martedì 23 novembre 2010

The Social Network

IL CINEMA COME TRAGITTO
(breve dissertazione sulla filmografia di David Fincher alla luce del suo ultimo lavoro)

David Fincher, regista che ha le potenzialità per diventare uno dei massimi del nostro tempo, è un autore trasversale. Il suo viaggio filmico inizia nella fantascienza con Alien³ (1992), pellicola dalla travagliata lavorazione che il sottoscritto non ha visto, e prosegue negli anni successivi con un concentramento di forze su un cinema che ripercorre e che si fa a sua volta percorso. Seven (1995) segna l’indagine di due detective sulle tracce di un serial killer, la scia di sangue viene seguita passo dopo passo dal regista in maniera assolutamente programmatica, vizio dopo vizio in un movimento lineare che va dall’inizio alla fine.
Tralasciando The Game (1997), buon titolo con un grande cast ma che come da nome assomiglia di più a un divertissement, giungiamo a Fight Club (1999), pellicola assurta a culto più per l’enorme successo di pubblico che per le reali qualità. Qui Fincher cammina su una strada già battuta da Palahniuk, la ripercorre indagando l’uomo consumatore alle soglie del nuovo millennio, ma non si limita a questo perché il suo occhio si muove nell’introduzione all’interno del sistema nervoso di Norton per poi fuoriuscire da uno dei pori della sua pelle, compiendo così un tragitto impossibile reso possibile dalla sua diegetizzazione.
Anche in un film apparentemente sigillato come Panic Room (2002) si ha un virtuoso spostamento nello spazio oltre i limiti fisici; l’entrata dei ladri nella casa è accompagnata da una mdp che attraversa oggetti e pareti fino ad infilarsi nel buco di una serratura.
La tappa successiva è Zodiac (2007), antitesi di Seven, vera prova di maturazione e picco della carriera, che inverte la tendenza del movimento unito allo scorrere del tempo per invischiare i protagonisti in una ricerca che non li condurrà a niente, facendoli così girare (avvitare su se stessi) a vuoto per la durata di tutto il film. Questo cambiamento apre i battenti a Il curioso caso di Benjamin Button (2008), film troppo bistrattato che implementa la disposizione del precedente dove Fincher non disloca più il suo cine-movimento da A a Z – da un poliziotto verso la risoluzione del caso – ma da Z a A, dalla fine all’inizio, dalla vecchiaia alla giovinezza.

Si arriva dunque a quella che per ora è la meta del viaggio: The Social Network (2010). Opera più classica nei continui campi controcampi e dal ritmo serrato per il ping-pong di salti temporali fra il passato recente e il presente.
In relazione a quanto scritto sopra, nella sua ultima fatica il Fincher-pensiero pone il cinema come luogo di percorso nel quale attraverso la ritensione viene ri-percorsa la genesi di un fenomeno quanto mai “social” della nostra vita: Facebook. Sotto una certa angolazione potremmo dire che il regista sifermi, vuoi per l’evidente staticità delle riprese vuoi per l’attualità degli argomenti che non sembrano avere sviluppi tangibili. Ma a mio modo di vedere l’arte movimentata dell’autore si getta in un futuro, il nostro, dove l’arrivismo è il credo a cui prostrarsi, l’amicizia è sacrificata per il denaro, i soldi muovono le idee e non il contrario, la responsabilità della relazione è sancita da una scritta. Niente di nuovo, certo, ma le ombre gettate da Fincher suonano come moniti; in quel microcosmo della vita che è Facebook la fama arriva solo con tanti amici, e non contatti: amici. A sua volta l’amicizia è disumanamente ridotta ad un click, la condivisione è soltanto una massificazione che perpetra forme di egoismo (ho visto gente arrabbiarsi per un link “rubato”), il tag invade l’intimità, trascina dentro contro la propria volontà, e la chat è una stanza in cui le persone hanno spessi tappi alle orecchie.
Il tragitto fincheriano questa volta si muove in avanti perciò, suggerisce quello che potrebbe accadere – e in pratica già accade – profetizzando un Uomo che non è nemmeno più in grado di stringere virtualmente amicizia con un suo simile (Mark che tentenna nell’addare la sua ex) e che mette in dubbio quella frase di Brad Pitt per cui c’è da chiedersi se siamo ancora le cose che possediamo o se non ci identifichiamo nemmeno più in quelle. L’ultimo movimento di David Fincher, il più invisibile ma anche il più pessimisticamente significativo, ci ha avvertito: saranno tempi duri quelli che hanno da venire.

