giovedì 26 agosto 2010

Seven Invisible Men

Tre uomini e una donna fuggono dalla città per inoltrarsi nella brulla campagna. Qualcosa cambia quando il leader del gruppo si stacca da loro per recarsi in uno sperduto casolare dove sembra aver lasciato dei discorsi in sospeso con una donna. Alla sera anche i suoi compagni lo raggiungeranno.

Non sono solo sette gli uomini invisibili. Nella filmografia di Bartas ogni uomo da lui ritratto è un fantasma, un ologramma la cui massima preoccupazione è quella di fumare e/o di bere. Esseri-non-esseri fuori dalla società, oltre questo mondo, e lontani, lontanissimi da un qualunque dio.
Da Three Days (1991) in avanti l’autore lituano ha insistito sempre sugli stessi temi con i medesimi mezzi risultando spesso e volentieri estremamente pesante. Noto però di come da Freedom (2000, il suo lavoro migliore insieme a questo) in poi abbia ridotto la produzione che prima viaggiava ad un film ogni 2/3 anni. Ne giova il risultato complessivo perché Seven Invisibile Men supera di slancio le indecifrabili opere comprese fra il ’94 e il ’97, riuscendo ad essere perfino (PERFINO!) coinvolgente in alcuni passaggi.

I trademarks bartassiani vengono rispettati più o meno tutti: c’è l’assenza di spiegazioni per cui non sapremo esattamente perché il gruppetto è ricercato dalla polizia, come non è ben specificato il rapporto tra la donna e il capo, si intende che c’è stato un legame o che dovrà esserci con quelle fedi ma niente di più. Anche delle persone nella vecchia casa non si sa nulla, poco si apprende dalla bella ragazza mora che pare abbia avuto vicino il protagonista nel passato. Ma di tutti gli altri? Niente, sono entità scollate dal film. Sembrano far parte di esso per caso, e la loro presenza è giustificata dalle elucubrazioni dello spettatore che li struttura nella sua immaginazione, attivando così un processo di partecipazione al film differente da come solitamente si intende "partecipare".
Sul versante tecnico si ripetono nuovamente le medesime condizioni con parentesi musicali latitanti sostituite dall’imperscrutabile brusio in sottofondo tipico di Bartas. Le riprese poi poggiano sempre su uno zenit fatto di primi piani ultraterreni in cui gli occhi degli attori si offrono tristi e sconsolati, bilanciate da un nadir costituito da campi lunghissimi nei quali gli elementi naturali come il sole, il vento, o gli stessi prati giallastri calpestati da pigre mucche conferiscono un senso di malinconia non tanto inferiore a quella impressa nei volti umani.

Il momento di aggregazione, altro segno inconfondibile non solo del lituano ma un po’ di tutti gli autori est europei, giunge dopo un’ora di proiezione e si protrae fino alla fine del film. Questa volta non è il solito goffo ballo stile The Corridor (1994), piuttosto un simposio sulle macerie della vita che questi poveretti continuano a macinare. Il segmento dura circa cinquanta minuti in cui si alternano gli altri ambienti della casa dove alcuni personaggi vagano ubriachi. Ed è decisamente un gran bel vedere. Vuoi per la deliziosa fotografia ambrata, vuoi per il “ritmo” sostenuto con cui la mdp rimbalza da un personaggio all’altro del tavolo che canta, delira, parla di fede, di donne, piange, impreca. E il bello è che non c’è un filo conduttore, molti di questi uomini non si vedranno quasi per niente prima del banchetto.
Sorprende anche e soprattutto per l’accumulo inaspettato dell’attesa, d’una leggera suspense che non profetizza nulla di buono. La preghiera della donna anziana è il punto di non ritorno, chiede aiuto alle alte sfere ma da lassù non paiono particolarmente interessati a quel mucchio di piccoli uomini, per cui possono anche morire nel bruciante finale. Un finale rapido, inaspettato e con qualche limite di comprensibilità. Ma trattandosi di Bartas ce lo facciamo ampiamente andar bene, e poi che segmento centrale, da applausi!

14 commenti:

  1. ehi il tuo blog non si visualizza più bene...che è successo?

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  2. Io lo vedo come sempre :/, che problemi hai?

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  3. Ah sì è vero, con Explorer non si visualizza bene... boh! Bel casino, non so assolutamente come uscirne, anzi se qualcuno lo sa lo si faccia avanti:)
    Con Firefox invece è tutto normalissimo, misteri di internet...

