venerdì 3 agosto 2018

I Used to Be Darker

Putty Hill (2010), con il suo metodo incursivo lontano dalle solite schematizzazioni narrative mi aveva illuso che Matthew Porterfield potesse essere un regista in grado di proporre un cinema diverso, I Used to Be Darker (2013) ha subito cancellato questa speranza. Il film in questione è definibile come un medio prodotto indie imbastito su un racconto assolutamente lineare e privo di guizzi tecnico-tematici, lo spunto di partenza per Porterfield è quello di una giovane ragazza nordirlandese, Taryn, che un bel giorno piomba nella casa degli zii a Baltimora, da qui si mette in scena una piccola vicenda routinaria dove i problemi famigliari assurgono a punto nodale. Il regista pone la nuova arrivata, già in rotta con i propri genitori e con un pesante segreto nella pancia, all’interno di un nucleo consanguineo in via di disgregazione, i genitori della cugina, due cantanti sia nella finzione che nella realtà (sono Kim Taylor e Ned Oldham fratello di Will Oldham visto tempo addietro in Old Joy [2006] di Kelly Reichardt), si stanno separando e la loro figlia non sembra vivere bene la cosa. Taryn, come il più classico degli elementi esterni, incuneandosi in una santabarbara lì lì per esplodere mette ancora più in discussione gli equilibri della famiglia.

Capite? I Used to Be Darker non è altro che sceneggiatura e recitazione, non vi è spazio per lo spettatore che è costretto a starsene buonino nella sua posizione, d’altronde se nel paragrafo soprastante ho banalmente riportato la trama dell’opera senza alcun tentativo di interpretazione il motivo non è tanto da ricercare in un improvviso attacco di pigrizia o in un repentino spegnimento celebrale quanto nel fatto che la trama è il film in sé, da leggere, al di là di quello che viene esposto su pellicola, non vi è altro. Nulla si sottrae alla visione di Porterfield in un luogo virtuale come oif, se ne riconosce la professionalità e il tono “minore” che lo caratterizza e che già lo ha portato per ben tre volte di fila a calpestare il tappeto della Berlinale, però tale tono, almeno quello di I Used to Be Darker, non lo distingue minimamente da tutta la pletora di titoli che annualmente fioriscono al Sundance o in festival affini. Apprezzabili, sì… anche se, non so voi, ma io cercando sempre di puntare alle stelle perché dovrei fermarmi alla troposfera?
Nel cast anche una comparsata di Adèle Exarchopoulos.

2 commenti:

  1. «Un medio prodotto indie imbastito su un racconto assolutamente lineare e privo di guizzi tecnico-tematici»: una lapidaria descrizione che condividio appieno. Ricordo veramente poco di questo film (avendolo quasi totalmente rimosso) se non quale momento musicale a camera fissa che sapeva tanto di "indie", nella sua accezione negativa, s'intende.

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  2. Io l'ho rimosso del tutto in quanto la visione è avvenuta credo due anni fa. Ad ogni modo grazie per il commento.

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