Antoine Volodine
2017
2017
66thand2nd; 106 p.
Non abbiamo ceduto quando provavamo dolore, abbiamo
finto di cedere, abbiamo finto di essere terrorizzati, non abbiamo
urlato il nostro sgomento, la nostra disperazione in tutti i
possibili toni, invece di lamentarci abbiamo recitato lunghi elenchi
di uccelli, elenchi di popoli decimati, di scimmie, di pesci, non
abbiamo quasi per nulla parlato dei pestaggi che subivamo, abbiamo
evocato altri pestaggi ben più atroci, che altri avevano
subito, e, per cavarcela, abbiamo descritto paesaggi turchini,
abbiamo battuto le ali su praterie color turchese, planato
verticalmente sull’orzo color azzurro […]
Mi piace molto, ma
davvero molto, il progetto letterario di Antoine Volodine, così
come è apprezzabile la strategia commerciale della 66thand2nd,
sottolineata dall’intervista a Isabella Ferretti leggibile qua, che
ha scelto di pubblicare prima il capolavoro dello scrittore, Terminus radioso, e successivamente i testi che lo hanno condotto ad esso,
e se in questo modo il rigore cronologico si disperde (Il
post-esotismo in dieci lezioni, lezioni undicesima risale al
’98!) è comunque allettante scoprire, sebbene in maniera non
lineare, il disegno concettuale che Volodine ha elaborato negli anni,
ne risulta perciò che i lettori italiani hanno l’opportunità
di conoscere uno studio sulla letteratura che non può certo
definirsi “comune”, magari mi sfuggono dei possibili riferimenti
culturali (… Borges? … Pessoa?) ma nell’attuale panorama
romanzesco non è così facile trovare altri esempi
equiparabili alle traiettorie volodiniane, anche perché,
essendo tali scritti ben orientati verso la modernità, non è
solo la categoria del romanzo a cui bisogna rifarsi in quanto
Volodine evade gli steccati dei generi per offrirci il suo mix
inqualificabile, qui, ad esempio, sfogliamo un manoscritto che è
un saggio che a sua volta è un manifesto e che ancora più
a sua volta è un’opera di finzione.
Finzione. Una piccola
certezza è che l’autore fa leva sull’equilibrio creato
dalla menzogna di un movimento artistico che non esiste e dalla
verità di libri che parlando di tale movimento lo inverano, lo
rendono reale, e quindi la letteratura di Volodine si costituisce in
un Giano che oscilla tra gli opposti, che supera le lise cognizioni
meta e che si distende in un’enigmaticità a cui non manca
nemmeno una cifra ludica visto che in un qualche modo c’è
anche dell’ironia. Piace poi Il post-esotismo… perché
è un’addizione degli elementi appena citati in cui risplende
un condivisibile sentimento di militanza contrapposto a certe istanze
intellettuali, impersonate nel racconto da due giornalisti, che
appiattiscono l’arte e l’uniformano nella mediocrità, ed è
su una strada così che io, come presumo voi, sento una forte
prossimità al pensiero di Volodine, sicché nel suo
manipolo di scrittori dai nomi improbabili, vessati da un sistema
tiranneggiante e ridotti alla clandestinità, ci si può
leggere un romanticismo resistenziale che è proprio di chi
combatte una guerra probabilmente persa in partenza, una strana
malinconia si irradia dunque dal centinaio di pagine che compongono
il tomo (la medesima malinconia, ma ben più potente, che
caratterizzerà l’epico finale di Terminus radioso)
poiché partecipiamo ad un funerale letterario, non c’è
tristezza però, una resurrezione è già pronta ad
essere certificata dalla prossima pubblicazione.
Nessun commento:
Posta un commento