Prendete Miami Vice (2006) di Michael Mann, sostituite le luminose coste della Florida con il golfo di Napoli, cambiate Colin Farrell con Fabio Testi e Gong Li con Ivana Monti, aggiungete un po’ di sangue ed una dose massiccia di violenza, levate un bel po’ di sceneggiatura. Ed infine inserite Fulci: il piatto è pronto per essere servito (più o meno).
Luca il contrabbandiere è un film irripetibile fin dal titolo. Vi immaginate un titolo del genere nei botteghini di oggi? Io no. E vi immaginate un noir così violento nel 2008 in Italia? A dire il vero è difficile immaginarsi solo che un noir di questi tempi, a meno che non si tratti di fiction televisiva…
Comunque questa invasione di Fulci nel poliziottesco è piuttosto apprezzabile, anche perché il regista si portò appresso due dei suoi storici collaboratori: alla fotografia Sergio Salvati (L’aldilà, 1981), alle musiche, adatte alla situazione, Fabio Frizzi. E insieme a loro la sua classe visionaria che ogni tanto durante il film fa capolino mandando in sollucchero l’amante del cinema bis.
Se il paragone col film di Mann è ovviamente impossibile, per i tempi diversi, e soprattutto per i denari a disposizione, Luca il contrabbandiere non si occupa certamente della camorra come ha fatto Andolfi con La croce dalle sette pietre (1987), trashone costellato da personaggi tipo Totonno il Cafone, anzi l’immagine che ne esce è abbastanza credibile, o almeno lo è per gli stereotipi che abbiamo dei mafiosi: donne, c’è anche Ajita Wilson (La principessa nuda, 1976), retate e droga. Interessante come “la roba” crei un cambiamento epocale all’interno dei traffici camorristi che fino a quel momento avevano trattato solo sigarette di contrabbando, e l’avvento di essa porta anche un bel po’ di soldini in più che fanno gola a molti, soprattutto al misterioso Marsigliese e la sua gang che vuole fare piazza pulita per avere il monopolio sul territorio. Divertente come in una riunione di contrabbandieri opposti al Marsigliese, Testi ed altri discutano sul fatto che la droga faccia male, che rovina le persone, e toglie il lavoro a loro… neanche avessero fatto i minatori per dodici ore al giorno fino a quel momento!
Dicevo di alcune chicche in pieno stile fulciano: impossibile non citare lo stupro di Ivana Monti “trasmesso” in diretta telefonica a Testi. Ma è davvero super la resa dei conti finale, in cui appare anche il regista, e dove spuntano uomini armati da un’edicola o da una cabina telefonica. Rido, ma non escludo che situazioni del genere siano accadute anche nella realtà. Poi sottolineo una tipa sfigurata con la fiamma ossidrica, un delinquente sciolto in una pozza sulfurea, e uno scommettitore di cavalli a cui vengono fatte saltare le cervella.
Fabio Testi mi è risultato un po’ fuori luogo, forse era voluto essendo cresciuto al nord e trasferitosi a Napoli per “affari”, ma sinceramente se fosse criccato non me ne sarebbe potuto fregare di meno. Buona la caratterizzazione dei personaggi secondari: i due poliziotti inermi su tutti, ma anche il boss che guarda i film western.
I difetti sono i soliti riscontrabili nel cinema di genere: dialoghi un po’ buttati lì, ricerca del gusto più che del senso, e sfx datati ma in questo caso accettabili.
Non sarà Miami Vice ma uno sguardo lo merita. Credo in dvd esistano solo versioni straniere, resta la buon vecchia cassetta, oppure l’instancabile muletto. Fate vobis.
Luca il contrabbandiere è un film irripetibile fin dal titolo. Vi immaginate un titolo del genere nei botteghini di oggi? Io no. E vi immaginate un noir così violento nel 2008 in Italia? A dire il vero è difficile immaginarsi solo che un noir di questi tempi, a meno che non si tratti di fiction televisiva…
Comunque questa invasione di Fulci nel poliziottesco è piuttosto apprezzabile, anche perché il regista si portò appresso due dei suoi storici collaboratori: alla fotografia Sergio Salvati (L’aldilà, 1981), alle musiche, adatte alla situazione, Fabio Frizzi. E insieme a loro la sua classe visionaria che ogni tanto durante il film fa capolino mandando in sollucchero l’amante del cinema bis.
Se il paragone col film di Mann è ovviamente impossibile, per i tempi diversi, e soprattutto per i denari a disposizione, Luca il contrabbandiere non si occupa certamente della camorra come ha fatto Andolfi con La croce dalle sette pietre (1987), trashone costellato da personaggi tipo Totonno il Cafone, anzi l’immagine che ne esce è abbastanza credibile, o almeno lo è per gli stereotipi che abbiamo dei mafiosi: donne, c’è anche Ajita Wilson (La principessa nuda, 1976), retate e droga. Interessante come “la roba” crei un cambiamento epocale all’interno dei traffici camorristi che fino a quel momento avevano trattato solo sigarette di contrabbando, e l’avvento di essa porta anche un bel po’ di soldini in più che fanno gola a molti, soprattutto al misterioso Marsigliese e la sua gang che vuole fare piazza pulita per avere il monopolio sul territorio. Divertente come in una riunione di contrabbandieri opposti al Marsigliese, Testi ed altri discutano sul fatto che la droga faccia male, che rovina le persone, e toglie il lavoro a loro… neanche avessero fatto i minatori per dodici ore al giorno fino a quel momento!
Dicevo di alcune chicche in pieno stile fulciano: impossibile non citare lo stupro di Ivana Monti “trasmesso” in diretta telefonica a Testi. Ma è davvero super la resa dei conti finale, in cui appare anche il regista, e dove spuntano uomini armati da un’edicola o da una cabina telefonica. Rido, ma non escludo che situazioni del genere siano accadute anche nella realtà. Poi sottolineo una tipa sfigurata con la fiamma ossidrica, un delinquente sciolto in una pozza sulfurea, e uno scommettitore di cavalli a cui vengono fatte saltare le cervella.
Fabio Testi mi è risultato un po’ fuori luogo, forse era voluto essendo cresciuto al nord e trasferitosi a Napoli per “affari”, ma sinceramente se fosse criccato non me ne sarebbe potuto fregare di meno. Buona la caratterizzazione dei personaggi secondari: i due poliziotti inermi su tutti, ma anche il boss che guarda i film western.
I difetti sono i soliti riscontrabili nel cinema di genere: dialoghi un po’ buttati lì, ricerca del gusto più che del senso, e sfx datati ma in questo caso accettabili.
Non sarà Miami Vice ma uno sguardo lo merita. Credo in dvd esistano solo versioni straniere, resta la buon vecchia cassetta, oppure l’instancabile muletto. Fate vobis.
Prova.
RispondiEliminaLucio, the very best.
RispondiEliminaJacob Freudstein.
Nice nick ;)
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