sabato 29 agosto 2020

DAU. String Theory


IL PROGETTO DAU

C’è un folle che si aggira per la Russia, questo folle si chiama Ilya Khrzhanovskiy.
Tra il 2009 (ma alcuni siti riportano il 2008) ed il 2011 allestisce in Ucraina, presso la città di Charkiv, una gigantesca struttura che ricrea in maniera certosina un fantomatico Istituto sovietico (è la riproduzione di un centro di ricerca segreto ubicato a Mosca che fu attivo dal 1938 al 1968), in un’area di riprese da oltre dodicimila metri quadrati che pare si sia guadagnata la nomea di set più grande d’Europa (e si presume anche del mondo) dove, attraverso un poderoso sforzo produttivo tra Europa e Russia, ha costruito una specie di realtà parallela perfettamente abitabile, vivibile, si dice infatti che centinaia e centinaia di “attori”, divenuti tali poiché parte concreta del progetto ma entrati dentro ad esso come tecnici, scienziati, filosofi e via dicendo, abbiano vissuto per davvero all’interno di questa ciclopica Synecdoche, New York in salsa stalinista (e quindi abbiano indossato gli abiti d’epoca e mangiato e bevuto cibi di quel periodo) facendo sì che la distanza tra ciò che erano ed il ruolo che interpretavano si assottigliasse fino a svanire. Non è chiaro con quali modalità ma ci sono molti nomi di celebrità anche al di là dell’universo cinema che hanno fatto parte di DAU: Gerard Depardieu, Marina Abramović, Willem Dafoe, Charlotte Rampling, Brian Eno, perfino il nostro Carlo Rovelli che, insieme a Gianluigi Ricuperati (lo scrittore dall’esperienza ne ha tratto il romanzo Est edito da Tunué nel 2018), rappresenta la quota italica. Il titolo di questo esperimento cine-sociale prende il nome dal fisico Lev Davidovič Landau perché nell’idea iniziale Khrzhanovskiy voleva semplicemente (?) fare un biopic su di lui, ma il risultato che ne è conseguito parla di circa settecento ore complessive di girato tanto che sul sito ufficiale (link) si contano tredici film (ma sarà corretto definirli film?) che plausibilmente verranno pian piano resi disponibili. Facendo un passo indietro, il primo contatto tra DAU ed il resto del mondo avviene, dopo numerosi annunci e altrettante smentite, a Parigi il 24 gennaio 2019 con una mega video-installazione che coinvolge il Centro Pompidou insieme a due teatri parigini, qui Khrzhanovskiy proietta a ciclo continuo il suo ciclopico blob in un diorama sovietico che a sua volta rimanda a quello dell’Istituto, un articolo apparso sul Sole 24 ore ne parla come di un “flop colossale”. Un anno dopo le prime due parti di DAU vengono presentate a Berlino ’20. Qualunque cosa sia DAU, se un film, un’opera d’arte contemporanea o una mastodontica baggianata, sarà comunque una pietra angolare con cui si dovrà fare i conti, probabilmente la sfida cinefila più esaltante degli anni venti.
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DAU. STRING THEORY

Iniziamo da un ragionamento facile facile: DAU. Teoriya strun (2020) è la matrice di DAU. Nikita Tanya (2020), non siamo in presenza di una “truffa” come per il dittico DegenerationNew Man perché i due episodi sono costituiti da immagini e narrazioni differenti, però è innegabile che String Theory sia l’elemento ispiratore, praticamente la sua controparte, di Nikita Tanya. Il motivo principale è nuovamente la presenza del fisico russo Nikita Nekrasov che, sempre nuovamente, è molto ma molto impegnato nel districarsi tra i tumulti sentimentali in cui predilige cacciarsi, il fatto è che se nell’altro film Nekrasov cercava di far digerire alla moglie la propria poligamia, qui deve fare in sostanza la stessa cosa ma con ognuna delle amanti che nel corso degli anni ha collezionato, infatti questo tassello di DAU copre un notevole arco temporale che, sebbene non esplicitato, va all’incirca dalla vicenda della bella bibliotecaria Katya (è con lei il primo flirt che ha Nikita) di DAU. Katya Tanya (2020) fino agli ultimi giorni dell’Istituto. Un aspetto che sale a galla da subito e che per chi scrive rappresenta una ferita non medicata a sufficienza non solo per l’episodio in esame ma per l’intero progetto, è una tendenza alla ripetizione che appesantisce l’esperienza visiva, e al di là delle ambientazioni, delle impostazioni di scena, dello stile di ripresa, ecc., nello specifico di String Theory abbiamo un’ulteriore ripetizione, ’sta volta interna, che rende l’opera uno schema reiterato dove lo scienziato (tra l’altro, detto in tutta onestà, abbastanza improbabile nei panni di playboy) si interfaccia con le diverse partner femminili senza cambiare atteggiamento di una virgola, ne consegue che i corposi scambi dialogici si ripropongono con interpreti diversi ma identica sostanza, e tutto ciò alla luce del fatto che Khrzhanovskiy aveva già partorito un tassello sorretto dai medesimi intenti (lì è Landau a perorare la causa fedifraga) quale è DAU. Three Days (2020). La riflessione che viene naturale affrontare è se c’è da qualche parte un senso nel sedersi davanti ad uno schermo per quasi tre ore assistendo ad uno spettacolo che è come se fosse già accaduto, diciamo che IK, aiutato alla regia dal debuttante Aleksey Slusarchuk, in fase di scrittura non mi ha convinto affatto, il continuare ad insistere su delle tracce sentimentali sta prosciugando l’interesse verso l’universo-DAU.

