mercoledì 24 maggio 2017

Un padre, una figlia

Devo dire che Bacalaureat (2016) mi ha annoiato abbastanza, e di questa noia Mungiu non è poi nemmeno così responsabile, è un discorso più ampio, oltre che strettamente soggettivo e pertanto chiedo scusa se scriverò in modo superficiale del film in sé, che si fonda su quei processi di sensibilizzazione verso l’arte affinati da centinaia di visioni, è, in particolare, la cogente necessità di poter assistere ad opere in grado ogni volta di alzare l’ipotetica asticella del disorientamento, che detta così sembrerebbe uno slogan da quattro soldi, ma, non so voi, io preferisco perdermi guardando il cinema (anche in me stesso) piuttosto che procedere con il navigatore satellitare perché poi succede che tu un film che non hai mai visto, in realtà lo hai già visto, sai tutto ancora prima dei crediti iniziali, conosci la struttura che costituirà la storia, predici con un basso margine di errore i possibili snodi narrativi, ipotizzi con ampia sicurezza le dinamiche sottotestuali che infarciscono la pellicola, sentenzi il fatto che comunque ci sarà un finale risolutore, negativo o positivo che sia poco importa, e tutto ciò non è granché appagante, non è questo, per il sottoscritto, “andare” al cinema poiché preferisco di gran lunga che sia il cinema ad “andare” in me, siamo noi la vera sala di proiezione in cui si manifesta il Film, e potrei anche andare avanti con altre mirabolanti similitudini ma il concetto penso sia stato recepito: Un padre, una figlia è il solito cerchio disegnato col compasso, noi di forme però non ne vogliamo più.

Quindi Mungiu è esente da colpe, e forse proprio qui giunge ad un equilibrio globale che nei due titoli precedenti 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni (2007) e Oltre le colline (2012) sbilanciati da gratuite intensificazioni drammatiche non era registrabile. La perfetta orchestrazione sceneggiaturiale dà vita ad un impianto drammaturgico che cova i bollenti argomenti che più premono al regista, c’è un bel ventaglio di tematiche servite su un vassoio dorato che ha le sembianze di un sasso che infrange una finestra, ecco allora le grandi questioni etico-morali sui sogni (irrealizzati) dei genitori che si riversano sui figli, sulla condotta che un padre dovrebbe o non dovrebbe tenere durante un passaggio esistenziale della propria figlia, e poi, per ispessire la portata semantica, le questioni dei singoli vengono fatte copulare con quelle della collettività in un procedimento ripreso da molti – se non tutti – i registi della (ormai poco) new wave rumena, perché comunque siamo sempre in Romania e la Storia di sicuro non si può cancellare, in più ‘sta volta Mungiu va anche oltre il Paese di appartenenza illustrando meccanismi che ci ricordano, se mai ce ne fosse bisogno, come funzionano le cose in Italia e si presume in altri Paese del mondo, compiendo dunque un gesto che sfiora l’universalità e che mi sento di definire nuovo rispetto ai precedenti dell’autore nato a Iași. Eppure devo ritornare alla Noia, eh sì, non ne sono sfuggito nemmeno al cospetto delle innegabili qualità di cui Bacalaureat dispone, ho sentito e sento tuttora la noia sommergermi mentre il Dottore cercava di districarsi nel suo labirinto socio-personale, ed è sempre la noia a farmi tirare via svogliatamente queste righe che si sfibrano parola dopo parola, e prima di puntare il timone verso altre isole mi ricordo che tanto tempo fa avevo visto un film di nome Occident (2002), chissà se lì mi ero annoiato, mi pare di no...

4 commenti:

  1. Mi e' sembrato un film troppo 'costruito', troppo artificiale, non nella storia, ma nel modo di raccontare, fatto senz'altro con buone intenzioni e passione, ma il risultato chissa' perche' sembra di avere poca anima. Opinione completamente soggettiva...

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  2. Condivido. Infatti ti invito a visionare Sieranevada, un film così simile nelle tematiche ma dotato di un opposto e vincente approccio

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  3. Volentieri, ho visto la recensione ;) guardando i film come Bacalaureat mi meraviglio sempre della quantita' di premi che ricevono...

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  4. Festival, premi, red carpet, giurie... Più passano gli anni e più mi sembra che il cinema non abbia niente a che fare con queste cose :)

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