In Rete c’è una sorta di plebiscito nei confronti di Beasts of the Southern Wild (2012), opera prima già (accl)amatissima che può vantare due prestigiosi riconoscimenti come la vittoria del Sundance e della Camera d’Or a Cannes. In effetti il regista classe ’82 Benh Zeitlin, nella cui biografia pare ci sia pure una capatina in Europa alla corte di Re Švankmajer (ma non eccitatevi, qui non vi sono tracce di una possibile influenza artistica), ha dei meriti che vanno riconosciuti: il concepimento e la conseguente realizzazione denotano una verve apprezzabile che si ben riassume nell’incipit pirotecnico, cinque minuti in cui vengono dettate le linee guida dell’intera opera: capiamo che sarà un racconto Hushpuppy-centrico e quindi votato ad un’ottica infantile, che tale racconto si occuperà di una comunità di paria male in arnese, che la realtà rappresentata sebbene continuamente trasportata in territori immaginifici è comunque venata da scampoli di crudo realismo (infatti ci sarà una diga all’orizzonte, un elicottero, un camice da ospedale), e che questo realismo contestualizza senza affermarla a chiare lettere la geografia del set: siamo in Louisiana, luogo in cui l’uragano Katrina fece il maggior numero di danni.
Zeitlin dà un taglio a metà strada fra il maledettismo di provincia di Clark/Araki/Korine e il “favolismo” trasognante di Spike Jonze, in più fornisce una precisa impronta tecnica con molta camera a mano dalla quale si sprigiona una costante iper-dinamicità che scuote la pellicola dal principio; tutto è molto accogliente: Hushpuppy è una tenace bambolina di marzapane, gli altri componenti del villaggio sono macchiette a cui non si può chiedere niente di più (ho però grosse riserve nei confronti del padre e del suo slang da campetto di basket in cemento, ma magari in Louisiana parlano davvero così e quindi taccio), la presenza parallela di mostruosi animali cinghialeschi che galoppano sulle praterie forniscono quel quid pluris che farà parlare del film come di una storia in cui la fantasia si materializza davanti ai nostri occhi, la questione della malattia paterna un necessario e brusco risveglio dal mondo incantato in cui eravamo precipitati. Eppure, a parte l’inoppugnabile marzapanità di Hushpuppy interpretata dalla novenne Quvenzhané Wallis, non c’è un solo aspetto fra quelli sopraccitati che abbia pienamente convinto il sottoscritto, soprattutto l’intenzione parabolica di innestare ed enfatizzare un dramma umano all’interno del tessuto narrativo e di dargli un peso fondamentale una volta sfrondate le altre divertenti amenità, è per chi scrive un’operazione che denota la non-libertà del progetto (la “libertà”, invece, è una delle qualità decantate in Rete), una mossa abusata che tenta di far leva sui sentimenti del pubblico docile, il che manifesta a mio avviso di come la natura del film sia indie soltanto nell’involucro mentre viceversa il nucleo sia alfabetizzato per abbracciare il più vasto numero di spettatori possibile. Per carità, nulla da rimproverare a Zeitlin, la sua creatura sarà guardata da tanti e questi tanti la esalteranno, voi al contrario state in campana.
io l'ho adorato
RispondiEliminae tu sei un cattivone
viva hushpuppy!
XD
a me è piaciuto davvero tanto... presto una recensione su I Cineuforici
EliminaMa sì, grazioso è grazioso, ci sono bellezze.
RispondiEliminaAnche difetti, a mio modo di vedere.
ora mi hai incuriosito ancora di più per vederlo, è lì in rampa di lancio e sta guadagnando posti...
RispondiEliminaDavvero acuta la tua recensione.
RispondiEliminaC’è da stare in guardia, è vero.
Un film dove le ingenuità sono molte, ovvio, e le scene che dimostrano un certo compiacimento, quasi altrettante.
Verissima la mancanza di libertà, ma da un punto di vista completamente diverso dal tuo, ossia, positivo.
Chi parla di libertà in questo film, penso ne abbia compreso poco.
Temo sia un film incompreso da molti, il più premiato del 2012, infatti.
Eppure quella mancanza di libertà, quel determinismo che fa sì che Hushpuppy si trovi in un divenire continuo, che la fa più piccola e più grande come gradiente di potenza, è per me la bellezza esaltante di questo film.
E allora quando vedo queste rappresentazioni di “modi” presi nei loro divenire gradienti di potenza, io mi faccio un bell’incontro e dei presunt(uos)i agganci ambientalistici e simbolici me ne frego allegramente.
Buon fine anno, Jean Claude.
"Temo sia un film incompreso da molti, il più premiato del 2012, infatti."
RispondiEliminaHo riso.
Il mio problema è che ciò che allegramente te ne fa fregare dei sottotesti e dei rimandi ecc. l'ho avvertito anche io e lo sottoscrivo, il turbine cinetico della storia è bello che impetuoso e la bimba è adorabilmente tenace, ma, semplicemente, sono aspetti che non mi sono bastati. Non so se sia un discorso di attese generate dalla fama disattese dalla visione, resta il fatto che cercavo qualcosa di più sostanzioso.
Comunque preciso che l'ho visto con i sub inglesi, mi sarà sicuramente sfuggita qualche sfumatura.
E buon fine anno anche a te.
EliminaIn sala dal 7 febbraio. Ci farebbe piacere avere le vostre recensioni! http://www.facebook.com/RedellaTerraSelvaggia
RispondiEliminaUfficio stampa Web
Inter Nos
Qualcuno mi spieghi quale sarebbe questo "re".
RispondiEliminaahahah! me lo sono chiesta anche io. forse i simpatici traduttori italiani non hanno capito che Hushpuppy è una bambina..
RispondiEliminacomunque per dire la mia sul film, a me non è piaciuto e uno dei vari motivi è che è intollerabile sentir pronunciare frasi assurde, filosofiche e se vogliamo retoriche (perchè il film è un bel po' paraculo, diciamolo) da un bambino.
Elisa
Avrà molto successo anche qui da noi, lo pronostico.
RispondiEliminagran bella lucidata di sberle le hai dato a questa hushpuppy altrochè.
RispondiEliminalo sapevo che qui avrei trovato le consonanze giuste per inquadrare l'operetta indie/in minore che era piaciuta tanto a obama.
vista en passant tanto per stare in compagnia,condizionata nella scelta del film ,come sempre accade quelle poche volte che non "viaggio" da sola, ho virato sul prodotto confezionato ed edulcorato con aggiunta di coloranti e spezie per salivazioni dopate.
si mantiene a galla per la melodia un pò squinternata e certe trovate wild/favolistiche tutto sommato piacevoli.
forse hai fatto meglio tu a vederlo in lingua perchè uno slang nigger in italiano suona più grottesco delle scene stesse.e porta distacco nella visione.
Sarei curioso di sentire come è stato doppiato il padre. Già in originale l'ho trovato pressoché intollerabile, l'eventuale doppiaggio mi impaurisce, temo il peggio per le mie povere orecchie. Comunque che vuoi farci, le trasferte in sala col gregge non sono mai particolarmente produttive, anche se 'sta volta poteva andarti molto peggio (vedasi le fauci spalancate del Principe abusivo di turno).
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