L’archeologia è sempre il risultato di uno scavo. La ricerca di un qualcosa che ha dato origine al tutto.
Scavando a fondo, e mai come in questo caso superandolo, si arriva ad una semplice domanda la cui risposta è però tra le più complesse: perché?
Oltre il fondo compie oggi un anno di vita, e la domanda che il venti Novembre scorso mi ponevo, a distanza di un anno non ha ancora una risposta. Quella presente in quel primo post non era vera, e questa lo era solo in parte.
Il fatto è che spesso mi sento ingabbiato in una scia, incolonnato in un gregge, succube di una moda. E per questo non trovo una risposta sensata al perché io abbia aperto questo blog. In fondo a chi importa cosa vedo, cosa ascolto, e cosa scrivo? Ci sono milioni di cineblog, musicblog e stocazzoblog, quindi che senso ha essere soltanto una piccola goccia nell’oceano virtuale?
Ho pensato spesso di chiuderlo, e una volta l’ho fatto, ma non sono resistito molto. La domanda che sorge è sempre la stessa: perché l’avevo chiuso? E perché l’ho riaperto?
Le sedimentazioni del tempo stratificate intorno a questo quesito non mi hanno fatto dimenticare però tutti gli “amici” che hanno avuto la pazienza di seguirmi, alcuni si sono persi per strada, altri si sono aggiunti e altri ancora lo faranno, io li ringrazio di cuore tutti.
L’altro giorno leggevo di una coppia che si è separata perché il marito tradiva la moglie su Second life. Ecco, io ho molta paura di non riuscire a staccarmi da questa ir-realtà, sicuramente arriverà un giorno in cui scriverò l’ultimo post, e spero che non sia troppo lontano perché più passa il tempo e più accorgo che un laccio invisibile mi lega a questo spazio virtuale, e ho il terrore che questo laccio si stringa sempre di più fino a soffocarmi.
Parimenti (erano tipo dodici anni che volevo usare questo termine) ri-scoprire una cosa sepolta è sempre coinvolgente, e se questa cosa ti appartiene è quasi emozionante. In questi trecentosessantacinque giorni ho: pensato, riso, pianto, ascoltato della buona musica, guardato dei pessimi film, fatto del sesso, superato alcuni esami, bestemmiato, bevuto troppi negroni, scritto un paio di poesie, capito che guidare non fa per me, visto mio padre invecchiare, rialzato la testa, stretto amicizie. E tutto questo l’ho scritto qua dentro: a volte tra le righe ed altre più marcatamente. Allora la risposta alla mia domanda iniziale, il mio arché, si palesa dinanzi ai miei occhi con una cifra banale e ripetuta, ma che sento inequivocabilmente vera: ossia che noi uomini abbiamo il bisogno di raccontare e raccontarci, ma la condizione imprescindibile che viene prima è che ci sia qualcuno a sentire quello che diciamo, anche uno sconosciuto. Così un piccolo ed insignificante commento può raddrizzare una giornata, e se anche in termini pratici non porterà nessun miglioramento, riuscirà ad abbozzare un sorriso sul blogger abbacchiato (ogni riferimento a me stesso è puramente casuale).
Quindi ti ringrazio vecchio mio, per quanto mi hai aiutato e per quanto ancora lo farai, ma non ti auguro cento di questi giorni, no, perché devi sapere che il giorno in cui tu morirai significherà per me la vita, e io non avrò più bisogno di te, nel frattempo ti auguro un buon compleanno.
Scavando a fondo, e mai come in questo caso superandolo, si arriva ad una semplice domanda la cui risposta è però tra le più complesse: perché?
Oltre il fondo compie oggi un anno di vita, e la domanda che il venti Novembre scorso mi ponevo, a distanza di un anno non ha ancora una risposta. Quella presente in quel primo post non era vera, e questa lo era solo in parte.
Il fatto è che spesso mi sento ingabbiato in una scia, incolonnato in un gregge, succube di una moda. E per questo non trovo una risposta sensata al perché io abbia aperto questo blog. In fondo a chi importa cosa vedo, cosa ascolto, e cosa scrivo? Ci sono milioni di cineblog, musicblog e stocazzoblog, quindi che senso ha essere soltanto una piccola goccia nell’oceano virtuale?
Ho pensato spesso di chiuderlo, e una volta l’ho fatto, ma non sono resistito molto. La domanda che sorge è sempre la stessa: perché l’avevo chiuso? E perché l’ho riaperto?
Le sedimentazioni del tempo stratificate intorno a questo quesito non mi hanno fatto dimenticare però tutti gli “amici” che hanno avuto la pazienza di seguirmi, alcuni si sono persi per strada, altri si sono aggiunti e altri ancora lo faranno, io li ringrazio di cuore tutti.
L’altro giorno leggevo di una coppia che si è separata perché il marito tradiva la moglie su Second life. Ecco, io ho molta paura di non riuscire a staccarmi da questa ir-realtà, sicuramente arriverà un giorno in cui scriverò l’ultimo post, e spero che non sia troppo lontano perché più passa il tempo e più accorgo che un laccio invisibile mi lega a questo spazio virtuale, e ho il terrore che questo laccio si stringa sempre di più fino a soffocarmi.
Parimenti (erano tipo dodici anni che volevo usare questo termine) ri-scoprire una cosa sepolta è sempre coinvolgente, e se questa cosa ti appartiene è quasi emozionante. In questi trecentosessantacinque giorni ho: pensato, riso, pianto, ascoltato della buona musica, guardato dei pessimi film, fatto del sesso, superato alcuni esami, bestemmiato, bevuto troppi negroni, scritto un paio di poesie, capito che guidare non fa per me, visto mio padre invecchiare, rialzato la testa, stretto amicizie. E tutto questo l’ho scritto qua dentro: a volte tra le righe ed altre più marcatamente. Allora la risposta alla mia domanda iniziale, il mio arché, si palesa dinanzi ai miei occhi con una cifra banale e ripetuta, ma che sento inequivocabilmente vera: ossia che noi uomini abbiamo il bisogno di raccontare e raccontarci, ma la condizione imprescindibile che viene prima è che ci sia qualcuno a sentire quello che diciamo, anche uno sconosciuto. Così un piccolo ed insignificante commento può raddrizzare una giornata, e se anche in termini pratici non porterà nessun miglioramento, riuscirà ad abbozzare un sorriso sul blogger abbacchiato (ogni riferimento a me stesso è puramente casuale).
Quindi ti ringrazio vecchio mio, per quanto mi hai aiutato e per quanto ancora lo farai, ma non ti auguro cento di questi giorni, no, perché devi sapere che il giorno in cui tu morirai significherà per me la vita, e io non avrò più bisogno di te, nel frattempo ti auguro un buon compleanno.
Complimenti per questo traguardo, ma forse i complimenti non ti interessano.
RispondiEliminaFatto sta che io, qua, spesso e volentieri un salto glielo faccio.
Io dico sempre che i complimenti sono il miglior carburante per andare avanti, quindi fanno un gran piacere ;)
RispondiEliminaQuesto post tanto profondo quanto intimo non lo posso commentare...per questo mi limito a farti i miei complimenti per tutto...e far gli auguri al blog...
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