Karen piange sopra un bus, e il film del colombiano Gabriel Rojas Vera inizia così.
Tale pianto cola sulle guance di una donna che ha, ovviamente, problemi di cuore poiché dopo un tot anni di matrimonio si accorge che l’uomo al suo fianco, un uomo di affari ricco fuori ma povero dentro (snobba il teatro), non fa più per lei. Ma lei, fino a quel momento mantenuta malinconica, si trova allo sbando senza un lavoro e senza sapere fare un’acca di niente nella vita.
Presentato al sessantunesimo Festival berlinese, Karen llora en un bus (2011) è un esordio cinematografico piccolo piccolo, di semplicità sottile e agevole comprensione.
Non fastidioso come può essere un certo cinema sentimental-esibizionista, e nemmeno vacuo (pregno, neppure), soltanto solare, nessuna zona d’ombra che permetta di scovare (s)vi(n)coli interpretativi, la strada principale è una e basta: la storia di una donna che si emancipa, nient’altro.
Poco non è, ma la declinazione dell’argomento data dal regista Rojas Vera è ad alto tasso di intelligibilità e lo schermo ingolfa ogni possibile spunto, anche perché la trama in sé non regala clamorosi colpi di scena e allora la mini-deriva personale di Karen diventa oltremodo immaginabile, perciò al vederla rubacchiare qualche mela o chiedere spiccioli ai passanti non si può che controbattere con un paio di sbadigli.
Interesse leggermente elevato se si considera la vicina di casa antitetica: libertina, sbarazzina, dal polso duro con gli uomini – ne colleziona in serie – ma fragile (sempre il polso… reciso) con se stessa. Non tanto interessante come singolo personaggio, piuttosto per il rapporto con la protagonista la quale compie il definitivo affrancamento da una realtà patriarcale (la madre che “tifa” per il marito) con il conoscimento di una realtà nuova (non priva di stenti) sancita da due fatti, un taglio di capelli e il pagamento del conto in un incontro con l’ormai ex compagno.
Epilogo che odora di fiabetta: Karen incontra uno scrittore teatrale e se ne vanno in Argentina tutti felici e contenti, tranne quella ragazza che alla fine piange sul bus, ma questo credo sia un altro film, speriamo un po’ più convincente.
Tale pianto cola sulle guance di una donna che ha, ovviamente, problemi di cuore poiché dopo un tot anni di matrimonio si accorge che l’uomo al suo fianco, un uomo di affari ricco fuori ma povero dentro (snobba il teatro), non fa più per lei. Ma lei, fino a quel momento mantenuta malinconica, si trova allo sbando senza un lavoro e senza sapere fare un’acca di niente nella vita.
Presentato al sessantunesimo Festival berlinese, Karen llora en un bus (2011) è un esordio cinematografico piccolo piccolo, di semplicità sottile e agevole comprensione.
Non fastidioso come può essere un certo cinema sentimental-esibizionista, e nemmeno vacuo (pregno, neppure), soltanto solare, nessuna zona d’ombra che permetta di scovare (s)vi(n)coli interpretativi, la strada principale è una e basta: la storia di una donna che si emancipa, nient’altro.
Poco non è, ma la declinazione dell’argomento data dal regista Rojas Vera è ad alto tasso di intelligibilità e lo schermo ingolfa ogni possibile spunto, anche perché la trama in sé non regala clamorosi colpi di scena e allora la mini-deriva personale di Karen diventa oltremodo immaginabile, perciò al vederla rubacchiare qualche mela o chiedere spiccioli ai passanti non si può che controbattere con un paio di sbadigli.
Interesse leggermente elevato se si considera la vicina di casa antitetica: libertina, sbarazzina, dal polso duro con gli uomini – ne colleziona in serie – ma fragile (sempre il polso… reciso) con se stessa. Non tanto interessante come singolo personaggio, piuttosto per il rapporto con la protagonista la quale compie il definitivo affrancamento da una realtà patriarcale (la madre che “tifa” per il marito) con il conoscimento di una realtà nuova (non priva di stenti) sancita da due fatti, un taglio di capelli e il pagamento del conto in un incontro con l’ormai ex compagno.
Epilogo che odora di fiabetta: Karen incontra uno scrittore teatrale e se ne vanno in Argentina tutti felici e contenti, tranne quella ragazza che alla fine piange sul bus, ma questo credo sia un altro film, speriamo un po’ più convincente.
fin dal titolo, sembra un film allegro :)
RispondiEliminaNé allegro né triste né niente. Guardare altrove.
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