Rita è una malata
terminale e ha i giorni contati, nell’ospedale dove è
ricoverata un’infermiera assume i connotati della Morte.
Sono sufficienti i titoli
di testa per delineare la sagoma di un’esemplare di cinema che non
ha niente di ordinario: Poslednyaya skazka Rity (2011),
diretto da Renata Litvinova, attrice in molti film di Kira Muratova,
è un’opera che divampa nella sua folgorante estetica dove
ogni fotogramma è marchiato in maniera indelebile dal talento
di chi concerta il tutto, un talento descrivibile in un modo
soltanto: visionario, aggettivo troppo spesso tangente
l’inappropriato che invece con questa Litvinova trova una perfetta
impersonificazione, e non soltanto nella forma su cui si potrebbe
scrivere ben più che un articoletto come quello che state
leggendo, ma anche nella scrittura che forgia la storia, un pastiche
innovativo che abbraccia una sorprendente quantità di
registri: la fiaba nera è la stella polare che convoglia una
narrazione ingioiellata da diramazioni abbacinanti, felicemente
sconclusionate, dove un senso di ubriacante grottesco satura la
visione lasciando comunque spiragli per parentesi romantiche (i
siparietti con il fidanzato di Rita), comiche (i dipendenti
dell’ospedale che non smettono un attimo di fumare) e fantasy (un
libro che si scrive da solo, passaggi dimensionali, costumi realmente
improbabili), mescolandosi in un pantagruelico affresco che diffonde
con orgoglio il proprio nonsense.
Autoprodotto dalla
regista stessa, Rita’s Last Fairy Tale impressiona per un
ventaglio di scenografie che non hanno niente da invidiare a lavori
di acclamati professionisti, e la costruzione dell’ambiente
ospedaliero che riporta alle atmosfera malsane di un certo
Švankmajer
vale come esempio principale. Ma l’estro che sostanzia il film è
praticamente inarrestabile e l’elenco di meraviglie visive sarebbe
lungo e tanto noioso da leggere quanto sbalorditivo da vedere, la
libertà espositiva di Renata Litvinova fa applaudire a più
riprese e almeno due sequenze vanno comunque menzionate: quella
all’interno del bar caratterizzata da una geniale progressione
ludica (il vetro che c’è e non c’è), e quella che
riprende il trapasso definitivo regalando un vero e proprio quadro
destinato ad incastrarsi nell’iride dello spettatore il quale nel
frattempo accompagna La discesa dolce ed irreversibile.
È
avvertibile uno sfilacciamento dopo la morte di Rita (non che prima
il racconto sia saldo e controllato!), questo sì, visto che da
lì in poi si procede con dei flashback che scaturiscono dal
dialogo fra la Morte e la sua aiutante, ad ogni modo l’eventuale
defezione può essere imputata da una cieca razionalità:
non si capisce niente? C’è da esserne felici perché
ciò che c’è da capire è esclusivamente nel
dispositivo stilistico anti-livellante. Come 4
(2004), come Volchok (2009),
come Bibliothèque Pascal
(2010), come Target (2011) e
chissà quante altre pellicole provenienti da una terra di
mezzo che congiunge l’Europa dell’Est con la Russia occidentale,
questo film destabilizza le coordinate del reale pur parlando di
argomenti che ci riguardano, bacia ripetutamente l’impossibile e
si avvale della sua consulenza per esibire la prismatica essenza che
lo costituisce, è cinema bello e inafferrabile che ci ricorda
ancora una volta che cosa vogliamo da esso, vogliamo essere stupiti,
vogliamo essere ipnotizzati, vogliamo credere all’incredibile,
vogliamo che le braccia di quella statua alla fine si siano alzate
per davvero.
Questo sembra intrigante,soprattutto se hai tirato in ballo 4 e biblioteque pascal, 2 film che ho amato tantissimo *_*
RispondiEliminaChe poi la new wave russa sforna gioielli uno dietro l'altro, non so se conosci bakuradze o dmitri mamulia, nel caso recupera i loro lavori ( che sto traducendo x Asianworld tra le altre cose xD )
No, mai sentiti nominare. A buon rendere ;)
RispondiEliminase ti interessa ho scritto qui le mie impressioni sull'esordio di Mamulia
RispondiEliminahttp://soundofmyvoicedries.blogspot.it/2016/05/another-sky.html
è il blog che ho aperto da pochi giorni, spero col tempo di poter percorrere le tue orme dato che il tuo è sempre stato il tipo di blog che avrei voluto avere semmai ne avessi aperto uno :)
Ah! Grazie Dries sei molto gentile. Ti seguirò senz'altro.
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