Riassunto: I giorni passano lentamente al Mc Kittrick. Il peso dei pensieri grava su Uno a cui non resta che la nostalgia del passato.
Ciao bello, visto che non ci aprivi ho capito subito che eri in un periodo di merda, così ti ho mandato una puledra della scuderia di mio fratello. Oh un pezzo pregiato! Fottitela fino alla morte che tanto quella non sa fare altro.
Poi domattina quando passi in portineria mi dai i soldi. Firmato: Scottie, il proprietario.
Da due giorni Uno era rintanato nella sua stanza. Consumava le ore sdraiato sul letto a fissare il soffitto, non sentiva il bisogno di nutrirsi o di espletare le proprie funzioni fisiologiche, a dire il vero non sentiva più il bisogno di nulla, a parte di lei ovviamente.
C’erano due aspetti positivi in tutto questo. Primo: nessuno era più morto per sua mano. Secondo: le sue labbra stavano lontane dal filtro di una sigaretta dalla notte con Andrea.
Per il resto la sua vita stava andando a puttane.
Forse fu per il disperato bisogno di sentirsi ancora vivo, o almeno a credere di esserlo, che decise di aprire la porta della sua camera dopo gli innumerevoli tentativi del proprietario e del nanetto. Quando schiuse si accorse che di fronte non aveva né uno né l’altro.
“Cazzo.” Disse.
Un secondo dopo una misteriosa moretta completamente nuda lo spingeva sul letto zompandogli addosso.
“F-forse c’è un errore…” L’ultima “e” si tramutò in un gemito soffocato dalle labbra della donna che abilmente si districava tra le coperte e i vestiti di Uno.
Quando furono carne contro carne lei si accorse che qualcosa non andava, allora col suo sguardo felino graffiò: “Beh?”
Uno poteva percepire il fuoco umido che bruciava sopra di lui, quell’odore lo riportò indietro di molti anni, forse secoli, poi riavvolse il nastro dei ricordi e ritornò al presente.
“S-scusa…non è giornata…”
“Ma che è sei frocio mica?”
Improvvisamente il viso della donna cominciò a sfuocarsi, le sue forme si fecero inconsistenti, di lei non rimase che una sagoma nera, informe e opaca, solo in quel momento Uno capì: “Sei un’ombra.”
“Cosa?”
Un secondo dopo la punta di una forbice era divenuta l’escrescenza innaturale della sua tempia. Ebbe il tempo di voltare gli occhi ed emettere un rantolo, poi cadde svuotata tra le coperte che lentamente si stavano imbevendo del sangue che le fluiva dalla fronte.
Uno rimase sdraiato ancora con il pugno a mezz’aria nel gesto di infilare la punta metallica. Ci vollero alcuni secondi prima che realizzasse quello che aveva fatto: era tornato ad uccidere, e per un istante si era sentito infinitamente vivo. Poi scese dal letto e ancora nudo fece un grande sacco della donna misteriosa con le lenzuola, lo mise nella vasca da bagno e si fermò a pensare. Innanzi tutto chi era quella donna? Forse aveva sbagliato stanza, o forse l’aveva mandata Dio per ricordargli che un cacciatore di ombre rimane tale per sempre... Questa ipotesi gli piacque molto, e guardando il sangue che ancora le zampillava dalla testa si ringalluzzì tutto e decise che si sarebbe fatto una grossa dormita per occuparsi del cadavere solo il mattino seguente. Ma uscendo dal bagno vide che un pezzetto di carta era comparso sotto la porta. La calligrafia sghemba diceva:
Per il resto la sua vita stava andando a puttane.
Forse fu per il disperato bisogno di sentirsi ancora vivo, o almeno a credere di esserlo, che decise di aprire la porta della sua camera dopo gli innumerevoli tentativi del proprietario e del nanetto. Quando schiuse si accorse che di fronte non aveva né uno né l’altro.
“Cazzo.” Disse.
Un secondo dopo una misteriosa moretta completamente nuda lo spingeva sul letto zompandogli addosso.
“F-forse c’è un errore…” L’ultima “e” si tramutò in un gemito soffocato dalle labbra della donna che abilmente si districava tra le coperte e i vestiti di Uno.
Quando furono carne contro carne lei si accorse che qualcosa non andava, allora col suo sguardo felino graffiò: “Beh?”
Uno poteva percepire il fuoco umido che bruciava sopra di lui, quell’odore lo riportò indietro di molti anni, forse secoli, poi riavvolse il nastro dei ricordi e ritornò al presente.
“S-scusa…non è giornata…”
“Ma che è sei frocio mica?”
Improvvisamente il viso della donna cominciò a sfuocarsi, le sue forme si fecero inconsistenti, di lei non rimase che una sagoma nera, informe e opaca, solo in quel momento Uno capì: “Sei un’ombra.”
“Cosa?”
Un secondo dopo la punta di una forbice era divenuta l’escrescenza innaturale della sua tempia. Ebbe il tempo di voltare gli occhi ed emettere un rantolo, poi cadde svuotata tra le coperte che lentamente si stavano imbevendo del sangue che le fluiva dalla fronte.
Uno rimase sdraiato ancora con il pugno a mezz’aria nel gesto di infilare la punta metallica. Ci vollero alcuni secondi prima che realizzasse quello che aveva fatto: era tornato ad uccidere, e per un istante si era sentito infinitamente vivo. Poi scese dal letto e ancora nudo fece un grande sacco della donna misteriosa con le lenzuola, lo mise nella vasca da bagno e si fermò a pensare. Innanzi tutto chi era quella donna? Forse aveva sbagliato stanza, o forse l’aveva mandata Dio per ricordargli che un cacciatore di ombre rimane tale per sempre... Questa ipotesi gli piacque molto, e guardando il sangue che ancora le zampillava dalla testa si ringalluzzì tutto e decise che si sarebbe fatto una grossa dormita per occuparsi del cadavere solo il mattino seguente. Ma uscendo dal bagno vide che un pezzetto di carta era comparso sotto la porta. La calligrafia sghemba diceva:
Ciao bello, visto che non ci aprivi ho capito subito che eri in un periodo di merda, così ti ho mandato una puledra della scuderia di mio fratello. Oh un pezzo pregiato! Fottitela fino alla morte che tanto quella non sa fare altro.
Poi domattina quando passi in portineria mi dai i soldi. Firmato: Scottie, il proprietario.
Uno accartocciò il foglietto tra le mani, il suo sonno doveva attendere.
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