lunedì 14 maggio 2012

Wavelength

Una stanza. Due finestre. Una foto.

Opera d’avanguardia ipnotizzante, il lavoro di Snow, sperimentale (ahimè l’abuso di questa parola prende sempre il sopravvento quando si parla di ciò), ma a mio avviso anche e soprattutto didattico, si colloca nelle pieghe della teoresi cinematografica indagando sulla sua sostanza: il cinema, catino che raccoglie le componenti sensitive dell’udire e del vedere; Wavelength (1967), però, è oltre il cinema pur restando nei suoi confini perché disarma i paradigmi della rappresentazione e smitizza il dogma del montaggio di Ėjzenštejn. L’eterna zoomata verso la fotografia appesa al muro traduce nel dizionario cinema-uomo la forza icastica dello Sguardo, eppure assistere al mediometraggio non è soltanto vedere un film, ma vedere quello che vedremmo se fossimo dentro il film. L’accorciamento della distanza tra ciò che è diegesi e ciò che non lo è si assottiglia nel crescendo audio-visivo fino a trasportare, nell’istante di una sovrapposizione, fra le onde dell’oceano.

La lunghezza d’onda a cui si fa riferimento riguarda la doppia pista immagine e suono che viaggia a braccetto. Il movimento che si sposta attraverso lo spazio della stanza si concentra lentamente sul quadretto, e la progressiva estromissione di ciò che popola il campo visivo (un armadio, le finestre, le altre foto, l’uomo steso per terra!) si accompagna alla struttura della traccia sonora che gradualmente si fa sempre più acuta. Senza altre componenti il regista crea aspettativa prendendosi gioco delle sintassi convenzionali, il racconto classico è così annullato, emerge di contro una forma di narrazione incontaminata che sgorga dalle radici del cinema: semplicemente, l’Immagine e il Suono raccontano, accerchiano lo spettatore, lo attirano verso la risoluzione di questo enigma archetipale sulla settima arte. Alla fine il trapasso in un paesaggio di salsedine è dolce e totale. 
Wavelength con la sua miniaturizzazione compositiva emigra dai confini materiali della visione per lib(e)rarsi nella percezione, o, come afferma Annette Michelson, “nell’epifania di una grandiosa riduzione dove il movimento della cinepresa diventa il movimento della coscienza”.

18 commenti:

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    Per chi ha coraggio.
    Per chi cerca il cinema.
    Per chi vuole capirlo.
    Per chi vuole capire che non si potrà mai, davvero, capire.

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  2. Non so perché te lo scriva solo oggi, ma in questo momento un ringraziamento mi sembra corretto farlo, considerato che ogni qualvolta io cerchi un film nuovo da visionare, prima di andare da altre parti, passo di qui.
    Quindi, grazie e un saluto, Jean Claude.

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  3. Io credo di ringraziamenti credo di avertene già fatti ma mi accodo volentieri a quello che ha detto Jean Claude, ho scoperto tanto bel cinema che non conoscevo semplicemente passando da qui! E anche con Wavelenght mi hai messo una grossa curiosità addosso...ah ho visto Love is in the air di Staho, ennesima tua segnalazione preziosa...beh totalmente folle! spero che mi venga presto l'ispirazione per parlarne..

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    1. Lo spero anche io brad, c'è bisogno che la dottrina stahiana venga il più possibile promulgata.

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  4. Sai, trovo che sia raro e piacevole incontrare persone che abbiano una passione necessaria per la ricerca.
    Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta, diceva qualcosa del genere Walken in New rose Hotel.
    Lo stesso vale per la musica, la filosofia, e in questo blog mi pare di avere fatto un buon incontro, di quelli di cui parlava Deleuze nelle sue lezioni spinoziste.
    Ho scritto di passioni necessarie perché penso che la passione nei confronti della ricerca conduca a incontri filmici, musicali, filosofici che sono necessari, “servono”.
    Ciò che fai è importante perché condividi i tuoi incontri, li proponi ed è meritorio perché sappiamo bene che ciò che consigli non ha solo che vedere con il cinema, ma è molto di più.
    Ho notato anche il tuo interesse per Béla Tarr e sarei curioso di sapere – nel caso l’avessi letta – il tuo parere sulla stroncatura data dai cahiers du cinéma al film A Torinói ló.
    Ma questo apre un altro discorso. Ci sarà tempo.
    Spero di non aver troppo sproloquiato.
    Un saluto, Jean Claude.

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  5. A me invece fa piacere aver "fidelizzato" persone che non conosco e che probabilmente non conoscerò mai: come te. Faccio fatica a crederci perché questo blog è nato come una cosa personale, potrei tranquillamente definirla intima, ed è diventato con gli anni ciò che è ora. Che non so esattamente cosa sia ma è, e ciò conta, almeno per me.
    Interesse per Tarr è riduttivo, adorazione è il termine più calzante, e la stroncatura non l'ho letta. Ergo: se c'è un link piazzalo pure qua che son curioso di leggere i perché e i percome di cotanto atto sacrilego. :)
    Nessun sproloquio comunque, anzi spero che tu possa passare frequentemente da 'ste parti per disorientarmi con un altro "Deleuze e le sue lezioni spinoziste".

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  7. Ho fatto un casino. Ci riprovo. Innanzitutto ti ringrazio per il tuo prezioso blog che mi ha fatto scoprire delle prelibatezze inesplorate, una sorta di Eldorado del Cinema. L'ho scoperto da una decina di giorni, e mi sono piacevolmente perso in questo labirinto di riflessioni senza riuscire ad uscirne. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi di un film come "Nessuna qualità agli eroi" di Paolo Franchi.

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  8. Lamarck, non posso che risponderti con un grazie, non è il massimo dell'oriniginalità ma ti assicuro che è sincero.
    Il film che mi citi non l'ho visto e non lo conosco, diciamo che i miei gusti, come hai visto o vedrai, sono lontanti dalla maggior parte del cinema italiano odierno.

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  9. Il fatto che il regista sia laureato in filosofia e dica di annoverare tra i suoi registi preferiti Bruno Dumont credo possa meritare quella che tu chiami pescatina nel torrente:) A me personalmente è piaciuto tantissimo lo stile sussurrato del Kammerspiel e l'ottima fotografia di Cesare Accetta. Se ti capita buttaci un occhiata ;)

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  10. Il gradimento di Dumont è un bel biglietto da visita, però, ad esempio, questi voti mi lasciano un po' così: http://www.spietati.it/z_scheda_dett_film.asp?idFilm=530

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  11. In effetti e' un film che e' stato massacrato dalla critica, anche se gli spietati sono gli stessi che danno dal 6.5 all'8 a "La prima cosa bella" di Virzì...buah.

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  12. Aldilà del voto, leggendo la recensione ho compreso i possibili punti critici della questione. Per quanto mi riguarda una eventuale visione futura non è da escludere.

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  13. Ho appena visto questo http://www.youtube.com/watch?v=qoyKe-HxmFk di Michael Madsen (omonimo dell'attore americano). Secondo me e' un capolavoro assoluto del documentario. Giuro che dopo questa smetto di molestarti per qualche giorno.

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  14. Pare intrigante. Raccolgo volentieri il suggerimento.

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