mercoledì 29 marzo 2017

Il post-esotismo in dieci lezioni, lezione undicesima

Antoine Volodine
2017
66thand2nd; 106 p.

Non abbiamo ceduto quando provavamo dolore, abbiamo finto di cedere, abbiamo finto di essere terrorizzati, non abbiamo urlato il nostro sgomento, la nostra disperazione in tutti i possibili toni, invece di lamentarci abbiamo recitato lunghi elenchi di uccelli, elenchi di popoli decimati, di scimmie, di pesci, non abbiamo quasi per nulla parlato dei pestaggi che subivamo, abbiamo evocato altri pestaggi ben più atroci, che altri avevano subito, e, per cavarcela, abbiamo descritto paesaggi turchini, abbiamo battuto le ali su praterie color turchese, planato verticalmente sull’orzo color azzurro […]

Mi piace molto, ma davvero molto, il progetto letterario di Antoine Volodine, così come è apprezzabile la strategia commerciale della 66thand2nd, sottolineata dall’intervista a Isabella Ferretti leggibile qua, che ha scelto di pubblicare prima il capolavoro dello scrittore, Terminus radioso, e successivamente i testi che lo hanno condotto ad esso, e se in questo modo il rigore cronologico si disperde (Il post-esotismo in dieci lezioni, lezioni undicesima risale al ’98!) è comunque allettante scoprire, sebbene in maniera non lineare, il disegno concettuale che Volodine ha elaborato negli anni, ne risulta perciò che i lettori italiani hanno l’opportunità di conoscere uno studio sulla letteratura che non può certo definirsi “comune”, magari mi sfuggono dei possibili riferimenti culturali (… Borges? … Pessoa?) ma nell’attuale panorama romanzesco non è così facile trovare altri esempi equiparabili alle traiettorie volodiniane, anche perché, essendo tali scritti ben orientati verso la modernità, non è solo la categoria del romanzo a cui bisogna rifarsi in quanto Volodine evade gli steccati dei generi per offrirci il suo mix inqualificabile, qui, ad esempio, sfogliamo un manoscritto che è un saggio che a sua volta è un manifesto e che ancora più a sua volta è un’opera di finzione.

Finzione. Una piccola certezza è che l’autore fa leva sull’equilibrio creato dalla menzogna di un movimento artistico che non esiste e dalla verità di libri che parlando di tale movimento lo inverano, lo rendono reale, e quindi la letteratura di Volodine si costituisce in un Giano che oscilla tra gli opposti, che supera le lise cognizioni meta e che si distende in un’enigmaticità a cui non manca nemmeno una cifra ludica visto che in un qualche modo c’è anche dell’ironia. Piace poi Il post-esotismo… perché è un’addizione degli elementi appena citati in cui risplende un condivisibile sentimento di militanza contrapposto a certe istanze intellettuali, impersonate nel racconto da due giornalisti, che appiattiscono l’arte e l’uniformano nella mediocrità, ed è su una strada così che io, come presumo voi, sento una forte prossimità al pensiero di Volodine, sicché nel suo manipolo di scrittori dai nomi improbabili, vessati da un sistema tiranneggiante e ridotti alla clandestinità, ci si può leggere un romanticismo resistenziale che è proprio di chi combatte una guerra probabilmente persa in partenza, una strana malinconia si irradia dunque dal centinaio di pagine che compongono il tomo (la medesima malinconia, ma ben più potente, che caratterizzerà l’epico finale di Terminus radioso) poiché partecipiamo ad un funerale letterario, non c’è tristezza però, una resurrezione è già pronta ad essere certificata dalla prossima pubblicazione.

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