mercoledì 19 febbraio 2020

Bella e perduta

Per molti motivi troviamo continuità: il più evidente è relativo al campo in cui Marcello pone il proprio sguardo che è, come ben sapete, quello del reale, da qui il regista casertano ha sempre lavorato per sviluppare tutte le possibilità latenti contenute in ciò che ci circonda, ed anche Bella e perduta (2015) non sfugge alla regola, si legga la storia che gli sta dietro, della morte improvvisa di Tommaso Cestrone e della susseguente ricalibratura del comparto narrativo che sì, si basa sulla realtà, ma che attraverso il filtro cinematografico si trasforma in una fiaba, a rimorchio balza poi l’attenzione rivolta verso figure marginali, dai volti ruvidi, povere e spiantate, è proprio una costante che parte da Il passaggio della linea (2007), prosegue ne La bocca del lupo (2009) per giungere a Il silenzio di Pelešjan (2011) e ovviamente nell’opera presentata a Locarno ’15 dove oltre al pronosticabile ventaglio di persone umili e in fondo alla scala sociale, anche la maschera di Pulcinella ci viene proposta in una sfaccettatura più cupa, malinconica, e, come si vedrà concretamente nella proiezione, più umana. Ma in seconda istanza troviamo un elemento di forte interruzione: sembra che Marcello questa volta abbia spinto in maggiore misura il pedale dell’intensificazione, anche nella pellicola del 2009 ambientata a Genova c’era un inserto narrativo di spessore, però con Bella e perduta il carico è di gran lunga superiore tanto da poter parlare di “storia”, di “attori” (c’è il cammeo di Claudio Casadio [L’uomo che verrà, 2009]; la voce di Sarchiapone è di Elio Germano), di “musiche” (Donizetti), diciamo che a ’sto giro quel famigerato crinale che divide il realismo dalla fiction su cui non pochi registi nostrani camminano da tempo ha visto Marcello affacciarsi con una certa insistenza sul versante della finzione, e non solo!, perché la parentesi iniziale con i molteplici Pulcinella sfocia nell’astrazione, uno spostamento teorico davvero inaspettato.

Dando a Marcello anche meriti tecnici perché il taglio estetico (angolazioni, traiettorie, piani) indorato da una pellicola piacevolmente granulosa ha trovato ampi consensi nel sottoscritto, devo dire che il titolo in esame ha, sempre per il sentire del sottoscritto (eh, io sono, e me vi tocca leggere), degli squilibri interni troppo forti per poter parlare di pieno apprezzamento, discrepanze che derivano in sostanza dalla scelta di abbandonare l’asciuttezza del doc spurio per lanciarsi in territori di corposo racconto, ma non uno soltanto, molteplici!, svariati fili si sovrappongono tirando nella mischia temi che non trovano un effettivo impasto, vi è un’eccedenza argomentativa che non rientra nel canone del reale, in sequenza abbiamo una quasi agiografia del signor Tommaso, sottotesti e denunce politico-contemporanee con nell’ordine: l’incuria dei monumenti pubblici (la battuta di Casadio sullo Stato è una forzatura che non ci stava) e l’ombra della camorra e della Terra dei fuochi (insertati nel girato per mezzo di filmati d’archivio), una corrente lirica del bufalo con annesso disgusto (condivisibile, per carità) verso il genere umano che ho avvertito non così in linea al contesto, e infine un contenitore favolistico dotato di morale (senza la maschera ti riappropri del corporeo, ma non potrai più sognare). Tante, tante cose che non hanno un incastro adeguato, forse, anzi da ignorante mi sento di dire che è così, il cambiamento in itinere dei piani sceneggiaturiali ha obbligato Marcello e Braucci (penna di Garrone) a sterzare verso lidi non completamente preventivati, oppure: non so, pur ammirandone alcune luci (finanche intense, e concentrate nell’area visiva) ho visto e sono sicuro che vedrò ancora film nettamente superiori a questo.

Piccola polemica a margine: in una intervista su Ondacinema (link) Marcello afferma che il budget impiegato per la realizzazione di Bella e perduta è stato di quattrocentocinquantamila euro, non so voi ma a me sembra una marea di soldi! Se c’è una cosa che vorrei capire è come funzionano finanziamenti del genere, in particolari in un oggetto filmico di tal fatta dove non ci sono cachet stellari né, presumo, troupe oceaniche stile Hollywood. Bah.

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