Vi racconto i primi dieci minuti: lei (che scopriremo in seguito chiamarsi Leila) entra nel bagno di una discoteca per bere. Lui (che scopriremo in seguito chiamarsi David) le fa conchetta con le mani sotto il rubinetto. Il loro gioco di sguardi è interrotto dalla fidanzata di lui che bussa alla porta. In pista le occhiate tra i due non mancano; nel frattempo Leila si porta un tipo fuori, lo attacca al muro e inizia a spompinarlo per bene. ”Stranamente” dietro di loro David ha parcheggiato la macchina, e una volta salito a bordo illumina coi fari la scenetta che ha davanti. La fidanzata se la ride e decide di imitare Leila in ogni movimento. Con soddisfazione dei due maschietti. Poi Leila e David inizieranno a frequentarsi fra mille (solite) difficoltà, ma non credo abbia molta importanza. Già da questa breve introduzione si può capire in quale territorio bazzichi il film. Se non ci fossero gli intermezzi erotici che sfiorano alla lontana la pornografia sarebbe una banale pellicola sentimentale con finale al miele. Banale lo resta anche così, ma per lo meno ci si può intrattenere un minimo con l’esibizionismo proposto dal regista jamaicano, ma canadese d’adozione, Clément Virgo.
Come la penso su questo genere di film l’ho già spiegato con Guardami (1999) e soprattutto con 9 Songs (2004), perciò non mi ripeterò. Tuttavia mi pare doveroso (ri)sottolineare di quanto queste opere siano pervase da un compiacimento quantomeno stucchevole, che sì, potrà anche inizialmente attirare l’attenzione dello spettatore, ma che a visione conclusa lascerà parecchio insoddisfatti.
Fin dal titolo si mette in luce da quale parte penderà la narrazione (attenzione però! Il titolo originale, Lie with Me, laddove il verbo “lie” va inteso come “giacere”, ostenta già meno rispetto a quello affibbiato dalla distribuzione italiana). Ma tale visione femminile del sesso che si vorrebbe dare è limitata a sterili elucubrazioni di Leila inserite fuori campo di tanto in tanto. L’inutilità di queste riflessioni, che spaziano, chessò da: ”Non voglio diventare buona, non voglio diventare gentile. Sarò cattiva solo per lui, scoperò solo per lui.” , a: “Volevo essere scopata mentre lui mi guardava, lui e cinque uomini ansimanti intorno a me che toccavano, che ridevano e mi stringevano le tette.” , producono un effetto di ilarità superiore a qualunque cinepattone (in ogni caso un effetto modesto), ma soprattutto trasmettono un senso di innaturalezza costante.
Peccato perché Lauren Lee Smith oltre ad essere bella è anche molto sensuale, una dote, questa, che molte attrici non hanno, tuttavia le parole che le vengono messe in bocca dal copione sciagurato sono imbarazzanti. Discorso inverso per il protagonista maschile, Eric Balfour, belloccio senza nerbo incapace di una che sia una espressione.
Non infierisco sulla sociologia spicciola che viene inscenata (ovvero: genitori in crisi = lei si fa bombare a destra e a manca), e sorvolo sulla psicologia fragile (ovvero: sboccia l’Amore = lei non si fa più bombare).
Non brutto, perché alla fine il film ha una certa dignità formale, direi inutile. Come le citazioni a L’Atalante (1934) dove l’unico punto di contatto con Il sesso secondo lei è l’assonanza fra i cognomi dei due registi, nient’altro.
Come la penso su questo genere di film l’ho già spiegato con Guardami (1999) e soprattutto con 9 Songs (2004), perciò non mi ripeterò. Tuttavia mi pare doveroso (ri)sottolineare di quanto queste opere siano pervase da un compiacimento quantomeno stucchevole, che sì, potrà anche inizialmente attirare l’attenzione dello spettatore, ma che a visione conclusa lascerà parecchio insoddisfatti.
Fin dal titolo si mette in luce da quale parte penderà la narrazione (attenzione però! Il titolo originale, Lie with Me, laddove il verbo “lie” va inteso come “giacere”, ostenta già meno rispetto a quello affibbiato dalla distribuzione italiana). Ma tale visione femminile del sesso che si vorrebbe dare è limitata a sterili elucubrazioni di Leila inserite fuori campo di tanto in tanto. L’inutilità di queste riflessioni, che spaziano, chessò da: ”Non voglio diventare buona, non voglio diventare gentile. Sarò cattiva solo per lui, scoperò solo per lui.” , a: “Volevo essere scopata mentre lui mi guardava, lui e cinque uomini ansimanti intorno a me che toccavano, che ridevano e mi stringevano le tette.” , producono un effetto di ilarità superiore a qualunque cinepattone (in ogni caso un effetto modesto), ma soprattutto trasmettono un senso di innaturalezza costante.
Peccato perché Lauren Lee Smith oltre ad essere bella è anche molto sensuale, una dote, questa, che molte attrici non hanno, tuttavia le parole che le vengono messe in bocca dal copione sciagurato sono imbarazzanti. Discorso inverso per il protagonista maschile, Eric Balfour, belloccio senza nerbo incapace di una che sia una espressione.
Non infierisco sulla sociologia spicciola che viene inscenata (ovvero: genitori in crisi = lei si fa bombare a destra e a manca), e sorvolo sulla psicologia fragile (ovvero: sboccia l’Amore = lei non si fa più bombare).
Non brutto, perché alla fine il film ha una certa dignità formale, direi inutile. Come le citazioni a L’Atalante (1934) dove l’unico punto di contatto con Il sesso secondo lei è l’assonanza fra i cognomi dei due registi, nient’altro.
A me è piaciuto e lo sto rivedendo. A te?
RispondiEliminaRisposta in real time: no.
RispondiEliminaPerchè?
RispondiEliminaCi sarebbe scritto sopra... comunque, per quel che ricordo: esibizione gratuita di tutte quelle componenti che mi fanno pensare "ehi, questo è come un bambino che strilla per attirare l'attenzione", tipo la patina pseudo-erotica che poi, se tolta, smachera un plot di esigua entità. Per non parlare dei pensieri della protagonista che sono così irreale e comici da precipitare nel ridicolo, involontario. Questo è quel poco che ricordo.
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