Mi si redarguirà in relazione al fatto che il titolo richiama la teoria delle stringhe e che pertanto parrebbe logica la presenza di tematiche maggiormente scientifiche. È vero, non si può negare che le scaramucce amorose di Nikita siano intervallate da parentesi dove abbondano confronti tra i vari studiosi stranieri invitati nell’Istituto (in una delle innumerevoli cene che si susseguono credo di aver individuato il nostro Carlo Rovelli), se ci pensiamo un attimo passaggi del genere sono il vero cuore di DAU perché si attua quel cortocircuito tra realtà e finzione per cui dei veri fisici, matematici e via dicendo (ricompare anche il rabbino in una scena che, se non sbaglio, è stata tagliata e incollata pari pari da Degeneration) agiscono dentro la ricostruzione del film per chi sono davvero anche al di fuori di esso, è un procedimento ludico-teorico molto intrigante che abbiamo imparato ad apprezzare, però in Teoriya strun si spalancano due questioni: la prima è che per comprendere certi argomenti bisogna avere un background accademico di non poco conto, loro parlano di equazioni, scrivono lavagnate di numeri e noi siamo un po’ disorientati davanti ad enciclopedie che non mastichiamo, ma in fin dei conti non metterei la tendenza di inoltrarsi in zone più tecniche nell’elenco delle mancanze, del resto rapportarsi con qualcosa che non si conosce è un primo passo... verso la conoscenza, no, la seconda faccenda che ora si apre è che si avverte l’assenza di un collegamento costruttivo tra l’istanza della scienza e quella dell’amore. La figura di Nikita sarebbe l’ipocentro che le accoglie entrambe, e il suo credere nel multiverso correlato alla possibilità di innamorarsi di più donne contemporaneamente il laccio tra il cuore ed il cervello, tuttavia, quanto io, totalmente avulso alle leggi della fisica, lo sottolineo, ho avvertito è una scollatura, una faglia che non permette ai due crinali di congiungersi.

Realizzo di come puntata dopo puntata io abbia stilato delle conclusioni anche contraddittorie se messe a confronto, me ne scuso ma ogni giudizio è figlio di una visione che si situa in un preciso momento (personale e non), sicché, adesso, quanto sento di esprimere non si discosta troppo dal pensiero finale di Nikita Tanya, ovvero che dopo aver macinato parecchie ore del colosso-DAU si sta palesando una stanchezza dovuta al ripresentarsi di un quadro che per Khrzhanovskiy è diventato una gabbia da dove non riesce (o non vuole) uscire. Una via di fuga a mio modo di vedere esisterebbe, dato che l’impronta estetica abbiamo capito che non cambierà mai, ci sarebbe bisogno di spingere sulla sceneggiatura creando situazioni appetibili, conscio del fatto che comunque il substrato di DAU non è amico dei copioni & affini per via della libertà di improvvisazione messa in pratica dagli attori, non so che pensare per le future parti mancanti. Intanto, nel momento in cui scrivo (09/07/2020) sulla pagina IMDb di Khrzhanovskiy sono comparsi altri tre titoli legati a DAU etichettati come “TV mini-series” previsti per il 2021, ribadisco: non so che pensare.

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