Malin
Erixon è la stessa artista dietro al corto Benjamin’s Flowers (2012)
per cui lodi similari nell’area tecnica si possono spendere anche
per But You Are a Dog (2014),
in sintesi affermiamo che c’è una continuità stilistica tra le
due opere grazie ad un 2D ibrido a cui non so se sono stati applicati
inserti digitali ma che comunque ha una sua profondità fornita da
bislacche trasparenze e fondali acquerellosi. La pasta estetica
dell’opera vira su tonalità sbiadite (sia dentro che fuori il
teatro) ed è proposta all’interno di una cornice sbordata che
invecchia la tela, come se fosse un filmato rinvenuto in una soffitta
dimenticata; la morfologia dei personaggi poi è a dir poco bislacca,
poche essenziali linee disegnano goffi corpi che guardano verso
l’orizzonte di Miró,
uomini (ma con un flaccido seno) che Erixon equipaggia di pensieri
visibili all’interno di baloon
da fumetto, è la trovata più brillante perché caratterizza gli
omini rendendoli facilmente riconoscibili (il logorroico, quello che
vuole un caffè, ecc.).
But
You Are a Dog viene
definito dalla regista “a nontraditional love story” e qui,
ammesso che abbia senso concentrarci sulla polpa di un prodotto che
si esprime fondamentalmente attraverso la forma, si rimane qualche
passo indietro. La suddetta storia riguarderebbe padrone e cane uniti
al punto che il primo non riconosce lo status di animale del secondo,
però diciamo che non vi è un’attenzione particolare verso questo
rapporto, quando i due si siedono in prima fila per assistere allo
spettacolo non accade nulla di rilevante. Anche lo show in sé
(difficile definirlo “show”...), squinternato e assurdo, non ha
evidenti implicazioni sugli astanti (mentre invece gli attori
incontrandosi sul palco asseriscono che qualcosa è cambiato nella
loro vita), una volta usciti dalla sala tutti hanno i medesimi
pensieri di quando erano entrati. Bazzecole. Caruccio
l’accompagnamento musicale firmato da Christofer Ahde.
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