15 commenti:

  1. interessante. Fincher è un regista capace, anche se non lo amo particolarmente, sa il fatto suo.
    Sono d'accordo con le riflessioni su facebook. Sostanzialmente è un sistema che ha fatto più danni che il resto, non solo a livello umano ma anche a livello virtuale per i blog e per i forum.

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  2. Fincher non mi è mai piaciuto, e lo considero parecchio sopravvaluto, come regista...

    la riflessione su Facebook è interessante: ha tanti di quei lati negativi che non si finerebbe mai di parlarne male, ma è diventato un'istituzione. tutti sembrano averlo e usarlo frequentemente, sia che lo si detesti o che lo si ami. personalmente credo sia una cosa di cui, con franchezza, si poteva fare a meno, ma il fatto stesso che lo usi e mi risulti utile a più livelli mi contraddice, quindi boh.
    forse è solo un'altra di quelle piccole invenzione semi-inutili che, nel nostro immaginario allucinato di inizio millennio, però ci appare tanto (troppo) essenziale.

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  3. ne riparlavo poco fa con un'amica, io credo il problema di facebook è nella misura in cui viene usato, il suo punto a favore è il modo in cui la comunicazione si manifesta, cioè in modo semplicissimo e veloce, c'è persino un limite per i caratteri sulla bacheca, la possibilità di convidere qualsiasi cosa con due click. E' un sistema essenziale fatto per tenersi in contatto con delle amicizie e conoscenze proprio reali. Questo punto però è anche quello che poi danneggerebbe l'altro e cioè quello di prestarsi a cose più complesse, come ad esempio un blog e scriverci, o magari vedere un film o leggersi un libro, problema che si riflette soprattutto nei più giovani. Riguardo alla privacy ci sono anche delle impostazioni, ma il problema fondamentale è che se uno vuole usare facebook non deve prenderlo sul serio, è questo l'errore che stanno facendo milioni di persone, perchè molti sono arrivati a credere che davvero sia un mezzo in cui si possa condividere la vita reale filtrandola su quella virtuale. Niente di più sbagliato. Per questo fin'ora io non ho avuto problemi e lo uso e continuerò a farlo entro certi limiti. Non ho perso amici, non mi sono fatto nemici, ho rafforzato solo quello che avevo prima già costruito. E' questa secondo me la sua utilità. Di sicuro non ho trovato nuovi amici, perchè è impossibile credere di trovarne in un sistema così superficiale e che non credo nasca per questo. Bisogna accettare questo preconcetto e far vivere in noi quella famosa bilancia che si chiama equilibrio.

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  4. Hai toccato il nocciolo della questione J.
    Anche secondo me le persone prendono fb troppo sul serio, per molti (quasi tutti) è come un lettino di analisi da dove urlare i propri problemi o cercare consensi, sicurezze, commiserazioni. Ma il problema è che a nessuno frega niente degli altri e così si crea solo una banale confusione dove tutti urlano ma alla fine non dicono niente. Come dici tu non fb il male, ma come viene usato. Anche l'energia nucleare in origine doveva essere una cosa benevola, poi è stata costruita la bomba atomica...

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  5. per me fincher con questo the social network è diventato a tutti gli effetti uno dei massimi dei nostri tempi

    fight club è diventato un cult con il tempo, ma all'uscita è stato molto criticato e non ha certo riscosso un grande successo al box office. secondo me è in questi due film che fincher è riuscito a parlare davvero dei tempi in cui viviamo.

    ho trovato pregevole poi anche the game, un film intriso di solitudine e tristezza come questo social network e in effetti se vogliamo trovare un filo comune a molti dei personaggi fincheriani forse è proprio la solitudine, dall'isolamento della panic room fino a benjamin button

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  6. Post che capita a fagiuolo, sia perché il film l'ho visto, sia perché volevo esprimermi ancora su Facebook nel post precedente.

