Il limite di tutti i gialli italiani fin qui commentati è quello di scorrere su binari precisi, proponendo uno schema simile senza particolari guizzi. Beninteso, ci sono momenti all’interno di queste pellicole che sono memorabili, in particolare quelle di Fulci, ma il meccanismo che le sorregge è in linea di massima troppo prevedibile e scontato, quindi portatore di noia nello spettatore.
Giornata nera per l’ariete (che non c’entra con Alex l’ariete , 2000) non sfugge al solito canovaccio, e dunque si ha: un assassino, una serie di omicidi, un giornalista (Franco Nero) che segue il caso, una buona quantità di gnocca (Silvia Monti) e qualche bottiglia di J&B.
Scoprire chi è l’assassino vi assicuro che non è cosa difficile, magari ci si meraviglia un po’ per il movente che è relativamente spiazzante ma al contempo ingarbugliato e un po’ troppo forzato. Si decanta la cura formale di Bazzoni, ma a mio avviso il regista si comporta meglio sotto questo aspetto nel successivo Le orme (1975) in cui riproporrà alcune scene in controluce qui appena accennate; resta comunque bella la fotografia di Vittorio Storaro condita dalle musiche di Morricone. Da ricordare l’incipit che potrebbe tranquillamente essere quello di un qualunque episodio di Saw, e la sequenza finale con il killer che vuole uccidere il bambino.
Tutto quello che sta in mezzo non è particolarmente esaltante e finisce per infilarsi in quei binari citati all'inizio.
Giornata nera per l’ariete (che non c’entra con Alex l’ariete , 2000) non sfugge al solito canovaccio, e dunque si ha: un assassino, una serie di omicidi, un giornalista (Franco Nero) che segue il caso, una buona quantità di gnocca (Silvia Monti) e qualche bottiglia di J&B.
Scoprire chi è l’assassino vi assicuro che non è cosa difficile, magari ci si meraviglia un po’ per il movente che è relativamente spiazzante ma al contempo ingarbugliato e un po’ troppo forzato. Si decanta la cura formale di Bazzoni, ma a mio avviso il regista si comporta meglio sotto questo aspetto nel successivo Le orme (1975) in cui riproporrà alcune scene in controluce qui appena accennate; resta comunque bella la fotografia di Vittorio Storaro condita dalle musiche di Morricone. Da ricordare l’incipit che potrebbe tranquillamente essere quello di un qualunque episodio di Saw, e la sequenza finale con il killer che vuole uccidere il bambino.
Tutto quello che sta in mezzo non è particolarmente esaltante e finisce per infilarsi in quei binari citati all'inizio.
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