Interessantissimo post-apocalittico russo dell’86 diretto da un regista di nome Konstantin Lopušanskij già assistente di Tarkovskij in Stalker (1979) e tutt’ora in attività, il suo ultimo film è The Ugly Swans (2006).
Pellicola notevole perché sebbene vengano ricalcati (ottimamente) i soliti stilemi del genere, ovvero: ci troviamo in un mondo crepuscolare (il tempo viene difatti misurato “in crepuscoli”) dovuto ad una non precisata esplosione radioattiva, le strade appaiono come discariche in cui i palazzi sono ormai giganteschi scheletri pericolanti, i cadaveri affiorano qua e là a simbolo di una civiltà perduta, e i grappoli di umanità sopravvissuti cercano di arrangiarsi come possono, nonostante tutto questo, il film riesce davvero, ma dico davvero perché ho spesso sentito associare più volte immeritatamente a questo genere l’espressione “perdita della speranza”, a essere un film totalmente disperato, cupo, lontano da un qualsiasi tipo di salvezza, per noi e per i personaggi sullo schermo.
Ecco, i personaggi. Lopušanskij si concentra su un manipolo di uomini rinchiusi in quello che una volta era un museo (esposizione di un passato lontano ere ed ere dal presente), dove vive, tra gli altri, uno scienziato premio nobel per la fisica che ha perso il figlio durante il disastro nucleare. Le lettere del titolo, e qui notate di come la pellicola sia in partenza pessimistica perché lo scienziato è vivo, o forse non ancora del tutto morto, sono quelle che lui scrive immaginariamente al figlio perduto. Gli altri personaggi nonostante abbiano una caratterizzazione minima che li rende quasi indistinguibili nella penombra in cui sono rifugiati, ad esempio si sa al massimo che uno è il figlio di un altro, riescono a trasmettere un’inquietudine tangibile, e quando uno di loro si suicida dopo un discorso di fronte ai compagni, beh, la mia gola per un attimo si è ben bene annodata.
Esteticamente c’è qualche perplessità sulle immagini di repertorio che riprendono alcuni decolli missilistici con relative esplosioni che non si amalgamano granché con lo scenario maggiormente ripreso, tuttavia questi inserti suggeriscono una strana forma di nostalgia cinefila che anche in passato mi è capitato di provare laddove la presenza di alcune magagne è come legittimata dall’età che si porta appresso, e invece di pesare sul listino dei punti di debolezza ne aumenta il fascino complessivo.
Ad ogni modo le scenografie di Lopušanskij hanno un forte impatto visivo e credo che attribuirgli lo status di visionario non sia una bestemmia; l’iniziale carrellata all’indietro che mostra l’alcova dei sopravvissuti, la biblioteca allagata o l’ospedale con le urla dei bambini sono lì a testimoniare la sua creatività. Vieppiù che anche la scelta dei costumi è azzeccata con quelle maschere antigas che sembrano la rielaborazione di quelle de L’Eternauta, imprescindibile capolavoro del fumetto che pur parlando di un’invasione aliena ha più di un punto in comune con questo film. E poi non nascondo una certa angoscia nell’udire i respiri filtrati dalle suddette apparecchiature.
Se tutto questo non bastasse ad abbattere il vostro inguaribile ottimismo, ci pensa il finale sublime che avrebbe fatto la fortuna di un film come The Road (2009).
Lo scienziato in punto di morte afferma di fronte a dei bambini – o meglio, è uno di loro che ce lo riferisce quasi ci trovassimo di fronte ad un passaggio di testimone – che finché gli esseri umani cammineranno ci sarà speranza. Subito dopo vediamo otto bimbi con tanto di maschere inerpicarsi su per una salita avvolta dalla nebbia. Intorno non c’è niente, sono soli. E allora mi chiedo: dov’è la speranza?
Postilla.
Non ho trovato informazioni a riguardo, ma credo, anzi ne sono quasi certo, che il film non sia mai stato distribuito in paesi anglofoni e per questo motivo il titolo che vedete lassù è una semplice traduzione. Idem per la locandina che mi pare abbia ben poco di ufficiale.
Quando si presentano queste situazioni preferisco lasciare tutto in originale, stavolta farò un’eccezione.
EDIT:
come non detto, il film nonsocome ha anche un titolo italiano: Quell’ultimo giorno - Lettere da un uomo morto.
Pellicola notevole perché sebbene vengano ricalcati (ottimamente) i soliti stilemi del genere, ovvero: ci troviamo in un mondo crepuscolare (il tempo viene difatti misurato “in crepuscoli”) dovuto ad una non precisata esplosione radioattiva, le strade appaiono come discariche in cui i palazzi sono ormai giganteschi scheletri pericolanti, i cadaveri affiorano qua e là a simbolo di una civiltà perduta, e i grappoli di umanità sopravvissuti cercano di arrangiarsi come possono, nonostante tutto questo, il film riesce davvero, ma dico davvero perché ho spesso sentito associare più volte immeritatamente a questo genere l’espressione “perdita della speranza”, a essere un film totalmente disperato, cupo, lontano da un qualsiasi tipo di salvezza, per noi e per i personaggi sullo schermo.
