martedì 10 agosto 2010

La libertad

Nel fatiscente condominio di Oltre il fondo si spalanca un’altra porta sul cinema d’autore che vi (e mi) farà conoscere un giovane regista argentino praticamente sconosciuto, dalla filmografia contenuta, solo quattro pellicole fino ad oggi, ma in grado di elevarsi dalla medietà nel bene o nel male. Sto parlando di Lisandro Alonso, nativo di Buenos Aires, che esordì nella sezione Un Certain Regard a Cannes 2001 proprio con la La libertad.
L’autore si prospetta molto complicato, di difficile assimilazione; basti pensare che per Liverpool (2008) dichiarò di non essere particolarmente interessato a raccontare storie, ma di voler fare semplicemente un film in cui vi fosse il mare, un porto, la neve. E l’unico luogo in tutta l’Argentina in grado di soddisfare tali criteri era la Terra del Fuoco, e lì Alonso girò il suo film. Ma di questo parleremo più avanti.

La libertad, invece, ha tutt’altra location. L’oretta scarsa di proiezione si consuma nella pampa argentina dove un taglialegna viene seguito nel suo lavoro dal mattino alla sera: taglio degli arbusti, carico e scarico del camion, vendita del materiale, un pensiero ai propri cari, la promessa di ritornare, l’arrivo della notte. Nient’altro.
In bilico e probabilmente anche oltre il confine del documentaristico, Alonso marca stretto il suo protagonista immerso nella natura, lo abbandona soltanto dopo mezz’ora di silenzio per addentrarsi con la camera a spalla fra gli arbusti rinsecchiti dal sole mentre poco dopo vedremo arrivare un camioncino con a bordo il compratore di legname. Poi la mdp torna a concentrarsi sul boscaiolo fino alla fine.
Il titolo dell’opera perimetra in sé la figura retorica dell’ossimoro perché di libertà il protagonista sembra non averne. Da una parte è isolato dal resto della società nella ripetitività del suo lavoro al punto che gli viene ricordato per sicurezza di come si guidi, e dall’altra è spiato anche con grande invadenza (non può nemmeno espletare i propri bisogni in santa pace) dall’occhio di Alonso.

Nel complesso quest’opera prima risulta assai inconcludente per mancanze di peso come, e potrebbe bastare solo questa, quella di non voler raccontare veramente niente.
A meno che voi non siate dei spocchiosi ragazzetti che credono di poter dare giudizi cinematografici qua e là solo perché hanno un blog, lasciate perdere. Restate su quella porta e date al massimo una sbirciata dentro, intanto ci sarà sempre uno di questi ragazzetti che per mera tronfiaggine guarderà La libertad solo per poter dire di averlo visto.
Il Cinema, però, è in altre stanze lontano da questa, almeno per ora.

2 commenti:

  1. critica spietata! Grazie, eviterò! :)

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  2. Ma Los muertos, il film dopo, è già un'altra cosa rispetto a questo.

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