Corto singaporiano recitato in inglese
che fu presentato in quel di Locarno ’13, alla regia troviamo un
giovine di nome Ivan Tan il quale non si può dire che si sia
prodigato granché per lasciare un segno indelebile nella nostra
mente cinefila. Tadpoles (2013) è un lavoro che si potrebbe
definire scolastico se non fosse per l’atmosfera un filo surreale
che viene proposta e che solleva di qualche millimetro il film dalla
banalità. L’elemento che si distingue dal resto è la scelta di
calare la doppia coppia protagonista nel bel mezzo di un diluvio
biblico che tracima la logica per diventare simbolo, così, come se
le nuvole tsaiane si fossero spostate più a sud e avessero iniziato
a riversare ettolitri di pioggia su Singapore, i due appartamenti si
fanno acquario di legami relazionali dove le persone in scena
sembrano molto vicine ad un naufragio sentimentale.
Il trasformarsi del corto in una
metafora non è una mutazione che esalta, e la ragione non è
l’azione in sé quanto la facile lettura che ne consegue. Non vi è
“piacere” nell’apprendere l’idea di Tan poiché troppo
sottile, di una fragilità che non è ravvivata nemmeno dagli incroci
tra i due lui e le due lei. È evidente l’intento del regista che
vorrebbe allacciare concettualmente i vicini di casa nel breve tempo
a disposizione giocando con le loro personalità, ma anche qui una
diffusa immediatezza non abbastanza celata da una forma arty
arriva comoda comoda e quindi ci si volge con una certa sufficienza
al parallelo della duplice crisi punteggiato da un’ulteriore
piccola allegoria, si veda la dispersione dei girini nell’acqua e
la contrapposta maternità in arrivo. Il tutto non può che portarci
ad una lapidaria conclusione: Tadpoles? Insignificante.
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