giovedì 5 luglio 2018

La sangre iluminada

Al film di Iván Ávila Dueñas, regista messicano per cui potrebbe valer la pena un approfondimento e che per caso incrociai tempo fa con La leche y el agua (2006) dove vestiva i panni di produttore, va riconosciuta una propria cifra distintiva nella quale si assiepano strati di un mistero non facilmente sondabile; il fascino penso stia proprio qui, poiché il non dare coordinate precise rende La sangre iluminada (2007) un’opera aperta che invita ad una partecipazione attiva lo spettatore. Sarà forse ovvio ribadirlo ma se la pellicola ci fosse stata proposta con modalità più ortodosse qualsivoglia forma di magnetismo sarebbe svanito nel nulla. Constatata la libertà interpretativa, va subito sottolineato che Ávila Dueñas nonostante si giochi sufficientemente bene le sue carte (e già dal plot perché quando il cortocircuito vita-morte scende in campo le antenne si drizzano sempre), non riesce a distanziare del tutto La sangre iluminada da alcuni aspetti che limitano gran parte del cinema di matrice narrativa. Potrebbe anche essere una mia percezione soggettiva, tuttavia il film sotto esame non riesce a trasbordare in territori di alta sensorialità (si vedano i lavori del connazionale Reygadas come modello), né si toccano i lidi di un’auspicata contemplazione, al contrario il regista galleggia in una zona ibrida non completamente emancipata dai vincoli imprigionanti del racconto.

La diretta conseguenza è che alla bella idea del sangue come liquido conduttore di anime in altri corpi, corrisponde una realizzazione caotica e un filo pasticciata. Se prendiamo i raccordi tra i vari personaggi ci troviamo di fronte ad accorgimenti estetici che sembrano derivare da esemplari di cinema non esattamente all’avanguardia (i brevissimi lampi epifanici inseriti nel montaggio sanno di thriller soprannaturale hollywoodiano), e se ci soffermiamo sui personaggi stessi l’impressione è che il filo conduttore sia pericolante o, nel caso dell’impiegato, ad un passo dalla caduta (è l’episodio più scollato che le mie facoltà mentali non hanno compreso appieno). Il soffermarsi sul desiderio, sulla necessità di comprendere gli ingranaggi della storia, è un discorso che si riallaccia alle ultime righe del paragrafo soprastante, infatti è in situazioni del genere che un film non riuscendo a compiere il salto verso uno step affrancato dalle costrizioni scritturiali induce il fruitore a ricercare un senso verso le suddette, e, come spesso accade, la caccia non si rivela soddisfacente. Quando però sembrava che La sangre iluminada non potesse più esprimere l’intuibile potenziale tematico, ecco che Ávila Dueñas con l’introduzione di Isaías, l’ultimo anello della catena sanguinea, giunge ad una chiusura del cerchio, sicché una discreta parte del disordine precedente trova una possibile collocazione. Nel corpo di Isaías, appunto. E pur non scacciando mai l’impressione che il regista abbia perso le redini nella parte centrale del film, l’intensità umana di questo capolinea multi-esistenziale mitiga affettuosamente le imperfezioni di cui sopra. Il pianto conclusivo è pura escatologia.

Grazie al forum di AW per la segnalazione e per i sub.

4 commenti:

  1. Grazie per la ottima recensione, condivido moltissimo ciò che hai scritto riguardo il racconto, definendolo un film "ibrido", perché difatti si mantiene in una linea di confine tra una narrazione conforme alla norma (in parte) ed una più eterica e semantica. Aggiungo che dal mio punto di vista la regia non è quel granché, si mantiene negli standard, ma la sceneggiatura è molto curata e pensata. Avanza come se si trattasse di una sorta di giallo, dove lo spettatore fatica a comprendere ciò che avviene, ed è arricchita da piccoli dettagli, che, una volta fattoci caso rendono più chiaro il messaggio del film. Uno di questi ad esempio è il fatto che lo scambio avvenga sempre in prossimità di un incrocio, spesso stradale. Purtroppo È passato del tempo da quando l'ho visto, ed alcune cose, come questi già citati dettagli, stento a ricordarle, ma a conti fatti ne ho un ricordo positivo, e penso che nel futuro questo regista potrà regalarci un film qualitativamente ancora migliore di questo.

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  2. Grazie a te per il garbato commento. Non dobbiamo dimenticarci di una cosa a mio avviso, quel "non granché" che riferisci alla regia e che io stesso ho percepito, si deve raffrontare al fatto che questo film è datato 2007 e quindi è stato ipoteticamente girato 11-12 anni fa, sembra una sciocchezza ma in termini cinematografici è un abisso e da lì ad oggi ne è passata di acqua sotto i ponti della tecnologia. Voglio dire in sostanza che alucni prodotti non definibili come "vecchi" lo sembrano al nostro occhio continuamente bombardato da immagini sempre nuove e scintillanti (basta aprire un videoclip a caso di Youtube per restare a bocca aperta: https://www.youtube.com/watch?v=rnY-5PTxr1E). Sostengo ciò per sottolineare quanto il comparto estetico sia soggetto a variabili che dipendono anche da questioni extrafilmiche, come il tempo che passa. Sul versante della sceneggiatura mi rimangono dei dubbi, ma non sono molto attendibile perché pure io, nonostante ne parli solo ora, ho visto La sangre iluminada un sacco di mesi fa, più o meno nell'estate del 2016, e dire che non mi ricordo niente è dire poco :)

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  3. Visto il tempo trascorso dalla visione direi che sarà difficile per entrambi avere un quadro completo e preciso del film, specie nelle piccolezze che spesso sfuggono all'occhio dello spettatore. Ad ogni qual modo, ti devo dar ragione sotto questo aspetto, con l'evolversi delle tecnologie anche le tecniche mutano, e alla luce di ciò, facendo inoltre mente locale rievocando scene e inquadrature della pellicola, forse un gradino in più di quel "granché" la regia lo merita. Riguardo al video di YT che hai messo come esempio, beh direi che in senso tecnico è ottimo, basta mettere in muto la musica :)

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  4. Ahah, nell'area pop Lykke Li si è ritagliata una certa posizione, capisco però che se si ascolta altro possono venire le bolle.

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