Immaginiamo di trovarci nel bel mezzo di una passeggiata all’aria aperta, nei pressi di un torrente che scorre in una vallata. Quel luogo ci offre una gran quantità di stimoli sensoriali di diversa natura: le luci, le ombre, i colori, ecc. […]
Nel nostro girovagare entriamo in contatto con questi ed altri elementi, che identifichiamo però solo in modo parziale: se da un lato possiamo riconoscere ogni singolo elemento nella sua consistenza, in quanto si tratta di fenomeni noti alla nostra esperienza, dall’altro questa eterogeneità ci viene incontro come un blocco unico e apparentemente irriducibile. Durante la passeggiata, luci, colori, odori e suoni si combinano in un insieme compatto, un insieme che nell’istante in cui ci investe ha qualcosa di unico e irrepetibile, perché perennemente destinato a cambiare: nelle successive passeggiate, infatti, i singoli fenomeni si combineranno per i nostri sensi in maniera di volta in volta differente.
(Sainati & Gaudiosi, Analizzare i film; 2007)
Questa introduzione che spero non vi abbia scoraggiato nella lettura, mi dà il là per creare una poetica similitudine fra il passeggiare in montagna ed il guardare un film.
Cosiccome in un paesaggio si combinano gli elementi sopraccitati, nell’architettura di un film si ritrovano sempre i medesimi elementi amalgamati tra loro in maniera differente. E così il film diviene un qualcosa di eterogeneo e sfuggente, frammentato e allo stesso tempo compatto, unico e al contempo ripetibile.
Se un film racconta la storia di un amore fra due persone inevitabilmente verranno riproposti alcuni topoi del genere, chessò: l’incontro fra i due innamorati, la cosiddetta scintilla, lo sviluppo della loro relazione, l’evento divisore (tradimento, incidente) e così via.
Capite bene che presentare uno schema come questo senza grandi trovate rischia di far precipitare la pellicola nella banalità totale. Fortunatamente non è il caso de Gli amanti del Circolo Polare che, lo dirò subito, è un grande film.
Il lavoro di Medem è davvero pregevole perché valorizza un soggetto non particolarmente innovativo (due fratellastri che s’innamorano), attraverso una struttura narrativa fatta di continui segmenti che si rincorrono, rendendo così il raccontato più intrigante di quanto lo è sulla carta.
Ciò accade perché vengono mostrati i due angoli di visuale – non sempre convergenti – dei protagonisti. È come ascoltare la stessa storia da due narratori differenti, il punto di vista di uno completa e arricchisce l’altro, oppure in certi casi lo cambia fino a deformarlo. La caduta con lo slittino di Otto e Ana è l’esempio di come la visione soggettiva modifichi il ricordo, e lo spettatore è testimone consapevole di questo ping-pong svelatore.
Ma l’aspetto meglio riuscito del film che ha la capacità di insinuarsi nella mente di chi guarda, sono le continue epifanie che si avvicendano nell’opera. Quei momenti che Joyce definirebbe rivelatori, in cui riemergono, o ritornano, fatti, persone, luoghi ed oggetti appartenenti alla memoria. In questo film le maglie del tempo si allargano cristallizzando attimi che oscillano fra il passato ed il presente. Appare più e più volte una brusca frenata che si manifesterà drammaticamente nel finale, ed ugualmente viene offerto l’inseguimento di un uomo (bambino/soldato) e di una donna (bambina/ragazza). E poi i nomi palindromi (occhio a quello del regista) che rimbalzano dal ricordo alla realtà, dal mito alla verità. Sono tutti elementi, questi, che si incastrano nella mente di un poveretto come me che ha il vizio di scrivere i suoi pensieri dopo un film.
Non so quante passeggiate riuscirò ancora a fare, spero tante, ma il desiderio è quello di incontrare sempre paesaggi così belli, non troppo diversi da altri a dir la verità, eppure in una qualche maniera originali, differenti, come se fossero visti per la prima volta.
Nel nostro girovagare entriamo in contatto con questi ed altri elementi, che identifichiamo però solo in modo parziale: se da un lato possiamo riconoscere ogni singolo elemento nella sua consistenza, in quanto si tratta di fenomeni noti alla nostra esperienza, dall’altro questa eterogeneità ci viene incontro come un blocco unico e apparentemente irriducibile. Durante la passeggiata, luci, colori, odori e suoni si combinano in un insieme compatto, un insieme che nell’istante in cui ci investe ha qualcosa di unico e irrepetibile, perché perennemente destinato a cambiare: nelle successive passeggiate, infatti, i singoli fenomeni si combineranno per i nostri sensi in maniera di volta in volta differente.
(Sainati & Gaudiosi, Analizzare i film; 2007)
Questa introduzione che spero non vi abbia scoraggiato nella lettura, mi dà il là per creare una poetica similitudine fra il passeggiare in montagna ed il guardare un film.
