Non so da dove cominciare per parlare del penultimo film di Terry Gilliam.
Tornando al film.
Una volta sola, Jeliza-Rose, incontra Dickens, un ragazzo epilettico, e da qui in poi la storia prende una piega da favola nera. Il talento visionario di Gilliam è fuori discussione, ma dopo i primi scambi di battute tra la bimba, peraltro bravissima, e le sue bambole avevo già il latte alle ginocchia. Il problema è che oltre a questo non c’è niente. Non mi basta uno scoiattolo parlante, e neanche delle api vendicative. Non mi interessa sapere che Noah, il padre di Jeliza-Rose, ha avuto una relazione con la madre di Dickens, non mi garba molto vedere un adulto e una bambina che si baciano, non c’è malizia, i tempi di Maladolescenza (1977) sono lontanissimi (grazie a Dio), ma a me ha dato fastidio.
Poi il finale, aspramente criticato, che invece a me non è dispiaciuto, in cui Gilliam ci riporta alla realtà, lasciando perdere Barbie e cazzate varie, dando coscienza a Jeliza-Rose e schiaffando la verità in faccia allo spettatore. Il grande squalo è un treno, e l’oggetto misterioso di Dickens è dinamite, e come ogni favola che si rispetti anche questa ha il suo lieto fine, almeno per Dickens.
Solitamente, durante la visione di una pellicola, scrivo qualche nota su della carta perché per mancanza di tempo e di voglia, difficilmente riesco a vedere un film intero di fila, e dunque, centellinandolo in più giorni rischio di dimenticarmi qualcosa di importante che avrei voluto scrivere qui sul blog.
Il mio taccuino, riferito a Tideland è praticamente bianco. La domanda che si è affacciata nei miei pensieri immediatamente dopo i titoli di coda è stata: “Quindi?”.
Possibile che sia tutto qua? Una bambina che dialoga con la testa di una Barbie e che sbaciucchia un ritardato mentale sono lontani anni luce dalla trama cervellotica de L’esercito delle dodici scimmie (1995), o dall’acida ironia di Paura e delirio a Las Vegas (1998).
Il mio taccuino, riferito a Tideland è praticamente bianco. La domanda che si è affacciata nei miei pensieri immediatamente dopo i titoli di coda è stata: “Quindi?”.
Possibile che sia tutto qua? Una bambina che dialoga con la testa di una Barbie e che sbaciucchia un ritardato mentale sono lontani anni luce dalla trama cervellotica de L’esercito delle dodici scimmie (1995), o dall’acida ironia di Paura e delirio a Las Vegas (1998).
Eppure all’inizio Tideland promette molto bene, grazie ai genitori di Jeliza-Rose che sono dei pazzi furiosi. Il padre, un Jeff Bridges invecchiato per l’occasione, si fa aiutare dalla figlia nell' inniettarsi la dose di eroina, la madre invece soffre di depressione e affoga i suoi problemi nel cioccolato. Purtroppo però muiono entrambi nel giro di mezz’ora, ed il film perde una buona parte del suo potenziale. Nel mio piccolo avevo visto questa coppia, volutamente eccessiva, quasi fossero due caricature, simile ad un’altra coppia: questa. Sì lo so, il paragone è irriverente e quindi me lo tengo tutto per me.
Tornando al film.
Una volta sola, Jeliza-Rose, incontra Dickens, un ragazzo epilettico, e da qui in poi la storia prende una piega da favola nera. Il talento visionario di Gilliam è fuori discussione, ma dopo i primi scambi di battute tra la bimba, peraltro bravissima, e le sue bambole avevo già il latte alle ginocchia. Il problema è che oltre a questo non c’è niente. Non mi basta uno scoiattolo parlante, e neanche delle api vendicative. Non mi interessa sapere che Noah, il padre di Jeliza-Rose, ha avuto una relazione con la madre di Dickens, non mi garba molto vedere un adulto e una bambina che si baciano, non c’è malizia, i tempi di Maladolescenza (1977) sono lontanissimi (grazie a Dio), ma a me ha dato fastidio.
Poi il finale, aspramente criticato, che invece a me non è dispiaciuto, in cui Gilliam ci riporta alla realtà, lasciando perdere Barbie e cazzate varie, dando coscienza a Jeliza-Rose e schiaffando la verità in faccia allo spettatore. Il grande squalo è un treno, e l’oggetto misterioso di Dickens è dinamite, e come ogni favola che si rispetti anche questa ha il suo lieto fine, almeno per Dickens.
Orrido film
RispondiEliminaIo non lo trovo così orrendo questo film, anzi.
RispondiEliminaSono perfettamente a conoscenza del mio gusto particolare, da qualsiasi angolo lo si guardi; sono stata persino definita per questo motivo una persona "estremamente triste, malinconica, perversa e malata".
Ma io non ci vedo nulla di perverso, nè in me, tantomeno nei "miei" film (perchè tutto sommato, quando guardiamo un film che ci risuona dentro e che poi lì rimane, un po' fa parte di noi).
Per quanto riguarda il film, non ci ho pensato neanche più di tanto. Mi è sembrato abbastanza chiaro e scorrevole. Non c'è stato nulla su cui scervellarsi, nessun momento in cui cliccare pausa e rimanere qualche minuto a guardare lo stesso frame per continuare a ripetersi che c'è qualcosa che non quadra.
