mercoledì 14 giugno 2017

Prima di noi

Ho conosciuto Mark nel 2011 con Get Lost, si era appena trasferito a Portland e viveva in una topaia insieme ad una tipa che sembrava la groupie di qualche rock band degli anni ’70, non mi aveva detto molto della sua vita precedente a Cleveland, a parte che suo papà tremava, tremava sempre, ed ogni sera lui gli chiedeva se stava bene, se aveva freddo, se voleva coricarsi, ma il padre non rispondeva, chinava la testa sul tavolo e taceva scosso dai tremiti, ed io a queste parole ero rimasto in silenzio, perso in altri pensieri, con la fronte appoggiata al freddo vetro della finestra mentre in strada un barbone spingeva la propria casa-carrello. Non so cosa abbia fatto Mark negli ultimi sei anni, probabilmente avrà suonato in qualche festival semideserto e alla fine di ogni concerto si sarà fatto parecchie canne in compagnia di gente sconosciuta a cui però avrà voluto subito bene, o forse avrà pensato di farsi una famiglia con quella tipa sciamannata, oppure […], chissà!, certo, quando pochi giorni fa l’ho rivisto avrei potuto chiederglielo ma l’unica cosa che sono riuscito a dirgli è che anche mio padre, adesso, trema tutte le sere e io non riesco a fare nulla per impedirlo. Ha annuito con quel viso ossuto che si ritrova, poi ha preso la chitarra per suonare un pezzo. È stato bello, è stato emozionante, come in una poderosa regressione visiva l’immagine di noi due seduti sul divano sgualcito è diventata un puntino così come il palazzo in cui ci trovavamo, al pari dell’Oregon, dell’America e della Terra, nell’estatica sospensione del vuoto c’era solo la ricchezza dei suoni che lievitano, la malia degli accordi che si intrecciano, l’ipnosi delle melodie che ritornano, e i nostri papà, due dèi che muovevano l’intero universo.

Poi, giusto un paio di ore fa, Mark mi invia su WhatsApp questo video.
 
Mark McGuire – Ideas of Beginnings

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