Lui è un tipo strano, ha un cane randagio senza nome ma non possiede un cellulare.
Lei è un’aspirante modella che vuole viaggiare, o fuggire.
In questa micro-produzione brasiliana diretta a 4 mani da due registi che leggendo i loro curriculum collaborano insieme da parecchi anni, tali Beto Brant e Renato Ciasca, si evince immediatamente un aspetto: che Cão Sem Dono (2007) è una pellicola girata nell’ombra, e quindi fin dall’inizio l’assenza di luce getta un monito tenebroso sulla prosecuzione della stessa.
Anche quando Ciro e Marcela cominciano a frequentarsi e tutto pare andare nel verso giusto, l’atmosfera è greve poiché gli autori scelgono di affidarsi dogmaticamente alle luci naturali della casa.
I presentimenti di un imbrunimento della storia vengono confermati con il classico momento del distacco in una pellicola a stampo sentimentale. Alla separazione tra i due dovuta ad una pessima notizia come può essere un linfoma, si aggiungono elementi collaterali di natura non proprio positiva: il lavoro che scarseggia, gli affari che vanno male per i genitori di Ciro, il padre che gli dice di aver fatto uso di cocaina in gioventù.
Il problema che però sta alla base di un film come questo è lo stesso, per esempio, di Everyone Else (2009). Il scivoloso guscio autoriale non permette allo spettatore di poter afferrare il film, il quale se ne sta ben distante da chi guarda. Il risultato è che per circa 80 minuti non si assiste ad altro che non siano ovattati quadretti di una relazione che comprende intimità (quando si delinea la geografia e la geometria del rapporto) carnalità (un paio di scene di sesso) e socialità (la classica visita alla coppia amica adibita alla delineazione dei personaggi), il tutto però che come detto viene filtrato dal tocco registico. Per questo anche quando si apprende del tumore la vicenda non ha un cambio di marcia ma continua a galleggiare in un limbo disempatico, e parimenti la disperazione di Ciro per la lontananza della sua lei si avverte molto lontana.
Il finale è, per una volta, positivo, e ad evidenziarlo ci sono delle riprese finalmente lontane dalla penombra.
Troppa noia per poter piacere.
Lei è un’aspirante modella che vuole viaggiare, o fuggire.
In questa micro-produzione brasiliana diretta a 4 mani da due registi che leggendo i loro curriculum collaborano insieme da parecchi anni, tali Beto Brant e Renato Ciasca, si evince immediatamente un aspetto: che Cão Sem Dono (2007) è una pellicola girata nell’ombra, e quindi fin dall’inizio l’assenza di luce getta un monito tenebroso sulla prosecuzione della stessa.
Anche quando Ciro e Marcela cominciano a frequentarsi e tutto pare andare nel verso giusto, l’atmosfera è greve poiché gli autori scelgono di affidarsi dogmaticamente alle luci naturali della casa.
I presentimenti di un imbrunimento della storia vengono confermati con il classico momento del distacco in una pellicola a stampo sentimentale. Alla separazione tra i due dovuta ad una pessima notizia come può essere un linfoma, si aggiungono elementi collaterali di natura non proprio positiva: il lavoro che scarseggia, gli affari che vanno male per i genitori di Ciro, il padre che gli dice di aver fatto uso di cocaina in gioventù.
Il problema che però sta alla base di un film come questo è lo stesso, per esempio, di Everyone Else (2009). Il scivoloso guscio autoriale non permette allo spettatore di poter afferrare il film, il quale se ne sta ben distante da chi guarda. Il risultato è che per circa 80 minuti non si assiste ad altro che non siano ovattati quadretti di una relazione che comprende intimità (quando si delinea la geografia e la geometria del rapporto) carnalità (un paio di scene di sesso) e socialità (la classica visita alla coppia amica adibita alla delineazione dei personaggi), il tutto però che come detto viene filtrato dal tocco registico. Per questo anche quando si apprende del tumore la vicenda non ha un cambio di marcia ma continua a galleggiare in un limbo disempatico, e parimenti la disperazione di Ciro per la lontananza della sua lei si avverte molto lontana.
Il finale è, per una volta, positivo, e ad evidenziarlo ci sono delle riprese finalmente lontane dalla penombra.
Troppa noia per poter piacere.
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