mercoledì 13 giugno 2018

Dopo di noi

In una valigia ereditata dai nonni trovai un biglietto ingiallito che diceva: “ti amo perché sei come una farfalla, inconsapevole della sua bellezza”. Mia madre pensava che: quella non è la scrittura né di mio papà né di mia mamma. E poi una valigia? A che serviva se non hanno mai viaggiato in vita loro? Però che bella che era! Un pezzo d’antiquariato in pelle marrone chiaro, sotto il palmo della mano potevi sentire gli intarsi accennati del cuoio, una grossa cinghia la schiudeva per mostrare gli eleganti interni scozzesi, una lunga tasca orizzontale tagliava a metà il coperchio interno proprio dove avevo ritrovato il bigliettino. Poi ho conosciuto una ragazza, sono partito, lontano, quando sono tornato alcuni operai stavano svuotando la casa dei miei genitori: quanto tempo era passato? Abbastanza da dimenticare la valigia. Diventai padre. Ascoltai questo brano con mia figlia che dormiva addosso a me, una polpetta di carne e ossa, il respiro, la protezione, un guscio, la necessità di esserci. Con la mia compagna finì poco dopo. Andai a vivere in affitto, ci dividemmo equamente l’essere genitori, il calendario decideva quando ero padre e quando un puttaniere alcolizzato. Lo specchio, invece, segnava lo scorrere degli anni su un volto che non era più quello stampato sul passaporto. Diventai nonno. Una domenica venni invitato a cena da mio genero e mi presentai con una bella valigia di pelle sotto il braccio. E quella da dove spunta pa’? Baciai sia lei che la piccola sulla fronte e. C’è una valigia con dentro un biglietto che attraversa il tempo e. E questo è quanto. 

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