Scambiare il Golgota per un luogo anonimo schiaffeggiato dal vento su cui si staglia una
vecchia ciminiera e sostituire Gesù Cristo con uno spaventapasseri
appeso ad una piccola croce, è da qui che il portoghese, ma francese
di nascita, Patrick Mendes inizia il suo lavoro breve Sangue
Frio (2009), una parentesi al di là del sogno girata in quel
Super 8 che altera la percezione, sembra quasi di trovarci di fronte
ad un reperto archeologico scovato nella cantina di un collezionista,
invece è l’opera piccola e informe di uno dei tanti giovani di
talento che battono bandiera lusitana. Tredici minuti di vita e il
tempo di assistere ad un evento che oscilla tra l’alchimia ed il
miracolo: c’è una trasfusione e c’è l’accendersi di un soffio
esistenziale, una possibile Maria Maddalena che si dà ad un
possibile Cristo, che si dissangua fino a restare esanime. Nel
silenzio tra i due personaggi le raffiche d’aria flagellano il
prato mentre il rumore meccanico della pompetta che aspira ed espira
cadenza lo straniamento visivo. Come spesso accade, in un manufatto
filmico che effettivamente non contiene pressoché niente, in questo
niente si deposita comunque un precipitato che ci farà ricordare
Sangue Frio per sempre, e di cosa sia costituito tale
precipitato non saprei proprio dire, scrivere non riuscirà mai ad
appaiare Vedere.
Regia di Patrick Mendes
dunque, una volta anche attore di Miguel Gomes in Tabu (2012),
fotografia di Paulo Abreu, un altro director/cinematographer
che da anni si occupa di cinema e che sulla carta mi è sempre
sembrato molto interessante, e produzione di O Som e a Fúria, la
casa che ha finanziato la maggior parte dei film di qualità
provenienti dal Portogallo negli ultimi dieci anni, Sangue Frio
nonostante non sia un oggetto altisonante, ha dietro una
professionalità non da poco, il che si ripercuote anche davanti
visto che con una presumibile povertà di mezzi a disposizione Mendes
e i suoi collaboratori hanno ricreato un Calvario che incuriosisce
l’occhio e che accende un minimo il cervello, sulla rivelazione
conclusiva, infatti, si potrebbe provare anche a discutere un po’.
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