Sei anni prima di Adiós entusiasmo (2017) il regista
colombiano Vladimir Durán si cimenta in un cortometraggio “semplice”
ma non banale, o almeno non troppo, Soy tan feliz
(2011) ha infatti dalla sua la qualità di non voler strafare, di
cogliere, seppur in un contesto finzionalizzato, la realtà di tre
fratelli focalizzandosi in particolare sul rapporto esistente tra due
di essi, Mateo, il più grande, e Bruno, un ragazzone dagli occhi
dolci con forse qualche problema cognitivo. Il ritratto di questa
famiglia, che non ha niente a che vedere con quella
iper-disfunzionale del lungometraggio successivo, è in linea con
quel cinema non commerciale arrivato dal Sudamerica dall’inizio del
nuovo millennio in poi, mi riferisco ad una capacità della settima
arte di insinuarsi con discrezione in una bolla locale facendo a meno
di ridondanti sovrastrutture, la recitazione appare ridotta al
minimo, la scrittura è appena appena percettibile e in generale il
tasso di impostazione rimane al di sotto della soglia di allarme.
Reygadas ci ha costruito una rispettabile carriera perseguendo
dettami del genere, Durán, che di mestiere fa principalmente
l’attore, non verrà ricordato per le sue abilità registiche ma
questo suo lavoro, che mi risulta essere un esordio, si dà a noi
così come il sottoscritto ha provato a descrivere.
La
svolta, interessata a fornire una possibile significazione al
frammento visivo di cui siamo spettatori, arriva con il finale dove
si verifica una piccola catarsi sessuale che legittima dei passaggi
precedenti. In sostanza ciò che ci arriva è il profilo di un
ragazzo che vede nel fratello maggiore un modello da imitare (la
rasatura dei capelli) e verso il quale prova un amore che trascende
la consanguineità per farsi fisico, ferino, istintivo. Non si potrà
dire che la conclusione sia memorabile, però il set semi-desertico
ed il relativo contatto ravvicinato con la terra non è male,
nell’abbandono a sé stesso di Bruno supino sull’erba e in preda
ai suoi tormenti, emerge un primo piano che non sfigurerebbe in
un’opera di un altro Bruno, Dumont, girata intorno alla prima
decade degli anni zero. Bei tempi.
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