sabato 25 dicembre 2010

Threads

Bazzicare il genere post-apocalittico per un regista non deve essere proprio una passeggiata perché lo spettatore che si appresta a vedere un film appartenente alla categoria sa con precisione a cosa va incontro: devastazione degli ambienti, sgretolamento di ogni forma d’umanità, imbarbarimento della specie, assenza di speranza. Sulla carta le cose stanno così, poi è evidente che nella concretezza gli elementi sopraccitati possono esserci ma senza riuscire ad avere quell’efficacia in grado di lasciare un segno, e penso immediatamente a The Road (2009).
Gli indizi che prima di vedere Threads (1984) mi portavano a pensare di trovarmi di fronte ad una pellicola patinata e senza mordente, scaturivano soprattutto dal fatto che il film fu prodotto per la BBC, e che quindi essendo pensato per un vasto pubblico fosse un’opera d’ovvia natura, anestetizzata dal contenitore in cui fu trasmessa.
Inoltre a scorrere il curriculum del regista Mick Jackson (lo script è di Barry Hines) c’era da rimanere dubbiosi di fronte a titoli come La guardia del corpo (1992) con Kevin Costner e Vulcano – Los Angeles 1997 (1997), uno di quei film passati quelle centocinquanta volte nel Ciclo Alta Tensione (?) di Italia Uno.
Tuttavia immemore del fatto che in Inghilterra sanno osare eccome con il tubo catodico anche nel recente presente, vedasi Dead Set (2008), ho dovuto smontare in fretta e furia ogni mio pre-giudizio perché Threads è una pietra miliare del genere, un’opera assolutamente imprescindibile.

Lo sfondo Storico è quello della guerra fredda, mentre il palcoscenico della storia è inizialmente suddiviso fra le famiglie di due giovani ragazzi che aspettano un bimbo e tra mille difficoltà cercano di mettere su casa. La duplice narrazione è accompagnata da un costante flusso di informazioni emesso dai giornali e dai notiziari, inoltre Jackson attua un processo di ibridazione che tocca le caratteristiche del documentario attraverso delle scritte esplicative sulla situazione politica internazionale che tanto assomigliano a dei bollettini di guerra. Tutto questo produce un lento ma irreversibile stato tensiogeno ancorato alla vita reale: è come essere a Sheffield e venire informati di ciò che accade in Iran (non sembra che le cose siano cambiate troppo nel 2010) sorseggiando una media al pub all’angolo o stando seduti di fronte alla tv durante il tg. La corrente del racconto nella prima magistrale parte si attua tramite il canale principe, quello della comunicazione globale che ha creato ciò che Guccini definirebbe “un mondo inventato”, e che la metafora della tela del ragno nell’incipit esplicita: se ne cade un pezzetto crolla anche tutto il resto.

Terminata la prima porzione di film che come detto crea mattone dopo mattone un sinistro muro di ansia, ecco che si giunge al fattaccio: un missile ha colpito l’Inghilterra, la guerra nucleare è arrivata. Con ogni probabilità senza molto denaro a disposizione, l’autore fa come il Lopušanskij di Dead Man’s Letters (1986) inserendo immagini di repertorio che danno un effetto fortemente straniante alla vicenda. Una volta esplosa la bomba la pellicola entra nel vivo della sua essenza, ed ecco che subentrano in gioco quelle componenti citate all’inizio, le quali non solo ci sono ma hanno anche il pregio di farsi sentire poiché, a questo punto è il caso di dirlo, Threads è un film che chiude lo stomaco, serra la gola e toglie il respiro.
Pregio assoluto è che lo sguardo di Jackson si fa intelligente, egli riprende degli uomini-non-eroi, essi si riparano dietro a improbabili rifugi come in Quando soffia il vento (1986), non c’è nessun supereroismo hollywoodiano qui: le persone muoiono, muoiono soffrendo con la pelle squamata dalle radiazioni, perdono i propri figli, le proprie madri, i propri animali e i propri amori in un olocausto di cenere e nubi scure.
Ruth, la ragazza incinta, sebbene sia la protagonista, è continuamente vessata da orribili situazioni che la portano a commettere aberranti azioni come barattare il suo corpo per dei topi morti da mangiare o squartare una pecora e sbranarla sul posto.
Per di più l’obiettivo riprende parallelamente un sotterraneo governativo dove anche gli uomini di potere sono messi in ginocchio dalla tragedia, a testimonianza del fatto che gli argomenti e soprattutto le argomentazioni di Jackson e Hines sono dolorosamente eloquenti.