Cosiccome in un paesaggio si combinano gli elementi sopraccitati, nell’architettura di un film si ritrovano sempre i medesimi elementi amalgamati tra loro in maniera differente. E così il film diviene un qualcosa di eterogeneo e sfuggente, frammentato e allo stesso tempo compatto, unico e al contempo ripetibile.
Se un film racconta la storia di un amore fra due persone inevitabilmente verranno riproposti alcuni topoi del genere, chessò: l’incontro fra i due innamorati, la cosiddetta scintilla, lo sviluppo della loro relazione, l’evento divisore (tradimento, incidente) e così via.
Capite bene che presentare uno schema come questo senza grandi trovate rischia di far precipitare la pellicola nella banalità totale. Fortunatamente non è il caso de Gli amanti del Circolo Polare che, lo dirò subito, è un grande film.
Il lavoro di Medem è davvero pregevole perché valorizza un soggetto non particolarmente innovativo (due fratellastri che s’innamorano), attraverso una struttura narrativa fatta di continui segmenti che si rincorrono, rendendo così il raccontato più intrigante di quanto lo è sulla carta.
Ciò accade perché vengono mostrati i due angoli di visuale – non sempre convergenti – dei protagonisti. È come ascoltare la stessa storia da due narratori differenti, il punto di vista di uno completa e arricchisce l’altro, oppure in certi casi lo cambia fino a deformarlo. La caduta con lo slittino di Otto e Ana è l’esempio di come la visione soggettiva modifichi il ricordo, e lo spettatore è testimone consapevole di questo ping-pong svelatore.
Ma l’aspetto meglio riuscito del film che ha la capacità di insinuarsi nella mente di chi guarda, sono le continue epifanie che si avvicendano nell’opera. Quei momenti che Joyce definirebbe rivelatori, in cui riemergono, o ritornano, fatti, persone, luoghi ed oggetti appartenenti alla memoria. In questo film le maglie del tempo si allargano cristallizzando attimi che oscillano fra il passato ed il presente. Appare più e più volte una brusca frenata che si manifesterà drammaticamente nel finale, ed ugualmente viene offerto l’inseguimento di un uomo (bambino/soldato) e di una donna (bambina/ragazza). E poi i nomi palindromi (occhio a quello del regista) che rimbalzano dal ricordo alla realtà, dal mito alla verità. Sono tutti elementi, questi, che si incastrano nella mente di un poveretto come me che ha il vizio di scrivere i suoi pensieri dopo un film.
Non so quante passeggiate riuscirò ancora a fare, spero tante, ma il desiderio è quello di incontrare sempre paesaggi così belli, non troppo diversi da altri a dir la verità, eppure in una qualche maniera originali, differenti, come se fossero visti per la prima volta.
ciao..una informazione..ho trovato quel sito di sottotitoli..diciamo che scarico i sottotitoli..dixiamo che ho una cartella col film non sottotitolato..come funziona a sto punto?come abbino le 2 cose?abbi pazienza,ma col pc faccio tenerezza..
RispondiEliminabrazzz, hai rotto l'atmosfera di questa bellissima e commovente recensione! lol
RispondiEliminaEraserhead, lo vedrò presto se riuscirò nell'impresa di beccarlo da qualche parte.
Comunque brazzz, per il problema sottotitoli, devi semplicemente aprire il film e poi a seconda del player che usi per vederlo caricare i sottotitoli dal menù stesso del player, io ti posso fare due esempi, quello del VLC e del KM PLAYER.
VLC > Video > Traccia sottotitoli > Apri File (cerca il file srt e premi ok)
KM PLAYER > Tasto destro sullo schermo > Sottotitoli > Carica Sottotitoli (cerca il file srt e premi ok)
Se non hai nessuno di questi programmi, in ogni caso ti consiglio di scaricare uno dei due, preferibilmente il KM PLAYER (che a mio modesto parere è il migliore player sul panorama dell'informatica )
Saluti!
Con VLC puoi anche tranquillamente trascinare il file dei sub dentro lo schermo... lo prendi col mouse e ce li butti dentro, tac!
RispondiEliminaL'unico problema che puoi riscontrare è che certe volte i sottotitoli in tuo possesso non sono stati cablati secondo la versione del film che hai (chessò: i sub che hai scaricato vanno bene per l'edizione in dvd mentre tu hai una versione ripresa col cellulare al cinema), e questo farebbe sì che le immagini e le parole non sarebbero in sincrono, facendoti imbestialire parecchio. Spero che non sia il tuo caso ;).
Ah SW, grazie per il bellissima e commovente che non credo di meritare. In ogni caso il dvd italiano esiste, se no, beh... credo tu lo sappia ;).
crdo di aver cvapito..proverò..vlc ce l'ho..
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