    Partiamo dal film: forse sono troppo negativista io ultimamente (ultimi anni?), ma non l'ho apprezzato tantissimo. Tecnicamente, come hai detto, è molto classico, un BUON film di taglio informativo, ben realizzato, ma nulla di più. Film dell'anno per alcuni: ma non sarà per via del fatto che è L'ARGOMENTO dell'anno e quindi di riflesso anche il film? A me sembra che viva un po' di luce speculare; Facebook fenomeno, fenomeno anche il film che ne parla. E... bomba finale... concordo nuovamente con te sulla presentazione del marcio societario, con il suo arrivismo, egoismo, possibilità di arricchirsi con una pensata adatta principalmente al futile, ma, ti dirò, per quanto Zuckerberg (e qualcun altro) venga dipinto in quel modo, non ho visto una totalissima demonizzazione del tutto, pare che sotto sotto una piccola mitizzazione del soggetto in questione ci sia, come a dire: "invidiatelo, è uno stronzo amorale e RICCO". E sono sicuro che molti spettatori abbiano preso questa via... Sono io troppo drastico?

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  7. ...e su Facebook in generale: ormai è stato detto di tutto, ma comunque ne avrei da parlare per ore... In brevissimo dico che è normale che non sia completamente il mezzo in sé ad essere negativo, che il l'indirizzo negativo lo creano gli utenti e che concordo sul fatto che gente che "sa usarlo" esiste; io non attacco mai chi è iscritto, né elogio chi non lo è. È che purtroppo ormai è alla deriva, la stragrande parte di esso è un fiume di cose impersonali, vuote, superficiali, sgrammaticate (tanto chi sofferma?), fondate sul semplice ed egoistico APPARIRE, specchio della società.
    Quel qualcosa di "serio" (che, attenzione, non deve essere per forza bacchettone o musone, w anche le cazzate, ci stanno tutte!) che vi circola viene affogato da tutto ciò, snaturato, nascosto, proprio come avviene nella realtà. Mettiamoci anche la migrazione, normale situazione di vuole apparire con "poco" a dispetto di mezzi con più alta concentrazione contenutistica.
    Mi fermo qui, e concludo dicendo che apprezzo, condivido e stimo il tuo punto di vista da iscritto, e che invece non mi piace affatto il tizio di turno (qui stranamente ancora non c'è) che arriva in questo tipo di discussione e dice che sono tutte seghe mentali, che lui lo usa giusto un po', ci ha trovato del buono e del cattivo, mezze verità varie, "fatevi meno problemi" e retorica aggiuntiva a contorno... Io sono FIERO di analizzare, di avere un punto di vista!

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  8. Io non l'ho visto e neanche lo vedrò.
    Nutro parecchio astio per questi registi. Di certo la differenza negli incassi non la si nota se non vado al cinema, ma mi infastidisce contribuire.
    Nulla da dire su Fincher. E' un regista come un altro che però prova a sfornare films per la massa indorandoli come la medicina amara miscelata nel succo di frutta.
    L'astio nasce dai propositi. Il cinema è espressione. Invece l'unica cosa che esprime questo film sono i soldi facili. Diciamocelo, il quoziente intellettivo della massa è ridicolo. Si parla di popolazione mondiale. Facebook ha catturato tutti a livello globale, è ridicolo anche solo pensare che un film su facebook di conseguenza non faccia incassi. E mi hanno sempre irritato le cose che fanno leva sull'ignoranza (concedetemelo) della gente.
    Se domandate in giro, tutte le persone che lo hanno visto non sanno neanche perchè l'hanno fatto. Esattamente come non sanno perchè hanno facebook.
    Finchy bello caro, si, sei un figo, sei furbo e hai il pisello più grande di tutti i tuoi amici, ma non prenderci in giro. L'unica cosa che hai fatto è prendere l'onda del mare in tempesta con la tua piccola tavola da surf.

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  9. Marco ogni atto interpetativo è legittimo. La solitudine può sicuramente essere una chiava di lettura. Per me però vedo un po' difficile rintracciare tale tema nel cinema americano mainstream, è tutto troppo "big" per poter smuovere dentro me riflessioni sulla solitudine.

