In questo cortometraggio
belga del 2012 si narra la vicenda di un bambino, Mateo, che
trasferitosi con la famiglia in un paese di campagna trova nella
nuova casa una Bibbia che inizia a leggere con grande attenzione, nel
frattanto gli abitanti del luogo iniziano ad avere uno strano
atteggiamento nei suoi confronti.
Di materiale da
maneggiare per la giovane Leni Huyghe ce n’era non poco e difatti
credo sia condivisibile che una sinossi del genere avrebbe potuto
essere spalmata tranquillamente su un intero lungometraggio, la
susseguente compressione informativa crea una catena di situazioni
dal potenziale inesplorato, mi riferisco in particolare all’istanza
genitoriale a cui non è dato nemmeno il tempo di accorgersi
che il proprio figlioletto ha uno strano seguito e di cui ci è
conseguentemente negato un relativo approfondimento, e all’istanza
degli autoctoni, possibile quid pluris parzialmente inespresso
del film, le cui misteriosi apparizioni finiscono un po’ troppo per
risultare dei meri piazzamenti atti ad accaparrarsi l’effetto
stupore. Ci sono comunque le attenuanti del caso vostro onore,
parliamo di una debuttante all’epoca fresca di master ed è
indubbio che in fatto di esordi si sia visto di peggio.
Anzi, mi viene da dire
che se il corto non difetta di qualcosa quella è sicuramente
la professionalità, l’aria di Matteus è più
o meno scevra dalle tossine del principiante e se va mossa una
critica, e va mossa, essa riguarda un impianto che ricalca in modo
fastidiosamente pedissequo certi modelli cinematografici che qui non
avranno mai asilo. La natura da thriller soprannaturale con echi
horrorifici non può di certo infiammare il cercatore incallito
di visioni altre, né si ha molto da dire su una storia
che a mio avviso si rifà spudorata ai capostipiti del
cinema-con-bambini-inquietanti, si veda Il villaggio dei dannati
(1960) e ovviamente Il presagio (1976) (ecco i modelli di cui
sopra). Ci starebbe una difesa che menziona l’”atmosfera”,
anche se andrebbe esplicitato che cosa sia questa atmosfera:
probabile si tratti del mix tra elementi su cui la regista ha il
pieno controllo, e quindi diffusione del sonoro, modulazione delle
luci, attuazione del montaggio, bene, la Huyghe è capace, o
si è avvalsa di collaboratori che sono capaci, a fondere i
suddetti principi con dignità, quello che però
chiediamo sempre al buon cinema è di fare un passo oltre il
fondo (chiedo venia per la bassa autocitazione), Matteus
non scardina, al contrario si fa accomodante nei riguardi di certa
settima arte, ed anche le minacciose manifestazioni dei villici,
seppur, si è detto, sì e no efficaci (il finale ha un
perché: la preghiera), fungono più da fumo negli occhi
che sostanza da poter analizzare.
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