Coppia + amico si dà
all’on the road direzione Siviglia. Non ritorneranno in tre.
Si allontanino
immediatamente gli infaticabili cercatori di Visioni, Sevilla
(2012) non merita il vostro sguardo data l’evidente pochezza di cui
è costituito. La tabula rasa di questo corto olandese fa da
pista di decollo verso l’assenza di un senso protesico, finito di
essere non abbiamo ricevuto niente, al di là del banale senso
immediato, quello che soggiace alle dinamiche narrative, c’è
l’indescrivibiltà del nulla, tanto vale allora rimanere
nella barricata di La Palice e dire che: Sevilla procede
strutturalmente fondendo episodi di un passato con l’attualità
del presente, il dialogo tra le due dimensioni è rimarcato da
accorgimenti stravisti (lei adesso ha i capelli corti e sempre
adesso l’atmosfera è plumbea) che non riescono a
rendere la porzione del trascorso nemmeno uno sbiadito album dei
ricordi. Quello che doveva essere il rappresentante di
un’elaborazione luttuosa non può che infossarsi in una
scialba sagoma di cinemino perché, di base, non utilizza i
codici necessari per incidere l’intimità della perdita
definitiva, troppo istantaneo l’apparato di questo film per poter
avere una vita fuori dalla sua piccola cornice.
Si poteva supporre che
fossimo dinanzi ad un’opera prima, ed uno spirito un
po’giovanilistico in qualche modo era capace di rafforzare
l’ipotesi, ma andando a leggere il curriculum di Bram Schouw si
evince di come Sevilla sia soltanto un tassello di una
carriera cominciata già nel 2005. Se in sette anni Schouw è
arrivato qua, in una zona di ordinario p(i)attume, allora è
meglio agitare il palmo della mano e fare ciaociao Bram.
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