sabato 1 aprile 2017

Matteus

In questo cortometraggio belga del 2012 si narra la vicenda di un bambino, Mateo, che trasferitosi con la famiglia in un paese di campagna trova nella nuova casa una Bibbia che inizia a leggere con grande attenzione, nel frattanto gli abitanti del luogo iniziano ad avere uno strano atteggiamento nei suoi confronti.

Di materiale da maneggiare per la giovane Leni Huyghe ce n’era non poco e difatti credo sia condivisibile che una sinossi del genere avrebbe potuto essere spalmata tranquillamente su un intero lungometraggio, la susseguente compressione informativa crea una catena di situazioni dal potenziale inesplorato, mi riferisco in particolare all’istanza genitoriale a cui non è dato nemmeno il tempo di accorgersi che il proprio figlioletto ha uno strano seguito e di cui ci è conseguentemente negato un relativo approfondimento, e all’istanza degli autoctoni, possibile quid pluris parzialmente inespresso del film, le cui misteriosi apparizioni finiscono un po’ troppo per risultare dei meri piazzamenti atti ad accaparrarsi l’effetto stupore. Ci sono comunque le attenuanti del caso vostro onore, parliamo di una debuttante all’epoca fresca di master ed è indubbio che in fatto di esordi si sia visto di peggio.

Anzi, mi viene da dire che se il corto non difetta di qualcosa quella è sicuramente la professionalità, l’aria di Matteus è più o meno scevra dalle tossine del principiante e se va mossa una critica, e va mossa, essa riguarda un impianto che ricalca in modo fastidiosamente pedissequo certi modelli cinematografici che qui non avranno mai asilo. La natura da thriller soprannaturale con echi horrorifici non può di certo infiammare il cercatore incallito di visioni altre, né si ha molto da dire su una storia che a mio avviso si rifà spudorata ai capostipiti del cinema-con-bambini-inquietanti, si veda Il villaggio dei dannati (1960) e ovviamente Il presagio (1976) (ecco i modelli di cui sopra). Ci starebbe una difesa che menziona l’”atmosfera”, anche se andrebbe esplicitato che cosa sia questa atmosfera: probabile si tratti del mix tra elementi su cui la regista ha il pieno controllo, e quindi diffusione del sonoro, modulazione delle luci, attuazione del montaggio, bene, la Huyghe è capace, o si è avvalsa di collaboratori che sono capaci, a fondere i suddetti principi con dignità, quello che però chiediamo sempre al buon cinema è di fare un passo oltre il fondo (chiedo venia per la bassa autocitazione), Matteus non scardina, al contrario si fa accomodante nei riguardi di certa settima arte, ed anche le minacciose manifestazioni dei villici, seppur, si è detto, sì e no efficaci (il finale ha un perché: la preghiera), fungono più da fumo negli occhi che sostanza da poter analizzare.

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