È la vera storia di Anneliese Michel, una ragazza nata nel 1952 in un piccolo borgo bavarese. “Grazie” ad una famiglia bigotta Anneliese crebbe con una profonda fede religiosa. A 16 anni cominciò a soffrire di attacchi epilettici, che in realtà non erano tali. Durante l’università la ragazza vide uno spiraglio di luce nella sua vita grazie ad un’amica e ad un ragazzo. Ma fu solo un’ illusione, perché la sua fede l’aveva spinta a chiedere aiuto ad un giovane prete che la convinse di essere posseduta dal demonio. Il film si ferma qua, il resto della sua (triste) vita lo si può trovare qui.
Il regista non si sofferma più di tanto sulla possessione in quanto evento soprannaturale, ma si concentra sulla condizione sociale e psicologica in cui è dovuta crescere Michaela (Anneliese). L’inquadratura religiosa trasmessale da sua madre l’ha forviata a tal punto di immedesimarsi in santa Caterina, una martire cristiana. Mentre invece Michaela era solo affetta da disturbi psicotici che potevano essere curati.
Il regista gira il film su una pellicola un po’ sgranata, con inquadrature traballanti che suggeriscono un taglio documentaristico, lo stile è un po’ come in Alpha Dog (2006) quando intervistano i componenti della famiglia per intenderci.
L’attrice principale è bravina, ho visto pazze molto più pazze di lei (la Adjani di Possession, 1981), però è credibile. Anche la madre ottusa riesce a farsi odiare quel che basta.
Il regista non si sofferma più di tanto sulla possessione in quanto evento soprannaturale, ma si concentra sulla condizione sociale e psicologica in cui è dovuta crescere Michaela (Anneliese). L’inquadratura religiosa trasmessale da sua madre l’ha forviata a tal punto di immedesimarsi in santa Caterina, una martire cristiana. Mentre invece Michaela era solo affetta da disturbi psicotici che potevano essere curati.
Il regista gira il film su una pellicola un po’ sgranata, con inquadrature traballanti che suggeriscono un taglio documentaristico, lo stile è un po’ come in Alpha Dog (2006) quando intervistano i componenti della famiglia per intenderci.
L’attrice principale è bravina, ho visto pazze molto più pazze di lei (la Adjani di Possession, 1981), però è credibile. Anche la madre ottusa riesce a farsi odiare quel che basta.
Il risultato che ne esce fuori è un pò pesantuccio, in fin dei conti per un’ora e mezza non succede niente di particolarmente sconvolgente, vivisivamente parlando, poi ovviamente il dramma che si consuma ai danni di Michaela è atroce, ma se qualcuno guardandosi Requiem (2006) si aspetta di vedersi un sosia de L’esorcista (1973) rimarrebbe deluso, qui i crocifissi se ne stanno appesi ai muri, non finiscono in mezzo alle gambe di qualche ragazzina indemoniata.
Il caso ha anche ispirato un altro film, The exorcism of Emily Rose (2005).
ah ma quindi l'avevi pubblicato il tuo pensiero! Lo leggo solo ora. A me il film aveva sempre attratto da quando vidi il trailer in tv su coming soon nel lontano 2006.
RispondiElimina"in fin dei conti per un’ora e mezza non succede niente di particolarmente sconvolgente"
povera Michaela. :D
Non badare a quello che c'è scritto, erano altri tempi cinematografici per me.
RispondiElimina