lunedì 7 marzo 2016

White God - Sinfonia per Hagen

Presentato a Cannes ’14, così come nel 2010 era successo per Tender Son, Fehér isten è un film a cui dico un sentito no grazie. Tale risposta alla domanda di Kornél Mundruczó penso e spero che possa essere l’unica fornibile da coloro che asseriscono di essere appassionati di cinema. Perché qui c’è un moralismo imperante che pesa come un ciclopico macigno sull’annessa fruizione, a tratti davvero insopportabile per l’ostinata ricerca di quel pietismo che approderà agevolmente soltanto nell’animo dei più superficiali. Strutturalmente White God si serve di una prima mezz’ora da manualetto sceneggiaturiale: la ragazzina ha problemi col padre, il padre si arrabbia e compie l’azione più stupida, il cane comincia a gironzolare come un Vagabondo (la padroncina si chiama Lili… !), scappa dagli accalappiacani e stringe amicizia con una cagnetta. Se non fosse un film potrebbe tranquillamente essere un cartone animato disneyano. Gettate le basi, che inaugurano una tendenza dal mio punto di vista oltremodo urticante, ossia quella di antropomorfizzare l’animale, Mundruczó imbrunisce i toni e mette sul piatto la vera posta in gioco: ricordarci chi è realmente la bestia attraverso un’escalation di efferatezze ai danni del povero Hagen. Ma questo è un fatto assodato! Pur ammettendo che il discorso di Mundruczó possa andare oltre il primo impatto (il maltrattamento dei cani), e che, come forse suggerisce il titolo con la presenza di un dio bianco, il racconto sia metaforico poiché avrebbe le potenzialità per contemplare un pensiero sul colonialismo occidentale del passato e i correlati pericoli odierni sottoforma di atti terroristici che usano pretesti religiosi per ritorcersi su una mancata integrazione/accettazione, con questi tempi e con questi modi Mundruczó scade nella morale imbonitrice, che bisogno c’era?, il manicheismo con sottotitoli per vedenti non può produrre altro che indifferenza nel cuore di chi sa Pensare.

L’ultima mezz’ora dove si testimonia l’invasione romeriana dei cani per le vie della città è il classico piombo che trascina il film sul fondale. Va bene Kornél, stacchiamoci totalmente dalla presa reale, accettiamo il raid canino, ma l’esibizione della vendetta ai danni degli uomini cattivi non eleva di certo l’opera. Ribadendo la poco convincente traslazione semantica verso la politica, il disegno permane affossato dalla penuria espositiva: non ritengo che funzioni affatto il monito che starebbe lì a ricordare di come le cattive azioni in un futuro potrebbero rivalersi contro, soprattutto perché veicolato da un inattendibile attacco cinofilo. È che proprio non c’è solidità nei presupposti di Mundruczó il quale inanella una serie di angherie giustappunto in funzione della reazione vendicativa da parte delle vittime. Manca l’alito vivificatore in grado di trascendere la meccanica costruzione di un film soggiogato dalla tesi di fondo che il regista ungherese ha voluto inculcare dentro. Se dovessi dire, White God è un film morto, un’opera che verrebbe ad insegnarci con docenti impreparati una lezione arcinota.

A questo punto la carriera di Mundruczó si fa inintelligibile, pur ignorando i suoi lavori più giovanili, da Pleasant Days (2002) non c’è mai stato un segno di forte continuità, sì forse vi sono qua e là dei piccoli fili conduttori nel campo tematico, ma sicuramente non sufficienti per poter parlare di un’autorialità riconoscibile. Di ciò che ha partorito è Delta (2008) il solo film che merita un ricordo duraturo, ovviamente in Italia è arrivato White God che, al contrario, è il titolo peggiore, è significativo comunque, l’accessibilità, la bassa retorica artistica, continuano ad essere per i canali distributivi italici il lasciapassare all’interno dei circuiti di smistamento cinematografici. Per cui: no grazie, abbiamo di meglio da vedere.

3 commenti:

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  2. D'accordo. Questo il peggiore insieme al precedente, Pleasant Days (2002) direi il migliore insieme a Delta!

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  3. Visto che casualmente qua sotto c'è una cosa come Pude ver un puma, io dico: guardate Pude ver un puma! (o Pigs), e sarà lampante la differenza tra un'opera reazionaria e una che, seppur girata da uno studente, è molto di più e molto oltre.

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