    Occhio non saprei dirti se è il film dell'anno (non li ho visti tutti :D), mi è parso come appunto dici discreto a prescindere di Fincher che ha fatto il furbetto facendo un film su un argomento attira-spettatori. E non sei drastico, io ho messo appunto l'etichetta "biografico" perché questo sarà anche un film su Facebook, ma lo è prima di tutto Zuckerberg, è lui che si prende il centro del palcosenico, ma a me la mitizzazione di cui parli non mi è pesata, se 'sto tizio è diventato ricco rubando l'idea di altri o per le sue reali capacità non mi interessa granché.

    Guarda, sul discorso fb ti posso dire che io mi sono iscritto perché gli amici continuavano a dirmi "ma dài ce l'hanno tutti, che cazzo fai?", "su che ci facciamo due risate, ci sono le foto di quando eravamo piccoli". Insomma, alla fine ho ceduto, ma tanto per dire non c'è nemmeno il mio cognome, non mi interessa farmi trovare dal mio compagno delle elementari, davvero. L'unico motivo di interesse è pigiare mi piace su improbabili gruppi del tipo "anziani che scorreggiano e fanno finta di niente" o "nonni che bestemmiano mentre aspettano i nipotini dal catechismo", cioè fb deve essere questo per me, è una piattaforma arida e di conseguenza mi adatto al suo tenore. Qui è diverso, è un'altra cosa, si è più IO e non un anonimo amico di qualcun'altro.

    E... Finchy hai capito? Puoi anche fare i films con gli attoroni, puoi anche prendere delle candidature all'oscar, puoi anche avere delle doti notevoli tra le gambe, ma a Mistress of Shadows non piaci, cioè sei zero, sei nullo, capisci? Da bravo David, vatti a vedere i film di Svankmajer, su, e poi torna qua a commentare da zio Eraser, forza eh che la vita va avanti.

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  10. mi avete fatto passare la voglia di vedere il film.

    Comunque ho dimenticato di dirvi una cosa che vi farà sorridere, su facebook ci sono i veri Garri Bardin, Jessica Hausner e l'attoruccolo Peter Stickles e tutti e tre mi hanno snobbato l'amicizia. Anche loro si prendono troppo sul serio.

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  11. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  12. Ma vogliamo parlare del marchettaro Justin Timberlake e del suo ruolo "fico"? Quelle sì che sono cose che mi irritano in un film... Messo lì solo perché è lui... Oltretutto, l'ho anche detto in un altro blog, non vi pare che il Timberlake somigli fisicamente a Zuckerberg molto più di Eisenberg? :D Fate confronti con le foto...

    @Eraserhead: pare che su FB concordiamo... :)

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  13. tra un po' risponde Fincher e ci manda tutti a quel paese.

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  14. bà..su fb.già trovo irritante doverla usare per lavoro..trovo irritante che tutti DEBBANO usarla..per far che poi?caricare foto di quando eran bimbi o che ne so..ma chi se ne fotte..oltre a questo,solo per il fatto che qualsiasi immagine o cosa io carichi non sia più mia..bè,è davvero un segno dei tempi,della reale mancanza di libertà che accompagna questi anni bui..insomma,la trovo detestabile..riguardo a fincher..non mi entusiasma,lo trovo abbastanza irrilevante nella storia del cinema..fight club in fondo non è male..diciamo che è un gran bel romanzo quello di palaniuk o come cazzo si scrive..un altro che,peraltro,sembra aver trovato la formulina giusta..scrivo,vi sconvolgo e vendo..comincia a rompere pure lui..

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  15. J. il rifiuto dell'amicizia potrebbe essere dovuto sì ad una forma di snobismo, ma anche perché Facebook non permette di avere più di un tot di amici e perciò questi "vip" se li scelgono accuratamente (il che è pur sempre una forma di discriminazione tra virgolette a ben vedere).

    Ma cos'è una congiura contro Fincher qui? :D
    Io lo difendo, David sappi che qua troverai sempre un luogo accogliente dove poter riposare le tue membra (con la A finale eh, non con la O, magari qualcuno fraintende...).

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