pietra c’è il suo pacchetto di Lucky Strike.
“Buon viaggio fratello, e che il mare ti porti lontano.”

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