Il film non si ferma al subito prima e al subito dopo ma prosegue con una veduta ad ampio raggio raccontando gli eventi fino ai 13 anni successivi l’attacco nucleare sempre con uno stile caratterizzato da dettagli documentaristici. La morte di Ruth, vissuta con freddezza dalla figlia che cresciuta in quel mondo non sa cosa siano i sentimenti, rafforza il concetto di una visione cinematografica anti-americana dove il primo personaggio può morire senza grande ostentazione ma bensì in due o tre sfuggenti fotogrammi, e la piccola tredicenne sopravvissuta può a sua volta essere messa incinta per un po’ di cibo.
Threads mostra con pudore una realtà eventuale in cui si comprende il potenziale grado di coinvolgimento che noi stessi potremmo avere. È un’opera di orrore estremo che poggia le fondamenta su un’attualità che a 26 anni di distanza non ha smesso di essere tale; la mdp crea un contrasto distruttivo fra ciò che la società È e ciò che potrebbe diventare SE, e lo fa con uno spietato pragmatismo che lascia esterrefatti, minando alle basi tutte le sicurezze della nostra materiale esistenza. L’estetica appare perfino dozzinale in alcuni frangenti, tuttavia di fronte al puro dolore che la pellicola scaturisce ogni componente filmica più o meno riuscita passa in secondo piano, e se cercate nel cinema una visione in grado di farvi emozionare, nel bene o nel male, allora Threads è la scelta da fare.

Quando la giovane figlia partorisce nell’”ospedale” e l’infermiera appoggia la creatura fra le sue braccia, quel grido di terrore che ci viene risparmiato bloccando la pellicola sul frame continua dentro di noi.
Io non so cosa sia la DISPERAZIONE, ma da oggi so dove trovarla.

Passato (sembrerebbe) una sola volta dalla Rai col titolo Ipotesi di sopravvivenza.

23 commenti:

  1. Questo è il regalo che babbo Eraserhead vi porta sotto l'albero. Lo so che a Natale bisogna essere più buoni, ma per una volta lasciate da parte 'ste ipocrisie e beccatevi un tremendo pugno nello stomaco.

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  2. grazie babbino...se vuoi un'altra cosuccia natalizia ti consiglio il documentario che ho appena consigliato a robydick..non so se lo conosci..MIDNIGHT MOVIES..ne ho caricato un estrato sul mio blog..è un documentario sui fenomeno dei film proiettai negli usa a mezzanotte negli anni 70..La notte dei morti viventi.pink flamingos..eraserhead(che dovresti conosdcere) e altri..molto interssante ...e molto natalizio..

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  3. Me lo avevi già consigliato brazzz :)

    (ma io ho la colpa di non averlo ancora visto)

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  4. te lo avevo già consigliato? abbi pazienza..invecchio e dimentico..

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  5. sono uno dei pochi che lo videro per la prima volta a rai2, all'indomani del cinquantenario di hiroshima. da allora, gli devo circa 20 anni di incubi, pavor nocturno e attacchi di panico al sentire infranto il muro del suono. ho avuto il coraggio di rivederlo tre anni fa, dopo averne curato i sottotitoli italiani, e me ne sono pentito.
    spero che qualcuno, seguendo la lezione della cura ludovico o di opera, lo faccia cedere a getto continuo a Kim Jong-un

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  6. Finalmente un utente che rende merito al miglior post-atomico che io abbia mai visto. L'aspetto forse più sconvolgente è che un tempo sulla rete pubblica passavano film così (sì ok, c'è Fuori Orario ma è una cosa un po' a parte). Una visione che annichilisce pur mostrando limiti tecnici, immagino gli incubi: ci sono passato anche io.

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  7. la cosa davvero preoccupante e angosciante è che, analogicamente al film, della questione nordcoreana si parla poco o punto. ganasce riempite e pagine intasate di nano congiuntivitico, sproloquiante grillaccio del malaugurio, piddìnonpiddì, sfumate bianche nere beige, papachepesaepestailpepeapisa, e non un mezzo cenno manco per sbaglio sull'escalation in corso. la gente non ne parla, e se lo fa se la sbriga con la supponenza del "massì, tanto a noi non ci tocca, l'italia non la bombardano, è roba loro, l'atomica è un'arma come le altre [in merito raccomanderei anche il documentario WHITE LIGHT BLACK RAIN - THE DESTRUCTION OF HIROSHIMA AND NAGASAKI, ove gli adolescenti intervistati ignorano cosa sia e comporti un'arma nucleare e tutt'al più la reputano al pari di una convenzionale]". viene alla mente l'epigrafe introduttiva di american psycho "e mentre tutto andava a catafascio / nessuno ci faceva molto caso"
    siamo proprio il reame del cane che abbaia al vicino mentre i ladri svaligiano entrando dal retro. continuo a sperare che qualche hacker dell'etere lo trasmetta 24/7 su tutte le reti nordcoreane.
    tornando al film, è da ritenersi anch'esso ottimistico riguardo il dopo. non credo che un attacco termonucleare incrociato con testate che ormai vanno a teratoni possa lasciar vivo chicchessia.forse il titolo italiano intendeva già allora costituire una domanda retorica.

    a proposito: ottimo blog, massime felicitazioni.

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  8. Eccolo sottotitolato in Italiano! Spargetelo come un virus ;)

    https://www.youtube.com/playlist?list=PLFyvynft_AoqDmTXp0JrsJCry07xiY6ar

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  9. Ad oggi questo film sarebbe proprio il caso di trasmetterlo in mondo visione.
    esiste per caso una versione con doppiaggio in italiano in rete?
    Grazie

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  10. Non ne ho idea ma spero proprio di no!

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  11. Grazie per la scoperta! Ora lo metto nella lista.

