venerdì 21 agosto 2020

8 balles

Che energia questo cortometraggio del 2014!, disordinato e feroce presenta una storia che si confonde nella mente del soggetto principale a sua volta luogo di proiezione: grande merito all’artista Frank Ternier, nato a Tours nel 1975, per l’allestimento grafico, un patchwork associante differenti tecniche realizzative che ben traducono lo stato febbrile dell’uomo francese protagonista di una vicenda cifrata in un dramma latente, per nulla esposto se non attraverso riusciti flashback di pronunciata violenza e diluito in un’ossessione incalzante, maniacale, quasi compulsiva. 8 balles è una scheggia se non proprio impazzita del panorama animato (perché comunque si immagina che di prodotti così confezionati ce ne siano a iosa), sicuramente ben conficcata nella tenera carne spettatoriale una volta visionata, un oggetto esteticamente proteiforme che ha una natura altrettanto variegata sul versante narrativo poiché la componente affabulatoria si moltiplica nelle voci extra ed intradiegetiche.

Al solito, il fascino esercitato su chi scrive è dato da un mischiare le carte ad oltranza, è, essenzialmente, la complessità di una composizione per nulla certa, ma aperta: il cuore del guardare non è situato nell’effettività degli eventi quanto nella possibilità di ricostruirli da parte nostra e di poter fornire, soprattutto, un grado di significazione che magari non c’entra nulla con le intenzioni del regista di turno ma che in virtù dell’accessibilità sopraccitata si impreziosisce grazie ad un progressivo ventaglio semantico. Io, ad esempio, nel tormento del padre verso il pesce rosso e l’odore di fritto, ci ho visto alla lunga un abisso esistenziale impeciato in una tragedia ancora più grande, quella di un omicidio (della propria figlia) seguito da un suicidio. Supposizioni senza evidenza di riscontro, lasciamo allora che l’epitaffio conclusivo schiuda gli atri titoli di coda: “siamo tutti morti?”

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