L’esondante figura di
Genesis P-Orridge inquadrata da Marie Losier attraverso un percorso
di ricostruzione portato avanti sia da sbilenchi filmati
d’archivio sia da una narrazione over dello stesso Genesis che
delinea un tracciato duplice: abbiamo l’opportunità di venire a
conoscenza (ammesso che già non lo siate) di ciò che ha originato
la scena industrial nell’Inghilterra degli anni ’70 e dei
successivi sviluppi, il tutto trasmesso in modo scombiccherato,
ingurgitato e vomitato in un taglia e cuci a volte aggressivo e a
volte, in un qualche modo, più intimo, strettamente e sofferentemene
personale. Al contempo registriamo la favola acid fra due
persone che si sono amate fino a trasfigurarsi e a diventare l’una
il riflesso dell’altra dando vita ad una performance in bilico tra
la vita e lo show non convenzionale, dimensioni che per Genesis e
Lady Jaye hanno sempre avuto confini molto labili.
Di queste esistenze vissute a
mille all’ora il lavoro di Marie Losier, regista francese che aveva
già collaborato con P-Orridge, non può che restituirci dei
brandelli, cocci ossidati che seducono, scampoli di un’irrequietezza
sempre sull’orlo del precipizio. Da profano e da completo ignorante
del contesto storico/musicale qui ripreso, The Ballad of Genesis
and Lady Jaye (2011) ha saputo stimolare un interesse verso ciò
che è ritratto, ma soprattutto ha fatto sì che si creasse un ponte
empatico verso una delle storie d’amore più folli che si possano
ricordare, dalla quale comunque, sotto la patina di eccessi e
sregolatezze, ci è stato permesso di sentire per davvero due cuori
che battevano all’unisono.
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