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  12. Accidenti, questo ti manca?! Poi mi dirai perché l'esperto del settore sei tu, però pur avendo una certa artigianalità di fondo e pur apparendo oggi un po' datato ha una progressione drammatica micidiale, alla fine ti senti proprio solo.

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  13. Eh si, ma a me tanta roba manca ancora, perche' delle cose piu sperimentali ho visto un po' meno. Ultimamente poi mi son concentrato sulle cose independenti ma che comunque non erano arthouse/sperimentali. Quindi, ho trovato il tuo blog nel momento giusto :) sicuramente lo guardero' a breve.

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  14. e io intanto vado off-topic per ringraziarti a proposito di Gorod Zero che ho visto ieri sera, e pur essendo privo di certi riferimenti culturali (sono un trentenne europeo che dell'URSS sa solo quel poco che si studia a scuola) credo di averne intuito la portata socio-politica che forse è più una bordata, un tiro che qualcosa colpisce, sicuramente la mia attenzione, quindi grazie a te per la dritta.

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  15. Di niente! :) Credo che hai intuito bene l'umore del film... La scena finale con l'albero era un buon riferimento per gli eventi del '91. Anche il lungo monologo del capo della polizia rappresenta bene l'obsoleto e ancora mooolto tipico modo di ragionare. Ma comunque per me e' sempre un valido film anche fuori collegamenti socio-politici :) Ha la sua atmosfera. Forse solo la scena al museo e' un po' troppo lunga, anche se fa bei riferimenti al "riscrivere la storia", cosi attuale in ultimi 20-30 anni. Ma il nuovo Alien lo vai a vedere o no? :)))

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  16. Off-topic anch'io - ma cosa pensi in generale di Carpenter e Dark Star in particolare?

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  17. Ecco infatti, la scena dell'albero non l'ho proprio capita ma il mio sesto senso mi ha suggerito che potesse trattarsi di una specie di metafora o giù di lì. La scena del museo, invece, mi è piaciuta parecchio e ho lasciato che la surrealtà prendesse il sopravvento. Ha la sua atmosfera, esatto.

    Il nuovo Alien a me che non sono né un sci-fi né un horror addicted non è che mi interessi molto, e poi queste riproposizioni a distanza di anni mi sanno più di operazione monetaria che altro, così facendo Alien o chi per esso diventa un brand più che un "film".

    E su Carpenter ahimè ti ribadisco la mia ignoranza in materia e Dark Star non lo conosco, di lui ricordo al massimo Grosso guaio a Chinatown che da ragazzino era uno dei miei film preferiti :)

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  18. Eh si, l'albero (URSS) sembrava potente e vecchio (un impero), e ognuno voleva prendere un po' per se stesso (privatizzazione, separatismo). Ma bastava toccare un po' quel vecchio albero ed e' caduto a pezzi, perche' come ha detto uno di loro "bastava annaffiare" (prendere cura, far crescere l'impero). Quello che sembrava potente e destinato durare per sempre, e' caduto cosi facilmente, perche' era completamente marcio dentro. Una volta che il ramo e' caduto, ognuno che era accanto nel momento giusto ha preso un pezzo per se stesso e nessuno non ha detto niente (tutte le imprese nell'URSS ovviamente erano statali e tanti sono stati privatizzati subito dopo il 91, da qui spesso vengono i famosi nuovi ricchi). Aggiungiamo qui anche le tensioni separatistiche...

    Ecco, io la leggo cosi questa scena, forse un po' esagerato :)

    Ah del Carpenter ho chiesto cosi, perche non avevo mai capito perche e' considerato importante in quei generi e ho pensato che ne sai qualcosa :) lasciamo perdere!

    Su Alien forse hai ragione... anche se a quest'eta' a Scott dovrebbe importare meno questi questioni... lo guardero' a casa con calma :)

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  19. L'albero: interpretazione illuminante e che da "straniero" accolgo con un bel pollice alto, è una scena importante e ora capisco davvero perché.

    Continuando l'OT: http://pensieriframmentati.blogspot.com/2013/08/vanishing-waves.html, potrebbe solleticare il tuo gusto se non lo conosci, un po' confuso e derivativo ma più che vedibile.

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  20. Si! Ne ho sentito parlare ed era nella lista da vedere infatti :)

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  21. Non ricordavo che ne avessi parlato, hai detto tutto e meglio di me. E come dicevi sotto il mio post, non è un film che effettivamente avrebbe senso rivedere, ha un impatto così forte che è bene conservarlo così com'è. Quando ho scoperto chi era il regista anch'io sono rimasto abbastanza basito, avevo visto alcuni dei suoi film e certamente questo suo progetto rimane qualcosa a se' stante, probabilmente è stato merito della BBC, ma soprattutto di Peter Watkins che ha ispirato questo lavoro. Di fatti, se non hai visto The War Game, ti consiglio di farlo.

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  22. Visto The War Game, c'è qui dentro da qualche parte. L'avevo trovato interessante nella sua impostazione però Threads aveva avuto un impatto emotivo più forte su di me. Aveva. Adesso non saprei, di certo non approfondirò.

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