mercoledì 2 aprile 2008

Effetto lavatrice

Che ti capovolge, o forse capovolge il mondo intorno a te. Fatto sta che non ci capisci più niente, dura un secondo oppure un anno, sempre abbastanza per farti sentire vivo.
Una scossa.
Sangue che circola.
Paradossi, anche. Che posso fare? Tanto non sarà, o forse sì, o forse no, non so. E lei?
Ma lei.
Mi ostino cocciutamente ad immaginarmi situazioni impossibili, sono tirato per le braccia, da una parte il ricordo, dall’altra l’odio, ma più passa il tempo è più l’odio allenta la sua morsa, e vengo trascinato inesorabilmente nel fiume dei pensieri.
L’effetto lavatrice, ti sballotta, disturba, nausea, fa male, ma è un male che fa bene. È che non te lo aspetti, e allora si chiude la gola, sembra che non ci sia aria intorno, come su un altro pianeta, lontano.
Però è bello, è vero, fa sorridere da soli in mezzo alla gente, fa pensare, ma non pesano questi pensieri, anzi, sono leggeri come foglie.
E adesso?
E quindi?
Miliardi di domande, deve passare un’estate ancora. E poi? Dio non lo so.
Voglio e non voglio allo stesso tempo, e allo stesso tempo la vorrei riempire di schiaffi e di baci. Perdita della dignità, a metà, in bilico, sul precipizio, camminando su un filo. Poi magari non sarà, ma.

Mi viene in mente il trailer di Requiem for a Dream, in cui alcune sequenze del film sono accompagnate da un crescendo di violini, e quando si sta per raggiungere l’apice, il punto di non ritorno, l’apoteosi totale, cala il silenzio. Adesso immaginatevi che appaia questa frase:

“Forse il prossimo anno torno.”

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