Ecco, i personaggi. Lopušanskij si concentra su un manipolo di uomini rinchiusi in quello che una volta era un museo (esposizione di un passato lontano ere ed ere dal presente), dove vive, tra gli altri, uno scienziato premio nobel per la fisica che ha perso il figlio durante il disastro nucleare. Le lettere del titolo, e qui notate di come la pellicola sia in partenza pessimistica perché lo scienziato è vivo, o forse non ancora del tutto morto, sono quelle che lui scrive immaginariamente al figlio perduto. Gli altri personaggi nonostante abbiano una caratterizzazione minima che li rende quasi indistinguibili nella penombra in cui sono rifugiati, ad esempio si sa al massimo che uno è il figlio di un altro, riescono a trasmettere un’inquietudine tangibile, e quando uno di loro si suicida dopo un discorso di fronte ai compagni, beh, la mia gola per un attimo si è ben bene annodata.
Esteticamente c’è qualche perplessità sulle immagini di repertorio che riprendono alcuni decolli missilistici con relative esplosioni che non si amalgamano granché con lo scenario maggiormente ripreso, tuttavia questi inserti suggeriscono una strana forma di nostalgia cinefila che anche in passato mi è capitato di provare laddove la presenza di alcune magagne è come legittimata dall’età che si porta appresso, e invece di pesare sul listino dei punti di debolezza ne aumenta il fascino complessivo.
Ad ogni modo le scenografie di Lopušanskij hanno un forte impatto visivo e credo che attribuirgli lo status di visionario non sia una bestemmia; l’iniziale carrellata all’indietro che mostra l’alcova dei sopravvissuti, la biblioteca allagata o l’ospedale con le urla dei bambini sono lì a testimoniare la sua creatività. Vieppiù che anche la scelta dei costumi è azzeccata con quelle maschere antigas che sembrano la rielaborazione di quelle de L’Eternauta, imprescindibile capolavoro del fumetto che pur parlando di un’invasione aliena ha più di un punto in comune con questo film. E poi non nascondo una certa angoscia nell’udire i respiri filtrati dalle suddette apparecchiature.
Se tutto questo non bastasse ad abbattere il vostro inguaribile ottimismo, ci pensa il finale sublime che avrebbe fatto la fortuna di un film come The Road (2009).
Lo scienziato in punto di morte afferma di fronte a dei bambini – o meglio, è uno di loro che ce lo riferisce quasi ci trovassimo di fronte ad un passaggio di testimone – che finché gli esseri umani cammineranno ci sarà speranza. Subito dopo vediamo otto bimbi con tanto di maschere inerpicarsi su per una salita avvolta dalla nebbia. Intorno non c’è niente, sono soli. E allora mi chiedo: dov’è la speranza?
Postilla.
Non ho trovato informazioni a riguardo, ma credo, anzi ne sono quasi certo, che il film non sia mai stato distribuito in paesi anglofoni e per questo motivo il titolo che vedete lassù è una semplice traduzione. Idem per la locandina che mi pare abbia ben poco di ufficiale.
Quando si presentano queste situazioni preferisco lasciare tutto in originale, stavolta farò un’eccezione.
EDIT:
come non detto, il film nonsocome ha anche un titolo italiano: Quell’ultimo giorno - Lettere da un uomo morto.
mai sentito neanche nominare...il tuo blog è sempre più fonte di preziose pepite d'oro...ma in che lingua si trova?
RispondiEliminaRusso coi sub inglesi.
RispondiEliminaSe non l'hai sentito nominare nemmeno te allora dev'essere proprio una rarità :).
Uno dei miei film post-apocalittici preferiti, con un impatto visivo straordinario, come da te giustmente sottolienato, e lontano anni luce da certe derive teocon della recente produzione di (sotto)genere (vedi l'infimo The Book of Eli/Codice genesi). Mai saputo nulla di un'edizione italiana ma a colmare la lacuna dei sottotitoli ci abbiamo pensato noi ;)
RispondiEliminahttp://freezone-sci-fi.blogspot.com/2010/01/letters-from-dead-man-sottotitoli.html
Grandi! Se lo sapevo prima allora me lo sarei guardato con i vostri sub invece che con quelli in inglese. Comunque film grandioso che fa rendere The Road o appunto Codice Genesi una roba per poppanti.
RispondiEliminavisto, finalmente.
RispondiEliminaun film tosto e disperato, che merita di eesere visto.
imperfetto, "Posetitel muzeya" forse è più compatto, più maturo, entrambi sono una belle coppia, due facce di un futuro inferno.
Mmm dici? Io invece mi sento di affermare il contrario, ovvero che Posetitel sia meno compatto, o più in generale meno riuscito, rispetto a questo. Si tratta comunque di alt(r)o cinema e star qui a filosofeggiare su quale sia meglio mi risulta uno sperco di fiato. Peccato che 2 film di Lopushansky siano introvabili :(.
