sabato 17 novembre 2012

Cindy: The Doll Is Mine

La messa in scena come laboratorio in cui esaminare l’identità, studio morfologico non solo del singolo personaggio, non solo dell’attore, non solo del regista, ma coacervo ordinato di tutto questo, intromissione nella categoria “cinema” ed automatica esplorazione di essa attraverso… essa.
Cindy: The Doll Is Mine (2005) rispecchia tali obiettivi autoriali perché il pingpong di campi tra modella e fotografa sentenzia l’interscambiabilità delle posizioni, cosa che accadrà in modo più strutturato con De la guerre (2008), accentuata dal fatto che Asia Argento interpreta entrambe le parti; è come essere allo specchio per Bonello: ciò che sta sul set non è altro che la materia grigia di se stesso modellata su altri corpi (se piange l’attore, io, autore, mi commuovo a mia volta), duplicazione identitaria, (forse) manifestazione edonistica, (ancor più forse) confessione intimistica (?) della paternità di dare sostanza alla propria idea: demiurgo che dirige, che idea, che è.
Vi è inoltre un substrato di biografia sui generis poiché la Argento impersona Cindy Sherman, artista statunitense molto vicina al mondo della settima arte, la quale nelle sue performance è sempre stata mattatrice del quadro, anch’essa dunque entità binaria e analogamente unica, in una prassi che, anche se non suona troppo bene, potremmo già definire bonelliana.

1 commento:

  1. di bonello ho molto apprezzato l'apollonide, quindi potrei cercare pure questo...

    RispondiElimina