martedì 19 gennaio 2010

Songs from the Second Floor

Strani eventi in una città: macchine imbottigliate in un traffico infernale, un imprenditore che dà fuoco alla sua ditta, funzionari pallidi come cenci, case che si muovono, fantasmi che tornano alla vita, e una bambina sacrificata per il bene della popolazione.

Curiosissima visione, opera per certi tratti apocalittica firmata dallo svedese Roy Andersson che suggerisce attraverso la sua declinazione sarcastica della realtà un percettibile stato di malsana inquietudine. Questo Andersson, per cui penso valga la pena recuperare altri suoi lavori, adotta un metodo registico rigoroso: zero movimenti di macchina, assenza totale di campi e controcampi, uso ridotto ai minimi termini del sonoro. La forma del film si sostanzia così in tanti quadri sequenziali dove la mdp è letteralmente immobile e gli attori si muovono (di)sgraziatamente sulla scena che si espande in profondità fin dove l’obiettivo riesce ad arrivare.
Lo dico: la pellicola è lenta, frammentata. Inevitabilmente poco coinvolgente. Di fatto, però, le riflessioni da essa scaturite mi hanno “preso”, e reso così consapevole di aver visto un film perlomeno intelligente.

L’acuminata ricerca del regista mette a nudo il potere tout court. Da qui si mostra l’impotenza dell’uomo davanti ad eventi fuori dal suo controllo. Nessuno sa perché si sia formata quella coda chilometrica di automobili, come nessuno sa il motivo per cui non ci sia più lavoro. E mentre un pazzo dentro ad un manicomio riflette sul fatto che Gesù sia stato crocifisso perché era buono e gentile, un venditore cerca di rendere la religione un business vendendo croci. Gli uomini del film sono allo sbando, non capiscono il mondo intorno a loro e non riescono a capire sé stessi. Il potere burocratico spera di trovare la soluzione dentro una palla di cristallo, l’etica religiosa (con qualunque significato personale attribuibile) è smarrita. Si profila perciò una paura ancestrale per cui la benevolenza di un qualche dio dovrebbe accettare il sacrificio di una bambina in cambio di rimettere le cose a posto. Magistrale la sequenza in cui un vecchio e pallido bacucco pieno di onorificenze si chiede cosa avrebbero dovuto fare di più per migliorare la situazione, mentre affianco a lui una giovane ragazza non riesce a salire sullo sgabello. L’umanità è in ginocchio.
E poi i fantasmi, di un vecchio debitore, di un ragazzino impiccato che perseguitano il povero Kalle il quale non riesce (non può!) darsi pace per il figlio diventato pazzo perché poeta. Anche l’ultimo briciolo di humanitas è svanito, il mondo si appresta alla fine. Impotente.
La scena conclusiva è folgorante, mi ha lasciato di stucco, cosa che ormai accade sempre più di rado.

Ma è un film ostico, lo ripeto, decisamente non per tutti. Fate un tentativo.

9 commenti:

  1. mi incuriosisce..
    immagino che ovviamente in italia non sia uscito.. esiste perlomeno una versione con sottotitoli in italiano?

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  2. vuoi vedere un film davero divertente? a est di bucarest.delizioso..

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  3. l'avevo notato su asianworld, lì trovate i sottotitoli in italiano.

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  4. Giusto per J.

    A Est di Bucarest? Me lo segno.

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  5. sponsorizzando il mio secondo blog...
    ...voglio semplicemente dirvi di diffondere la notizia, poiché è nato sulla rete un nuovo spazio indipendente che cercherò di rendere interessante il più possibile...

    questa la presentazione:

    "Turn Out The Lights" è un verso di "When The Music's Over" (1967), scritta da Jim Morrison, voce e anima dei Doors [in una live performance nell'immagine di sopra], a cui è appunto tributato questo modesto spazio sul web.

    Nel seguente blog, io, Vision, posterò solo videoclips musicali, a casaccio, senza un ordine ben preciso, intenzioni filosofico-esponenziali o capacità di revisioni misteriose...
    ...quindi, in sostanza, quando non avrò un cazzo da fare, dipingerò i pezzi migliori del mosaico multiforme in cui si impregna uno dei connubi più affascinanti dell'arte moderna: quello tra musica e fotografia.

    ...naturalmente invito tutti i lettori/spettatori a seguire il blog, con commenti sensazionali ed emozionali...

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  6. È uno dei tanti gioiellini che ho scoperto grazie ad asianworld quando ancora utilizzavo unicamente i sottotitoli in italiano e quando qualcuno non aveva ancora presentato una versione scopiazzata e modificata in peggio dei miei sottotitoli di Szulkin (ga-ga).
    Detto questo, avrei un paio di domande:
    1) Sei riuscito a capire il significato della scena del carrello con le valigie?
    2) Sono l'unico ad aver trovato il finale (almeno la prima parte) blasfemamente esilarante?
    3) L'hai visto Cypher?
    4) Assomigli a Guccini?

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  7. Ah ma tu sei una di quelle anime pie che fanno i sottotitoli? Sì, beh avevo visto sul tuo blog che li mettevi a disposizione, ma i miei neuroni che sono connessi ancora col 56k fanno un po' di fatica a volte.

    Le risposte ai tuoi quesiti: no, no, no e no. Nell'ordine:

    1)Cioè, forse. Tieni conto che questo film pur avendo pubblicato il commento pochi giorni fa l'ho visto a Dicembre, quel che ho intuito - oltre ad una profondità scenografica pazzesca - potrebbe essere visto il peso della valigia, una impossibilità nell'abbandonare le proprie ingombranti credenze, tra cui forse anche la religione se intesa come mero business. Ma mi rimetto alla tua analisi ermeneutica.

    2)Pure io pure io! Basta vedere la foto che ho messo in fondo: croci sparse per terra e morti che risorgono (quanto toglie il fiato quella scena). What else?

    3)Ma potrebbe essere una visione futura.

    4)Però vorrei tanto essere come credo sia lui dentro.

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  8. Fa sempre piacere quando il proprio lavoro viene compreso ed apprezzato..!

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