RispondiElimina...a dire il vero il film ha beneficiato di una brevissima distribuzione/apparizione nelle sale italiane nel 1986 col titolo QUELL'ULTIMO GIORNO e nelle biblioteche più fornite e accorte lo si trovava per la Titanus Video. nella vs italiana, alla fine una voce off chiosava freddamente con un secco "Noi tutti speriamo che un giorno simile non accada mai" (grazie al secchio, chi è che lo spera?). Questa frase non viene detta nell'originale, che si chiude invece con una citazione del manifesto Russell-Einstein. Io lo trovo sublime, e assieme a Threads, Quando soffia il vento, Miracle Mile e The War Game (quello di Watkins, non di Badham ) il miglior affresco sulla finis homini mai esperito.
RispondiElimina*naturalmente nella terza riga intendevo videoteche, non biblioteche...
EliminaNoto che sei un appassionato di questo genere e ciò non può che rendermi felice visto che trovi in chi scrive un sostenitore della categoria. Ti ringrazio per questo, per gli altri commenti e per i due titoli che non conoscevo (Miracle Mile; The War Game) e che mi appunto. Spero di riuscire a vederli un giorno.
RispondiEliminap.s.: ho appena visto qualche immagine di The War Game. Lo sento già mio.
Eliminaocchio, ché vederlo in questo periodo significa abbracciare il masochismo estremo..!
RispondiEliminaun appunto su miracle mile. cercalo senza nulla sapere del plot. è una di quelle opere verso le quali più si approda vergini e meglio è.
ne terrò conto. è che verso il bianco e nero ho una sorta di feticismo. Nel b/n ci sono tutti i colori che voglio.
RispondiEliminaE' un capolavoro. L'ho riguardato ieri per la prima volta in 5 anni... e' un capolavoro.
RispondiEliminaEraserhead, hai visto Citta' Zero? (Gorod Zero). Un'altro film bellissimo sovietico di anni 80'.
La cosa interessante e' che mentre il film era nella produzione, il governo era cambiato, ed il film all'improvviso ha ricevuto il supporto dalla nuova politica del governo nuovo, passando cosi da una produzione difficile ad un film quasi quasi "propagandato" dal governo, che ha ricevuto sostegno. Era una cosa molto difficile in quei tempi per i film del genere (fonte - sono russo).
RispondiEliminaCiao! Non conosco questo Gorod Zero che mi segno subito perché il filone post-atomico, come ho già ripetuto più e più volte, mi piace sempre molto e voi in russia lo sapevate fare alla grande. Ma anche ora non scherzate affatto: qualche tempo fa ho potuto vedere un colosso immane che non rientra appieno nel genere e che al contempo mi pare ne tragga ispirazione, sto parlando di Trudno byt' bogom di German, tra i tre o quattro migliori film degli ultimi cinque anni, semplicemente totale.
RispondiEliminaE sì, Dead Man's Letters è sempre nel <3
''Trudno byt' bogom'' si, e' considerato un film molto importante e sto tramandando sempre di vederlo sapendo che e' un colosso (non so perche, ma mi devo sempre preparare prima di vedere i film cosi grandi). Forse non per caso era il film della sua vita (parlo del regista Gherman), ha scritto il primo scenario ancora negli anni 60'...ci ha messo 14 anni per filmarlo...e Gherman e' morto qualche giorno prima del release.
RispondiEliminaGorod Zero comunque non e' proprio nel filone post-atomico, diciamo che e' una specie di misteriosa parabola nera, un mix fra Tarkovski e Lynch, per intenderci. C'e' tanto umorismo nero, anche se a chiamarlo una commedia sarebbe molto difficile. Il film e' bello anche perche' e' uno di quei esempi quando il risultato finale ha superato l'intenzione che ha messo il regista... (lo ha detto il regista stesso) perche' alla fine lui lo intendevo solo come un film-mistero (originale e con lo scenario molto bello, ma non piu di questo) e invece alla fine e' considerata come allegoria sulla caduta dell'URSS che e' successa pocchi anni dopo. Descrive in maniera esagerata molte realta' che esistevano e purtroppo continuano d esistere...
Shakhnazarov e' un regista molto conosciuto da tutti in URSS e molto produttivo, anche troppo, non tutto che ha fatto e' interessante ma ''Gorod Zero'' considero sempre uno dei film migliori e originali, anche non e' difficile da vedere come alcuni film di quell'epoca fatti in URSS.
Su Gorod Zero mi hai convinto e mi sono già messo in moto per farlo mio. Se riuscirò ne parlerò qui, stanne certo.
RispondiEliminaSul film di German ti capisco e ti do ragione, non è affatto un film "commestibile", ci vuole pazienza e coraggio, ma per il mio modo di intendere il cinema adesso non posso chiedere di più ad un film di finzione proprio perché a tratti sembra oltreppassare tale finzione.