giovedì 24 febbraio 2011

La bouche de Jean-Pierre

Madre depressa ingolla tot pillole davanti alla figlioletta Mimi e viene ricoverata in ospedale. Gli zii decidono di prendersi cura della marmocchia, ma la bimba sembra attirare le attenzioni dello zio Jean-Pierre.

Lucile Hadžihalilović è un nome che vi dirà poco o nulla, e perciò sarà necessario che qualcosa ve la dica io: la Hadžihalilović è la moglie di Gaspar Noé; non solo, è anche sua collaboratrice praticamente da sempre avendogli prodotto quel gioiellino che è I Stand Alone (1998) e aiutandolo in fase di scrittura per alcuni dei suoi film tra cui il recente Enter the Void (2009).

La bouche de Jean-Pierre (1996) risale cronologicamente alle origini della produzione di queste due brillanti menti cinematografiche, ma si avverte già il tentativo di avvolgere un tema scabroso in un vestito autorialmente cucito.
Il film dura 50 minuti scarsi nei quali non ci allontaniamo praticamente mai dagli ambienti casalinghi. Ciò che è esterno filtra soltanto dalla tv (quale condanna per chi uccide un bambino?), dai giornali (la Turchia chiede di entrare nella comunità europea), dai vicini (la petizione contro l’inquilino arabo). L’atmosfera tesa in cui girovaga un certo malessere fa da contenitore al mondo-Mimi, una bambina senza cameretta che ha visto in diretta il quasi suicidio della madre.

La regista pecca nel voler “imboccare” lo spettatore per renderlo conscio del fatto che Jean-Pierre è attratto dalla nipotina. I piccoli segnali di forzatura come lo zio che guarda un film porno o la sua entrata accidentale in bagno mentre Mimi fa la doccia, sono piccoli indirizzamenti di una sceneggiatura che nel voler osare troppo diventa pressoché scontata. E allora si capisce che quando zio e nipote rimarranno da soli in casa qualcosa dovrà accadere. Ma sviata la potenziale morbosità che per fortuna non si concretizza, è interessante notare quali sono le conseguenze dovute alle avance di Jean-Pierre unite a una negazione della libertà (“non toccare le bambole”, “non stringere amicizie coi vicini”), e per Mimi tali conseguenze risultano devastanti.

Superate più o meno le pruriginose trappole da cinema di genere (reminiscenze de L’immoralità, 1978), la pellicola mantiene un trend da cinema d’autore grazie a scelte stilistiche di pregio come l’insistere in dettaglio sulle bocche che diventano l’ipocentro della storia - prima: le pillole passano da lì, durante: il bacio negato, dopo: altre pillole passano di nuovo da lì – la quale pur sottendendo margini di predizione è presentata con una discreta qualità di fondo.

Locandina da applausi.

5 commenti:

  1. "ingolla", "mimi", "ospedale", "zii", ....."zio"
    e (hai ragione!) la locandina. ecco, cosi arrivo a volerlo vedere.
    capisci che roba?

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  2. grande :)
    alla fine (e, come dimenticarlo?, grazie a te) sono riuscito a vederlo e, ti dirò, m'è garbato parecchio. certo, è molto grezzo, però- nell'insieme- interessante.
    vedendo questo, poi, si capisce da dove abbia avuto origine Innocence.

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  3. E figurati te lo dovevo per Fun Bar Karaoke ;)
    Ad ogni modo mi sa che Innocence me lo rivedrò perché fu una delle prime visioni quando misi internet in casa (2006 mi pare) ed ero gasato marcio dopo Seul contre tous, ma all'epoca non avevo ancora la spocchia di scrivere sul cinema.

    Mod capisco che roba sì, sono gli stessi motivi per cui ho deciso di vederlo io!

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  4. capisco pienamente il gasamento post-Seul contre tous e aggiungo che bisogna assolutamente che ne scrivi (magari in coppia con Innocence: il diavolo e l'acqua santa), come ho in mente di fare io.

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  5. Di Innocence mi prendo l'impegno volentieri anche perché non me lo ricordo quasi per niente! Su Noé invece non me la sento attualmente, troppe cose da vedere e troppe cose su cui ragionare. Lascio l'onere a te e ai tuoi chirurgici sforzi ermeneutici :)

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