Esempio di cinema intimo,
asciutto al punto giusto, che non alza mai i toni in favore di un
andamento sottotraccia venato però da un’ironia preziosa, che
pizzica il tragicomico nell’inquadrare con pochi (ma sufficienti)
dati il vivere di Clemente, strozzino che di punto in bianco si trova
ad avere grattacapi ben più importanti dei prestiti non restituiti:
una culla con dentro un neonato è un discreto problema,
soprattutto se compare dal nulla sul tavolo di casa.
Il film, che rappresenta
l’esordio dei fratelli Vega Vidal, prima di fornire un ritratto
dell’uomo, parla allo spettatore del Perù, e gli dice con
leggerezza che la situazione non è propriamente rosea perché il
pianeta denaro muove innumerevoli satelliti, tutti poveri cristi ma
soprattutto tutti poveri in canna (gli abiti, le abitazioni, le
automobili: sembra che in Perù siano cinquant’anni indietro
rispetto all’Europa!). E Clemente è parte integrante
dell’ingranaggio monetario, dipendente dai soldi non solo per il
“lavoro” che fa, ma anche perché è grazie ad essi che si
concede l’unico strappo alla regola di un’esistenza austera (le
puntatine al bordello). La pellicola infilza questo sostrato con un
dardo ben acuminato, una variabile propedeutica a tanti piccoli
smottamenti che, come da impostazione, agiscono sotto la superficie e
danno il la a situazioni intriganti che i due registi gestiscono più
che bene.
Il meccanismo che elimina
la solitudine dal vocabolario di Clemente è il muro portante del
film e, almeno per il sottoscritto, anche il meglio realizzato,
questo perché è sempre bello vedere delle persone nei personaggi, e
in Octubre (2010) tutti coloro che calcano la scena (anche le
comparse) fanno armoniosamente parte dell’ecosistema filmico. Non
ci sono stonature quindi, e nello spartito generale spicca
l’interpretazione super misurata di Bruno Odar che conferisce una
burbera bonarietà a Clemente, da qui scattano le varie dinamiche con
le sempre più numerose presenze all’interno dell’appartamento
spartano in un saporito susseguirsi di scenette che hanno proprio
quei tempi e quei modi giusti; summa del ridicolo il compleanno del
protagonista, una di quelle scene che inevitabilmente finiscono sulla
locandina.
Evidentemente esiste una
sottaciuta corrente latina che attraverso un cinema essenziale, privo
di ornamenti superflui, descrive le debolezze dell’anima. Si tratta
di pellicole veramente ridotte all’osso tra cui possiamo citare
Whisky (2004), La influencia (2007), Leap Year (2010) e in parte La mosquitera (2010), modelli di storie accomunate da uno stuolo di
caratteristiche (l’insistenza nel fornire il più possibile una
descrizione dell’uomo immerso nella sua quotidianità; la
meticolosa raffigurazione dell’ambiente casalingo; l’emarginazione
emotiva, sentimentale e personale dei singoli soggetti; le
increspature malinconiche che erigono un ponte empatico con chi
guarda).
Octubre si aggiunge con
discrezione all’elenco, lo fa senza far rumore, senza che ci si
accorga della sua presenza. Quando la semplicità riesce ad arrivare
al cuore delle cose.
lo cerco:)
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