Il mondo capovolto. E' fondamentalmente tutto qui, come vuole la teoria del rasoio di occam.
Jeliza-Rose e le sue teste di bambola. I suoi genitori, con le loro dipendenze da droga e cibo, di cui prendersi cura. Anche dopo la morte, in un certo senso.
Le teste che Rose fa parlare improvvisandosi ventriloqua prendono il sopravvento, e la loro voce cessa di essere una mera immaginazione. Talvolta qualcuna si anima. E in particolare, le due predilette, Mistake e Labbra di velluto divengono l'angioletto buono e quello cattivo sempre presenti alla destra e alla sinistra della testa della piccola, ormai in loro balia, delle sue fantasie divenute allucinazioni. Tanto da doverle ipnotizzare per recarsi da sola all'appuntamento con la sua nuova migliore amica che tanto migliore non era, e neanche tanto amica. Conosciuta mentre Rose tenta di fare una seduta spiritica servendosi di una radio per captare dei white noise, le dice di liberarsi delle teste e selezionare meglio le proprie amicizie.
Lei, che va in giro a imbalsamare animali e persone (la madre e poi in seguito Noah, padre della bimba e suo ex amante) onde evitare di farle marcire credendo che un giorno la scienza potrà riportarli in vita.
E suo fratello adolescente Dickens, con probabile sindrome di down, che ha creato un mondo tutto suo che gli fa da scudo, la sua tenda/sottomarino, le sue biciclette/esca, e l'enorme treno/squalo da catturare con le monete di rame adagiate sui binari.
E' un mondo in cui Dickens vive con la sorella isterica e psicopatica e la madre mummificata da dio solo sa quanti anni, impossibilitato a far qualsiasi cosa, persino correre, per evitare di avere svenimenti o farsi venire crisi epilettiche e costantemente molestato sessualmente dalla nomma di Jeliza-Rose.
Diventa capitano del suo sottomarino ed un giorno riesce ad uccidere il grande squalo che infesta i suoi mari, liberando la sua "piccola stupida baciatrice" che affoga tra le spighe di grano e invoca il suo nome in cerca di aiuto.
Lo stesso mondo in cui Jeliza-Rose fa fare viaggi che assomigliano a sogni al padre preparandogli dosi di eroina, mentre lei gli legge seduta sulle sue ginocchia una favola (quella di alice in the wonderland), e la madre che non fa altro che comandarla, insultarla facendola sentire indesiderata, soffocarla allo stesso modo schiacciata ella stessa dai suoi sensi di colpa. Si ritroverà con una madre morta abbandonata in casa e ricoperta di siringhe, cioccolato e scarpe per tentare un ragnarok e, per metà film con un padre in necrosi in casa truccato ed imbellettato, che emana gas tossici di decomposizione, e per l'altra metà, un padre tagliuzzato, mummificato e rifinito, da abbracciare e con cui dormire. Prima o poi tornerà dal suo lungo viaggio.
EliminaE la tana di un coniglio in cui cadrà e in cui il tempo rallenterà (ma il coniglio era destinato sin dall'inizio ad essere servito a tavola; ne prenderà le sue inutilissime veci lo scoiattolo parlante). E l'antro piccolissimo, finalmente, che porta al magico mondo, a wonderland, che si trova nel bagno e che porta ad un'immensa stanza con tutte le cianfrusaglie, i vestiti, i trucchi e vari scatoloni della nonna. E il mondo segreto nel mondo segreto, l'armadio in cui sprofonda e cammina senza che abbia una fine.
Ed è l'armadio il punto di contatto tra i mondi di Rose e Dickens. L'armadio le permetterà di trovare la vestaglia bianca, il boa di piume e il cappello, abito da sposa perfetto per sposare il suo amato, che per diventare più bello si farà truccare scegliendo egli stesso un rossetto rosso scarlatto usato su guance e labbra, e una parrucca bionda, per poi poterla baciare e ingravidarla di un'essere che avrà il corpo della madre e la testa di Mistake (essendo la sua reincarnazione, perchè morta sprofondata nella tana del bianconiglio).
E alla fine, Jeliza-Rose, si ritroverà sola, seppur tra le braccia di un'estranea, e circondata da lucciole, come era all'inizio del film, con una sola promessa: "farò in modo che arrivi lì dove volevi andare".
Jeliza-Rose, destinata a non nascere. Essere adulta già da piccola. Che barcolla sull'orlo dell'insanità mentale ed è in procinto di gettarsi giù per ritrovare se stessa.
E' solo un Gilliam che si rifà al mio tanto caro e amatissimo Svankmajer, o meno probabilmente ai fratelli Quay per raccontare nel modo giusto una storia sbagliata (e se ti chiedi se sia possibile farlo mi basterà citare solo I'm a cyborg but that's ok).
Come sempre, inutilmente prolissa.
E' un piacere trascorrere le mie notti così.
sicuramente quello che ci scrissi nel lontano 2008 è ignobile ed ingenuo, ma l'unico ricordo che ho di Tideland è una sensazione negativa. Complimenti per la disamina, ma è passato così tanto tempo che tutte le cose che citi è come se le leggessi per la prima volta. Gilliam non fa un cinema che incontra il mio gradimento, soprattutto per gli ultimi (circa) due anni in cui mi sono sempre più interessato alla periferia lontanissima del mainstream.
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