sabato 15 agosto 2020

iBhokhwe

Pura etnografia per iBhokhwe (2014), ma, purtroppo, non quell’etnografia d’assalto e ruspante che ci si potrebbe auspicare, il taglio fornito da John Trengove è ben ben patinato estromettendo dal principio qualunque coordinata documentaristica e quindi di possibile originarietà. Non che lavorando sulla finzione sia impossibile arrivare in siffatte aree (e qui comunque l’impostazione fittizia è limitata: attori non professionisti, location naturalistica, qualche timido ingresso musicale), soltanto è decisamente più difficile, in particolare quando il contenitore è un cortometraggio. Comunque se il regista sudafricano, che espanderà concettualmente la realtà tribale di The Goat nel film di debutto The Wound (2017), aveva intenzione di illustrare scolasticamente un mondo inarrivabile dall’agiato occidente, l’obiettivo è stato raggiunto e riporto di seguito quanto imparato: una minoranza etnica presente in Sudafrica di nome xhosa pratica ancora l’Ukwaluka, un rituale dove gli adolescenti vengono circoncisi in modo da rimarcare il passaggio verso l’adultità per poi essere lasciati alcuni giorni in una capanna nel deserto in attesa dell’arrivo dei propri famigliari, ecco cosa Trengove voleva mostrarci ed ecco ciò che in buona sostanza mostra.

Del possibile dramma vissuto dal ragazzino abbandonato non c’è traccia, e non poteva esserci con il limitato tempo a disposizione, qualche ripresa ad affetto (lui intabarrato fra le rocce) ed il proseguimento sulla falsariga folkloristica conducono in un finale “a sorpresa” godibile sebbene un po’ epidermico al pari dell’intero impianto proposto. Accenno rapido e limitato alla schietta informazione sull’omosessualità, il cerimoniale servirebbe, tra le altre cose, ad eventualmente estirparla, ma il bambino rivolgendosi al protagonista domanda se verrà il suo fidanzato a prenderlo, oltre non si va. 
Presentato a Berlino ’14.

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