Tre taglialegna ritornano ogni notte nel bosco per beccare alcune bestiacce aliene che anni prima fecero fuori uno di loro. Dopo quindici anni di tentativi riescono finalmente a catturare una di queste creature. Spaventati e indecisi sul da farsi portano il mostro in casa di Wyatt, anche lui un sopravvissuto del rapimento passato. Wyatt sembra sapere molte cose sugli alieni, forse troppe, inizia così una dura battaglia tra la bestia e gli uomini che potrebbe avere ripercussioni sul mondo intero.
Eduardo Sánchez è quel fottutissimo genio che nel ’99 insieme al suo socio Daniel Myrick sconvolse il mondo con il finto documentario The Blair Witch Project regalando al cinema horror una vera e propria pietra miliare. Chi non l’ha visto (male!) deve sapere che la fortuna del film è stata, oltre alle astute operazioni di marketing, quella di non mostrare “l’orrore”: di evitare sangue, sbudellamenti, mutilazioni et simila. Oh bella, direte voi, un horror che non orrorizza? Proprio così, Sánchez con BWP non punta la mdp su ciò che spaventa ma sulle reazioni impaurite dei malcapitati. Negare allo spettatore quella pulsione scopica che racchiude in sé un po’ di (in)sano voyeurismo si rivela spesso e volentieri una mossa azzeccata perché metaforicamente il buio è infinite volte più spaventoso della luce.
In Altered accade l’esatto contrario di BWP. Rispetto al film sulla strega Altered è una pellicola molto più mainstream che spettacolarizza l’oggetto della paura. L’obiettivo è puntato sul mostro, la cui natura aliena non incide minimamente sulla storia: potrebbe essere una creatura venuta dalle viscere della terra che non cambierebbe nulla, l’importante è che sia un mostro, e soprattutto brutto, nonché cattivo. Paradossalmente Altered pur ricoprendo l’arco temporale di una nottata e dunque caratterizzato da sequenze buie, è un film “chiaro” perché allo spettatore non è nascosto niente. Tutto ciò è più confortante del Primo Piano tremolante di una ragazza che dice di aver paura, ma provare qualche brivido sulla schiena vale infinite volte di più della rassicurante ma derivativa dicotomia bene/male proposta da Altered.
Intendiamoci, non che il film sia privo di buone sequenze “de paura”, ma per come vengono delineati i personaggi la sensazione che il bello di turno salverà fidanzata e resto del mondo è più di un’ intuizione. E puntualmente il finale autoavvera il presentimento: Wyatt è l’eroe, ha vinto lui, ma si sapeva già dall’inizio. Basta vedere la caratterizzazione di tutte le altre figure: Cody è lo schizzato del gruppo, Duke il bonaccione, Otis l’insicuro. Wyatt è l’unico che oltre ad avere un bell’aspetto ha anche una figura femminile al suo fianco. Insomma, i presupposti che arrivasse integro fino alla fine del film c’erano tutti fin da subito.
D’altronde le regole sono queste. Andando a memoria l’unico film che sovverte questi assunti è il recente The mist (2007), bell’esempio di come si può reinventare in un genere che propone sovente le medesime situazioni. Che poi possa farlo discretamente bene come Altered è un conto, resta però soltanto del semplice intrattenimento.
Eduardo Sánchez è quel fottutissimo genio che nel ’99 insieme al suo socio Daniel Myrick sconvolse il mondo con il finto documentario The Blair Witch Project regalando al cinema horror una vera e propria pietra miliare. Chi non l’ha visto (male!) deve sapere che la fortuna del film è stata, oltre alle astute operazioni di marketing, quella di non mostrare “l’orrore”: di evitare sangue, sbudellamenti, mutilazioni et simila. Oh bella, direte voi, un horror che non orrorizza? Proprio così, Sánchez con BWP non punta la mdp su ciò che spaventa ma sulle reazioni impaurite dei malcapitati. Negare allo spettatore quella pulsione scopica che racchiude in sé un po’ di (in)sano voyeurismo si rivela spesso e volentieri una mossa azzeccata perché metaforicamente il buio è infinite volte più spaventoso della luce.
In Altered accade l’esatto contrario di BWP. Rispetto al film sulla strega Altered è una pellicola molto più mainstream che spettacolarizza l’oggetto della paura. L’obiettivo è puntato sul mostro, la cui natura aliena non incide minimamente sulla storia: potrebbe essere una creatura venuta dalle viscere della terra che non cambierebbe nulla, l’importante è che sia un mostro, e soprattutto brutto, nonché cattivo. Paradossalmente Altered pur ricoprendo l’arco temporale di una nottata e dunque caratterizzato da sequenze buie, è un film “chiaro” perché allo spettatore non è nascosto niente. Tutto ciò è più confortante del Primo Piano tremolante di una ragazza che dice di aver paura, ma provare qualche brivido sulla schiena vale infinite volte di più della rassicurante ma derivativa dicotomia bene/male proposta da Altered.
Intendiamoci, non che il film sia privo di buone sequenze “de paura”, ma per come vengono delineati i personaggi la sensazione che il bello di turno salverà fidanzata e resto del mondo è più di un’ intuizione. E puntualmente il finale autoavvera il presentimento: Wyatt è l’eroe, ha vinto lui, ma si sapeva già dall’inizio. Basta vedere la caratterizzazione di tutte le altre figure: Cody è lo schizzato del gruppo, Duke il bonaccione, Otis l’insicuro. Wyatt è l’unico che oltre ad avere un bell’aspetto ha anche una figura femminile al suo fianco. Insomma, i presupposti che arrivasse integro fino alla fine del film c’erano tutti fin da subito.
D’altronde le regole sono queste. Andando a memoria l’unico film che sovverte questi assunti è il recente The mist (2007), bell’esempio di come si può reinventare in un genere che propone sovente le medesime situazioni. Che poi possa farlo discretamente bene come Altered è un conto, resta però soltanto del semplice intrattenimento.
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