Thrillerone teutonico
diretto nel 2010 da un semi debuttante svizzero, tale Baran bo Odar,
che imposta il suo lavoro in maniera consueta, forse anche troppo:
nel prologo, ambientato nel 1986, ecco la cronaca dell’omicidio di
una bambina, stacco e una scritta ci dice che sono passati ventitre
anni da quel giorno infausto, breve spaccato famigliare di un’altra
ragazzina che odora di possibile vittima, carrellata sui protagonisti
che calcheranno la scena, ritorno sulla biondina in bici, stesso
campo di granoturco, stessa dolorosa fine.
I segni di una forte
influenza a livello di plot da parte del cinema americano sono
evidenti, ai nastri di partenza il film si presenta infatti come
molti altri suoi simili a stelle e strisce, la critica però nel
soppesare la pellicola di Odar lo ha paragonato ad un film che a
prescindere dalla nazionalità yankee è stato qualcosa di
diverso nel panorama dei serial killer movie: Zodiac (2007).
In effetti quanto viene proposto dal giovane regista possiede delle
velleità introspettive che scansano le normali procedure
investigative, e ciò lo si apprende dai profili dei personaggi che
sono “dramma-strutturati”, calibrati nella dimensione filmica ad
avere un polo d’attrazione personale nei confronti dell’omicidio
in esame, si pensi ad una figura in primo piano come il commissario
vedovo e alla sua impossibilità di superare il lutto, o ad un’altra
sullo sfondo come la poliziotta incinta che con la sua presenza segna
una maternità da venire contro una, anzi due, brutalmente annullate.
Questa modellazione dei ruoli risulta però alla lunga marchiata
dall’esasperazione e dalla coercizione sceneggiaturiale, elementi
che ingigantiscono la sfera intima e che obbligano i soggetti ad
interazioni improbabili (il pedofilo latente – si fa per dire –
che va a far visita alla madre dell’assassinata non è di certo una
trovata da applausi); va bene allontanarsi dalle cartelle
dell’indagine e dalle procedure di inchiesta, va un po’ meno bene
però se quest’ultime vengono sostituite da un’esplorazione degli
stati emotivi che, almeno per il sottoscritto, sa molto di
costruzione a tavolino, sia nella caratterizzazione dei singoli che
nell’intreccio globale.
Si può tirare nel mezzo
Fincher solo per lo stesso punto (morto) a cui giunge questa polizia,
ma appaiare i due film è mossa un tantino ardita: qui manca uno
spartito drammatico realmente compatto e soprattutto latitano
le conseguenze della caccia all’assassino, non c’è l’evoluzione
dei personaggi nel rapportarsi con la preda perché la loro natura
preconfezionata glielo impedisce.
Ritornando al discorso
del cinema americano (perché ammettiamolo, Zodiac non sembra nemmeno
battere quella bandiera) si può dire che il taglio europeo di Odar
evita alla pellicola di precipitare nel telefilmico dando quindi
minor risalto alla spettacolarizzazione del crimine. Il regista offre
uno studio di inquadrature particolareggiato, andandoci giù pesante
con gru e bracci meccanici che pongono la lente dell’obiettivo
perpendicolare al suolo (la locandina è lì a ripeterlo), inoltre scandisce il passare dei giorni con
delle panoramiche naturalistiche di discreto impatto. Sia queste che
le riprese dall’alto imprimono un certo grado di suggestione al
film, un respiro più ampio che in un certo qual modo lo nobilita,
anche se l’argomento “suggestione” in ambito thriller ha
toccato recentemente vette ben più alte, è voler fare i pignoli
perché Ceylan è di altra caratura, ma C’era una volta in Anatolia
(2011) sa essere molto più incisivo nel campo della fascinazione.
Comunque, la pulizia sì e no geometrica del tutto non è da
disdegnare, al pari di alcuni giochetti sonori proposti non di rado
lungo lo snocciolamento della trama.
Gli attori d’alto
livello, ma a cui, come visto, non è stata fornita una profondità
convincente, e uno stile perfettibile con però sofisticature degne
di nota, lasciano Das letzte Schweigen in un limbo di non completo
appagamento, il che non ha nulla a che vedere con la mancata
risoluzione del caso da parte degli inquirenti, bensì nella ruggine
dei meccanismi individuali che sfaccettano la vicenda.
È pur sempre un esordio
e Odar sta già preparando la riscossa grazie ad un bel po’ di
dollari: sarà un bene?
Io l'ho apprezzato, ma condivido la tua opinione.
RispondiEliminaL'unica cosa che ho notato (SPOILER) è un piccolo buco..
La donna incinta va in casa del pedofilo, vede i DVD e nota quel packaging particolare che coglie il suo interesse.
Dopo il DVD viene ritrovato nell'auto del complice, con lo stesso packaging, ma lei non si accorge della somiglianza.
Questo è strano..
Caro Edoardo, io di questo film non ricordavo nemmeno l'esistenza, figurati di DVD con stesso o diverso packaging! Ti ringrazio comunque per il commento :)
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