Non fatevi ingannare dal titolo: Jesus Franco, o chi per esso, non c’entra niente.
È solo la distribuzione italiana che al tempo (1970) pensò di piazzare questo titolo allusivo che non ha nulla a che fare con quello originale (Valerie and her Week of Wonders).
Il regista, Jaromil Jires (1935-2001), è stato un esponente della novávlna (nuova onda) cecoslovacca. Così Roberto Silvestri descrive Jires in un articolo apparso su Il manifesto (LINK):
[…] ed era il più misterioso e melanconico fra quei cantastorie acidi, creatori di film che non si possono raccontare, né imprigionare e svilire con una sintetica battuta, perché erano fatti di ritmo, di sogno e armonia.
Mi piacerebbe molto parlare della trama, ma, ahimè, è un’impresa ardua, parecchio ardua.
C’è una bambina di nome Valerie (Jaroslava Schallerová) che affronta il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Intorno a lei si muovono personaggi fiabeschi: la nonna/strega, che ricorda quella di Biancaneve, il padre/mostro, ma anche il fratello Orlik. Ebbene, tutti incrementano l’atmosfera da favola surreale al pari delle sontuose scenografie che forse restano la cosa migliore del film.
Quello che accade non è affatto semplice da spiegare.
Jires, credo volutamente, struttura il film come un sogno: il tempo lineare non esiste, la realtà si appallottola su se stessa sconfinando nella fantasia più sfrenata.
Anche lo spazio filmico viene violentato, non ci sono limitazioni. Orlik, nascosto tra gli arbusti, dirà al padre furibondo in cerca della figlia che Valerie è nella torre del campanile, mentre è lì accovacciata con lui, ma subito dopo ecco apparire la bambina nella torre.
Mancano molti passaggi logici per cui ad una causa dovrebbe corrispondere un effetto, le cose accadono senza un motivo plausibile: molti personaggi muoiono, eppure subito dopo li vediamo nuovamente in vita, senza sapere il perché.
Tutti questi “buchi” sono (in parte) compensati dalla messa in scena che è davvero notevole.
Il top sono le segrete della casa che sembrano partorite dalla mente di Tim Burton con tutte quelle ragnatele ed antri oscuri. Non mi stupirei, inoltre, se venissi a sapere che Gilliam conosce Jires perché l’utilizzo di alcuni elementi da parte di quest’ultimo (vedi la scelta di mischiare realtà e fantasia riuscendo a dosare le loro caratteristiche senza snaturarle) mi ha ricordato parecchio il regista americano, e a tal proposito si può pensare ad un collegamento tra Fantasie di una tredicenne e Tideland (2005).
C’è un però.
La versione da me visionata dura un’ora e tredici minuti. In molti siti ho letto che il minutaggio in teoria sarebbe superiore; ci sono alte probabilità che abbia visto un’edizione censurata. Per questo, Jires si è guadagnato un’altra possibilità poiché come ha sottolineato Silvestri in lui ho trovato ritmo, sogno e armonia.
E questo è bene.
È solo la distribuzione italiana che al tempo (1970) pensò di piazzare questo titolo allusivo che non ha nulla a che fare con quello originale (Valerie and her Week of Wonders).
Il regista, Jaromil Jires (1935-2001), è stato un esponente della novávlna (nuova onda) cecoslovacca. Così Roberto Silvestri descrive Jires in un articolo apparso su Il manifesto (LINK):
[…] ed era il più misterioso e melanconico fra quei cantastorie acidi, creatori di film che non si possono raccontare, né imprigionare e svilire con una sintetica battuta, perché erano fatti di ritmo, di sogno e armonia.
Mi piacerebbe molto parlare della trama, ma, ahimè, è un’impresa ardua, parecchio ardua.
C’è una bambina di nome Valerie (Jaroslava Schallerová) che affronta il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Intorno a lei si muovono personaggi fiabeschi: la nonna/strega, che ricorda quella di Biancaneve, il padre/mostro, ma anche il fratello Orlik. Ebbene, tutti incrementano l’atmosfera da favola surreale al pari delle sontuose scenografie che forse restano la cosa migliore del film.
Quello che accade non è affatto semplice da spiegare.
Jires, credo volutamente, struttura il film come un sogno: il tempo lineare non esiste, la realtà si appallottola su se stessa sconfinando nella fantasia più sfrenata.
Anche lo spazio filmico viene violentato, non ci sono limitazioni. Orlik, nascosto tra gli arbusti, dirà al padre furibondo in cerca della figlia che Valerie è nella torre del campanile, mentre è lì accovacciata con lui, ma subito dopo ecco apparire la bambina nella torre.
Mancano molti passaggi logici per cui ad una causa dovrebbe corrispondere un effetto, le cose accadono senza un motivo plausibile: molti personaggi muoiono, eppure subito dopo li vediamo nuovamente in vita, senza sapere il perché.
Tutti questi “buchi” sono (in parte) compensati dalla messa in scena che è davvero notevole.
Il top sono le segrete della casa che sembrano partorite dalla mente di Tim Burton con tutte quelle ragnatele ed antri oscuri. Non mi stupirei, inoltre, se venissi a sapere che Gilliam conosce Jires perché l’utilizzo di alcuni elementi da parte di quest’ultimo (vedi la scelta di mischiare realtà e fantasia riuscendo a dosare le loro caratteristiche senza snaturarle) mi ha ricordato parecchio il regista americano, e a tal proposito si può pensare ad un collegamento tra Fantasie di una tredicenne e Tideland (2005).
C’è un però.
La versione da me visionata dura un’ora e tredici minuti. In molti siti ho letto che il minutaggio in teoria sarebbe superiore; ci sono alte probabilità che abbia visto un’edizione censurata. Per questo, Jires si è guadagnato un’altra possibilità poiché come ha sottolineato Silvestri in lui ho trovato ritmo, sogno e armonia.
E questo è bene.
ciao, complimenti per il tuo blog. Mi sapresti indicare dei film che hanno per protagonisti dei bambini con poteri paranormali oppure con una elevata capacità intuitiva e creativa. Grazie.
RispondiEliminaCarrie - Lo sguardo di Satana (Carrie) quello del 1976.
EliminaFenomeni paranormali incontrollabili (Firestarter) del 1984
Uhm uhm così su due piedi mi viene in mente il già citato Tideland. Di altro non saprei, se mi ricordo di qualche film con quello che cerchi te lo scrivo qui ;)
RispondiEliminaShining, ovviamente.
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