Se guardo indietro mi accorgo che quel poco di inglese che so l’ho imparato in luoghi di apprendimento informale lontano dai banchi di scuola. E senza vergogna ammetto che, almeno per quanto riguarda le parti anatomiche dell’essere umano, una grossa mano me l’hanno data siti di divulgazione culturale come Pornhub o Youjizz. E quindi quando ho letto Good Dick ho subito drizzato le antenne, un po’ per il titolo in sé (oddio, non fraintendetemi) ma soprattutto perché fu presentato al Sundance 2008, ovvero il più grande Festival americano che tratta cinema indipendente dal quale ogni anno escono fuori dei piccoli gioielli.
Sundance + porno? Piatto ricco mi ci ficco.
Ma con relativo dispiacere sono venuto a scoprire che Good Dick di porno o pseudotale non ha assolutamente niente poiché racconta una storia d’amore anticonvenzionale fra il commesso di un videonoleggio (Jason Ritter) e una ragazza introversa (Marianna Palka, regista e sosia di Claudia Pandolfi) che esce solo per affittare film erotici. Lui, d’origini polacche e senza una casa fissa, insiste nel corteggiamento fino a trasferirsi in casa di lei che si dimostra sempre più indisponente nei suoi confronti. La loro relazione non ha intimità. L’unico, flebile, punto di contatto è la passione per il cinema.
Il tutto è velato da sottile ironia.
Insomma, una commedia romantica in piena regola… ma anche no.
Ciò che differenzia Good Dick da una qualunque pellicola con Hugh Grant o chicchessia è che in questo film non avviene una catarsi materiale dei sentimenti. Anche se l’amore trionfa (in sordina), sullo schermo i due protagonisti non consumano carnalmente il loro rapporto: né durante il film dove il massimo livello di avvicinamento è un “schiena contro schiena” nel letto, né alla fine dove non ci è concesso sentire il bisbiglio di lei nell’orecchio di lui. Dunque c’è sì un rilascio di sentimenti, ma che fortunatamente non si traduce nella canonica scena di sesso, pardon d’amore, tipica delle romcom. E questo è bene, per una volta ci si allontana un po’ dal modello Pretty Woman (1990).
La componente “commedia” si limita a strappare qualche sorriso, va bene così, dovuto più che altro a Ritter che come ogni innamorato cronico calpesta la sua dignità più e più volte. La gag più riuscita è quella della scommessa sul pisello del ragazzo (da qui il titolo?) in cui la gestione dei tempi comici è ben indirizzata nei confronti dello spettatore.
Qualcosa che invece non ho apprezzato granché (ma che tutto sommato non inficia più di tanto il valore dell’opera): i quattro colleghi della videoteca sono proprio delle macchiette di sfondo, il loro compito diegetico sarebbe quello di alleggerire la narrazione principale con qualche siparietto, ma non ci riescono perché sono personaggi troppo poco “caricati”, quasi anonimi.
Altra cosa non piaciuta: l’improvviso e frettoloso cambio di atteggiamento della ragazza. Il motivo scatenante del cambiamento sembra essere la finta prozia che le passa affianco mentre prende la posta, troppo poco per giustificare un tale cambio di rotta; serviva un elemento più presente durante lo svolgimento della storia, qualcosa che riproposto alla fine fosse in grado di legittimare la sua rinascita.
E vabbè, credevo fosse un porno invece era una commedia sentimentale, tra l’altro abbastanza gradevole. Ogni tanto ci vuole…
… un porno o una romcom? Ai posteri l’ardua sentenza.
Ma con relativo dispiacere sono venuto a scoprire che Good Dick di porno o pseudotale non ha assolutamente niente poiché racconta una storia d’amore anticonvenzionale fra il commesso di un videonoleggio (Jason Ritter) e una ragazza introversa (Marianna Palka, regista e sosia di Claudia Pandolfi) che esce solo per affittare film erotici. Lui, d’origini polacche e senza una casa fissa, insiste nel corteggiamento fino a trasferirsi in casa di lei che si dimostra sempre più indisponente nei suoi confronti. La loro relazione non ha intimità. L’unico, flebile, punto di contatto è la passione per il cinema.
Il tutto è velato da sottile ironia.
Insomma, una commedia romantica in piena regola… ma anche no.
Ciò che differenzia Good Dick da una qualunque pellicola con Hugh Grant o chicchessia è che in questo film non avviene una catarsi materiale dei sentimenti. Anche se l’amore trionfa (in sordina), sullo schermo i due protagonisti non consumano carnalmente il loro rapporto: né durante il film dove il massimo livello di avvicinamento è un “schiena contro schiena” nel letto, né alla fine dove non ci è concesso sentire il bisbiglio di lei nell’orecchio di lui. Dunque c’è sì un rilascio di sentimenti, ma che fortunatamente non si traduce nella canonica scena di sesso, pardon d’amore, tipica delle romcom. E questo è bene, per una volta ci si allontana un po’ dal modello Pretty Woman (1990).
La componente “commedia” si limita a strappare qualche sorriso, va bene così, dovuto più che altro a Ritter che come ogni innamorato cronico calpesta la sua dignità più e più volte. La gag più riuscita è quella della scommessa sul pisello del ragazzo (da qui il titolo?) in cui la gestione dei tempi comici è ben indirizzata nei confronti dello spettatore.
Qualcosa che invece non ho apprezzato granché (ma che tutto sommato non inficia più di tanto il valore dell’opera): i quattro colleghi della videoteca sono proprio delle macchiette di sfondo, il loro compito diegetico sarebbe quello di alleggerire la narrazione principale con qualche siparietto, ma non ci riescono perché sono personaggi troppo poco “caricati”, quasi anonimi.
Altra cosa non piaciuta: l’improvviso e frettoloso cambio di atteggiamento della ragazza. Il motivo scatenante del cambiamento sembra essere la finta prozia che le passa affianco mentre prende la posta, troppo poco per giustificare un tale cambio di rotta; serviva un elemento più presente durante lo svolgimento della storia, qualcosa che riproposto alla fine fosse in grado di legittimare la sua rinascita.
E vabbè, credevo fosse un porno invece era una commedia sentimentale, tra l’altro abbastanza gradevole. Ogni tanto ci vuole…
… un porno o una romcom? Ai posteri l’ardua sentenza.
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