Con Torino centrale del vizio (1977) termina il sodalizio tra Renato Polselli e Rita Calderoni, che qui avete potuto “apprezzare” in Nuda per Satana (1974) e Delirio caldo (1972) sempre diretta da Ralph Brown (Polselli), iniziato nel 1971 con il trucido horror La verità secondo satana.
La regia del film in questione è attribuita a Bruno Vani, ma fonti autorevolissime (wikipedia) lo danno come “uncredited” al nostro Renato, che comunque ha scritto sicuramente la sceneggiatura. In ogni caso la mano di Polselli si sente fin dal titolo, perchè così come in Casa dell’amore… la polizia interviene (1978) dove non si vede neanche l’ombra di uno sbirro, anche in Torino centrale del vizio il capoluogo piemontese, esclusa qualche panoramica della città, non c’entra un’emerita mazza, ed anche di vizi ne ho visti molto pochi.
Ehm… per la trama passo. Io con tutto l’impegno ci ho messo una settimana per vederlo, e la durata non supera l’ora e un quarto. Ho capito di una tizia che si chiama Hellen (Rita Calderoni) che viene ricattata da alcuni loschi figuri coinvolgendo anche il marito Mirco.
Ma la mia attendibilità è pari a zero quindi non fidatevi troppo.
Questo è un film brutto.
Ora si potrebbero fare distinzioni in questa categoria. Allora, citando alcuni film presenti in questo blog, il peggio del peggio per me sono Maniac Nurses (1990) e Le porno killers (1980), film tristemente vuoti. Un gradino sopra si collocano le trashate di Polselli e robe come La bestia in calore (1977), pellicole pessime, ma così pessime che fanno sorridere. Torino centrale del vizio si posiziona, a mio avviso, tra questi due raggruppamenti.
La confusione di Lynch, giusto per fare un esempio, è ordinata, calcolata, quella di Polselli è confusione e basta.
La linea che divide il passato dal presente è praticamente inesistente, confondendo lo spettatore che sin dai primi minuti deve sorbirsi una carrellata di flashback.
La storia d’amore non è resa per niente bene, non si capisce un cazzo! Sono sposati i due? Quando è successo? Si conoscevano da piccoli?
In più i dialoghi sono molti “ruvidi”, botta e risposta secchi senza profondità… ad un certo punto un poliziotto cita la legge del menga… mamma mia...
La Calderoni non mostra il suo lato migliore (le tette) e sfoggia una continua monoespressione, non è da meno il suo partner che ha un qualcosa di Little Tony dei tempi d’oro.
Il risultato finale è proprio povero, come fa notare la recensione del Davinotti si respira un’aria di scarsa professionalità davvero imbarazzante.
La regia del film in questione è attribuita a Bruno Vani, ma fonti autorevolissime (wikipedia) lo danno come “uncredited” al nostro Renato, che comunque ha scritto sicuramente la sceneggiatura. In ogni caso la mano di Polselli si sente fin dal titolo, perchè così come in Casa dell’amore… la polizia interviene (1978) dove non si vede neanche l’ombra di uno sbirro, anche in Torino centrale del vizio il capoluogo piemontese, esclusa qualche panoramica della città, non c’entra un’emerita mazza, ed anche di vizi ne ho visti molto pochi.
Ehm… per la trama passo. Io con tutto l’impegno ci ho messo una settimana per vederlo, e la durata non supera l’ora e un quarto. Ho capito di una tizia che si chiama Hellen (Rita Calderoni) che viene ricattata da alcuni loschi figuri coinvolgendo anche il marito Mirco.
Ma la mia attendibilità è pari a zero quindi non fidatevi troppo.
Questo è un film brutto.
Ora si potrebbero fare distinzioni in questa categoria. Allora, citando alcuni film presenti in questo blog, il peggio del peggio per me sono Maniac Nurses (1990) e Le porno killers (1980), film tristemente vuoti. Un gradino sopra si collocano le trashate di Polselli e robe come La bestia in calore (1977), pellicole pessime, ma così pessime che fanno sorridere. Torino centrale del vizio si posiziona, a mio avviso, tra questi due raggruppamenti.
La confusione di Lynch, giusto per fare un esempio, è ordinata, calcolata, quella di Polselli è confusione e basta.
La linea che divide il passato dal presente è praticamente inesistente, confondendo lo spettatore che sin dai primi minuti deve sorbirsi una carrellata di flashback.
La storia d’amore non è resa per niente bene, non si capisce un cazzo! Sono sposati i due? Quando è successo? Si conoscevano da piccoli?
In più i dialoghi sono molti “ruvidi”, botta e risposta secchi senza profondità… ad un certo punto un poliziotto cita la legge del menga… mamma mia...
La Calderoni non mostra il suo lato migliore (le tette) e sfoggia una continua monoespressione, non è da meno il suo partner che ha un qualcosa di Little Tony dei tempi d’oro.
Il risultato finale è proprio povero, come fa notare la recensione del Davinotti si respira un’aria di scarsa professionalità davvero imbarazzante.
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