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  4. ora tutto ok...non si visualizzava bene né con safari né con explorer...pensavo fosse un attacco di critici cinematografici...

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  5. Guardando i film di Bartas mi sono reso conto, soprattutto con questo Seven Invisible Men, di alcuni elementi in comune con il cinema Western. Fin dal suo film d’esordio, Tofolaria, Bartas ha sempre avuto una certa attrazione per un mondo parallelo a quello che noi consideriamo civilizzato. E’ sempre andato alla ricerca della frontiera, del selvaggio, dei popoli che la vivono e dalla loro cultura così lontana dalla sua. Lui stesso si definisce una sorta di indigeno (come lo è il suo cinema), un alieno costretto a vivere in un mondo che non gli appartiene. Inoltre quasi tutti i suoi film iniziano con un viaggio verso una “terra promessa” e i personaggi che troviamo sono tutti accostabili a quelli classici del cinema western (gli uomini di legge, i fuorilegge, i cowboy e gli indiani). Tu cosa ne pensi?

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  6. dimenticavo...anche il titolo che fa riferimento ad un gruppo di uomini mi ha fatto venire in mente questo collegamento(i magnifici sette, il mucchio selvaggio, i quattro dell'apocalisse...)

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  7. Mmm, accostamento interessante devo dire. Così a caldo direi che proprio no, sono due mondi diversi che non hanno niente da spartirsi. Leggendo però le tue riflessioni devo dire che un po' mi hai convinto. Tuttavia quella tendenza che citi della ricerca della frontiera e dei popoli che la vivono mi sembra per Bartas più una cosa derivante da un certo cinema filo sovietico, siamo sicuri che la cultura di Bartas sia così lontana dalle persone che riprendeva? Te lo chiedo perché davvero non lo so, ma nella mia mente me lo sono sempre immaginato, almeno quello che è stato agli esordi perché poi i suoi soldi li avrà anche fatti e ora probabilmente se ne vivrà in qualche capitale europea, come un personaggio di Koridorius. Cioè, rispetto ad un western mi pare ci sia un coinvolgimento personale e una verità artistica molto più profonda ed autentica, poi qualche elemento in effetti potrebbe combaciare, un plauso a te che ci hai pensato.

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  8. Non so, probabilmente si sente più vicino a quel tipo di cultura che non a quella del mondo civilizzato, non a caso i protagonisti dei suoi film sono sempre degli outsider. E' come se vivesse in un limbo, non è ne un indiano ne un uomo di città, infatti in Koridorius si rinchiude nel palazzo guardando il mondo dalla finestra e in Few of Us, nonostante si trovi nel luogo che sogna, alla fine fugge. Per quanto riguarda l'influenza del cinema sovietico hai qualche titolo in particolare da consigliarmi?

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  9. Così a caldo, in riferimento ad un cinema di reietti e disgraziati sul suolo russo, mi viene in mente il dittico di Artur Aristakisyan, se non hai visto questi due film te li consiglio caldamente, sono punti di non ritorno.

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  10. Esatto, punti di non ritorno...Mesto na zemle è da brividi, Ladoni mi manca ma ho visto che l'hanno pubblicato proprio oggi su cinesuggestion, lo recupero subito. Grazie per la disponibilità e complimenti per il blog, per quanto ne so sei l'unico in Italia ad aver analizzato tutto di Bartas.

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  11. "Analizzato" è un parolone, al tempo ero molto superficiale e sicuramente non ho trattato Bartas come avrebbe meritato. Comunque mancano dei film, Tofolaria che non ho visto, In Memory of the Day Passed By che ho visto e di cui parlerò (molto bello tra l'altro) e l'ultimo Peace to Us in Our Dreams. Inoltre c'è un documentario biografico su di lui che emule non riesce a portarmi.

    Ti ringrazio per i complimenti e rilancio con un'altra opera sulla scorta di quelle citate prima, meno "vera" poiché film di finzione, di scena, di rappresentazione, ma davvero colossale: Hard to Be a God di German.

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  12. Ok, grazie, recupererò anche questo.
    Tornando a Bartas, se il doc che intendi è An army of one lo trovi su you tube, Tofolaria penso sia introvabile, ho visto solo qualche estratto e Peace to us in our dreams l'ho cercato ma ancora niente...

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  13. Sì è quello, grazie!, e io mi intestardivo su emule...

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