lunedì 16 luglio 2018

Sangue Frio

Scambiare il Golgota per un luogo anonimo schiaffeggiato dal vento su cui si staglia una vecchia ciminiera e sostituire Gesù Cristo con uno spaventapasseri appeso ad una piccola croce, è da qui che il portoghese, ma francese di nascita, Patrick Mendes inizia il suo lavoro breve Sangue Frio (2009), una parentesi al di là del sogno girata in quel Super 8 che altera la percezione, sembra quasi di trovarci di fronte ad un reperto archeologico scovato nella cantina di un collezionista, invece è l’opera piccola e informe di uno dei tanti giovani di talento che battono bandiera lusitana. Tredici minuti di vita e il tempo di assistere ad un evento che oscilla tra l’alchimia ed il miracolo: c’è una trasfusione e c’è l’accendersi di un soffio esistenziale, una possibile Maria Maddalena che si dà ad un possibile Cristo, che si dissangua fino a restare esanime. Nel silenzio tra i due personaggi le raffiche d’aria flagellano il prato mentre il rumore meccanico della pompetta che aspira ed espira cadenza lo straniamento visivo. Come spesso accade, in un manufatto filmico che effettivamente non contiene pressoché niente, in questo niente si deposita comunque un precipitato che ci farà ricordare Sangue Frio per sempre, e di cosa sia costituito tale precipitato non saprei proprio dire, scrivere non riuscirà mai ad appaiare Vedere.

Regia di Patrick Mendes dunque, una volta anche attore di Miguel Gomes in Tabu (2012), fotografia di Paulo Abreu, un altro director/cinematographer che da anni si occupa di cinema e che sulla carta mi è sempre sembrato molto interessante, e produzione di O Som e a Fúria, la casa che ha finanziato la maggior parte dei film di qualità provenienti dal Portogallo negli ultimi dieci anni, Sangue Frio nonostante non sia un oggetto altisonante, ha dietro una professionalità non da poco, il che si ripercuote anche davanti visto che con una presumibile povertà di mezzi a disposizione Mendes e i suoi collaboratori hanno ricreato un Calvario che incuriosisce l’occhio e che accende un minimo il cervello, sulla rivelazione conclusiva, infatti, si potrebbe provare anche a discutere un po’.

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